L'intervista

Sanremo, Brunori sotto l'albero

Niente di natalizio, è per dire de ‘L'albero delle noci’ e per chiedergli di quando a Lugano ci disse che voleva un Festival tutto per sé

Dario Brunori
(C. Mirelli)
13 febbraio 2025
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Ci siamo portati per anni un’intervista nel cuore, raccolta nel pomeriggio piovoso in cui Dario Brunori in arte Brunori Sas portò alla Rsi un album intitolato ‘A casa tutto bene’. È il disco aperto da ‘La verità’, una di quelle canzoni da blocco dello scrittore, ma anche da sblocco, dipende da come uno prende le cose troppo belle. Di sera Dario la suonò da solo al pianoforte, scusandosi per il pianismo non proprio da Keith Jarrett (sia benedetta la normalità) nell’abitudine tipica sua di dissacrare la figura del cantautore: “Non credete mai i cantanti, non dicono mai la verità”, aveva detto al Concerto del Primo Maggio di qualche giorno prima. Altra ironia arrivò durante lo showcase, con Brunori ad auspicarsi problemi di audio durante l’esibizione perché “sarebbe una dimostrazione che anche la Svizzera, l’unica cosa solida che è rimasta, ha i suoi problemi”, e a spiegare che difficilmente, tra un brano e l’altro, avrebbe parlato di cose inerenti alle canzoni per paura che la gente potesse vedere in lui “qualcosa che non sono, un vate, un predicatore”.

Contemporaneamente

“Per andare a Sanremo occorrono spalle larghe”, ci disse quel giorno Brunori nella sala mensa dell’azienda radiotelevisiva. Era il 2017 e già da tempo, per quei presunti automatismi tipici della popolarità emergente, in molti tranne forse i suoi fan chiedevano a gran voce una sua partecipazione al Festival più prossimo, così da definire una volta per tutte quella popolarità. Partecipazione più volte declinata. “Andrò a Sanremo solo se mi faranno condurre, cantare e dirigere l’orchestra. Contemporaneamente”, specificò.

Tante cose sono accadute da allora, l’album ‘Chip’ e l’Ep ‘Cheap’, le colonne sonore, le collaborazioni, ‘La ghigliottina’ e ‘Il morso di Tyson’, singoli per un album che conterrà, dal 21 febbraio, anche ‘L’albero delle noci’. Perché alla fine, a Sanremo, Brunori Sas ci è andato per davvero e sta pure in vetta, tra i cinque ‘illuminati’ dal voto della stampa. E noi, oltre che per raccontare le vite degli altri (degli altri cantanti e cantantesse), siamo qui anche e soprattutto per farci gli affari di Brunori Sas e per capire, senza intenti scandalistici, cos’è mai cambiato in lui per farlo essere qui, tra botte di autotune e casse in quattro, tra dj set e corpi di ballo, tra look estremi e gare a chi ce l’ha più lungo (l’acuto). Otto anni dopo Lugano-Besso vogliamo sapere di quella cosa di fare il direttore artistico, dirigere l’orchestra, fare l’Amadeus della situazione. O il Conti, contestualizzando.

Pluralismo

«Ne ho parlato con Carlo (Conti, ndr)», ci risponde Dario. «Gli ho concesso la conduzione, ma solo a questo giro, specificando che sarà l’ultima volta. La prossima condurrò io, saranno solo canzoni mie, mi esibirò soltanto io, farò tutto il Festival da solo. Ricoprirò anche il ruolo del pubblico e sicuramente quello della sala stampa. Sarà un Festival dittatoriale, in un’epoca così democratica». Chiediamo anche delle spalle, se adesso sono abbastanza larghe da reggere non solo la partecipazione ma pure i favori del pronostico, perché gli elogi e l’innamoramento altrui sa bene come gestirli molto prima della sigla dell’Eurovisione. «Non ho le spalle visibilmente larghe, questa è l’unica cosa di cui Lui non mi ha voluto donare», dice guardando in altro, «ma sono molto felice di essere arrivato qui dopo 15-16 anni di carriera, un arco di tempo difficile da spiegare con una parola sola. Sono qui perché penso sia giusto rappresentare anche una possibilità artisticamente diversa. Non amo molto quando si parla di canzone d’autore e quasi si vuol fare una forma di distinzione, di elevazione della stessa rispetto ad altre forme. Dico solo che è giusto che il Festival di Sanremo abbia una visione pluralistica, che ci siano più voci e rappresentazioni di percorsi di tipo differente».

Gavetta mon amour

A questo punto Dario riassume il suo di percorso, che è quello di chi in questo mestiere, di questi tempi, è partito dall’inizio e non dalla fine. «Si può fare un percorso come si faceva un tempo, con la classica gavetta, che a qualcuno potrebbe non andare bene. Senza la gavetta, essere qui sette, otto anni fa non mi sarebbe stato possibile. Ci sono arrivato piano piano, bene è stato l’aver costruito un percorso e ora essere qua a godermela, sapendo che dietro c’è tutta un’esperienza». E l’esperienza è questa: «Quando vai nei club piccolini o fai le feste di paese, quando canti in una piazza in cui non ti conoscono proprio e la gente si porta la sedia da casa, pronta a maledirti, il Festival di Sanremo al confronto è una passeggiata». E spalle larghe significa (vale solo per chi ha visto il Dopofestival) anche poter cantare ‘Perdere l’amore’? «Sì, esatto, anche ‘Perdere l’amore’».

“L’idea di poter vincere?”, dirà più tardi alla stampa tutta, e il tasso comico non sarà meno intenso: “La vittoria mi alletta per l’Eurovision. Io sono nato per l’Eurovision e ho in serbo un cambiamento di look. Dico solo che mi veste lo stilista di Achille Lauro”. Da ieri ‘L’albero delle noci’ è anche il video diretto dal fido Giacomo Triglia: “Abbiamo cercato di vincere facile. Ho coinvolto Fiammetta in prima persona”, la figlioletta alla quale papà Dario canta nel brano in gara. Lo spunto viene da un film di Béla Tarr, ‘Le armonie di Werckmeister’ in cui compare una rappresentazione vivente del sistema solare, nel quale il Sole è Fiammetta. “Avevamo poco budget, ho coinvolto tutti i familiari. Ce la siamo cavata con due teglie di pizza”.

Dalliano

I discorsi ufficiali passano anche dalle parti di Lucio Dalla, l’omaggiato nel duetto di domani, con Brunori con Dimartino e Riccardo Sinigallia a cantare ‘L’anno che verrà’: “Abbiamo scelto Lucio perché ci unisce e abbiamo scelto un pezzo non sofisticato: siamo a Sanremo, il posto migliore nel quale unire la canzone d’autore a una di respiro nazionalpopolare”.

Prima di lui, di qui era passato Lucio Corsi chitarra in mano. Anche Brunori Sas viaggia con chitarra al seguito, e per pochi intimi regala la sua canzone più dalliana, ‘Canzoni contro la paura’. Mai luogo nel mondo è più consono di questo per cantare così: “Ma non ti sembra un miracolo / Che in mezzo a questo dolore / E in tutto questo rumore / A volte basta una canzone / Anche una stupida canzone / Solo una stupida canzone / A ricordarti chi sei”.