laR+ La recensione

Camillas più X-Mary, tra l'eccitazione e la nostalgia

Allo Studio Foce tra perle di poesia e follia, punk e Brasile, fan storici e pubblico dell'ultima ora, due ore di concerto per grandi e piccini

Allo Studio Foce
1 dicembre 2024
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L’atmosfera di sabato sera allo Studio Foce di Lugano era fra l’eccitazione e la nostalgia, al cospetto di due band, Camillas e X-Mary, che molto hanno significato per buona parte dei presenti, al di là della leggerezza, dell’ironia e della selvatica follia della loro proposta. A partire sono questa sera ¾ dei Crema, progetto nato sulle ceneri dei Camillas dopo la dipartita del frontman Zagor. Al contrario delle aspettative, infatti, a Michael alla batteria e a Ruben a chitarra e voce si aggiunge Theodore Camillas a basso e voce, andando a creare il più classico dei power trio. I tre mischiano i repertori dei progetti, nei quali si sente comunque una grande continuità nella libera varietà della proposta. Già, che nel set trovano parte anche scorribande prog strumentale come il primo brano e accenni a musica pesante come il giochino su ‘Pain’ (dolore, convertito poi in ‘La Canzone del Pane’ da ‘Le Politiche del prato’ del lontano 2009).

I brani scorrono fra perle di poesia e follia, come di consueto, con però un assetto strumentale che riesce a garantire un impatto notevole. La voce di Ruben Camillas sa farsi leggera e tenue, ma anche spingere quando il suono si rivela vicino a esperienze che dell’unione fra punk e folk fecero la loro fortuna come i Violent Femmes. Parole e note immergono il pubblico, fra una visita di Auroro Borealo per il ballo de ‘L’Anca’ e le indicazioni, in ‘Samba Lugano’, per riportare la Svizzera allo stato di atollo tropicale che le apparteneva (dovremo semplicemente saltare tutti, tutti sia chiaro, insieme alle 7.25 di mattina, per riportare tramite la corrente dei vulcani il nostro territorio prima nello spazio e poi nell’oceano). Ritorna il tema dell’hockey già uscito in fase d’intervista, con l’idea di fondare una lega con campi sterminati nei quali i dischi non si vedono mai. Non è la musica, non sono i testi, è l’insieme poetico e immaginifico a rendere l’impatto con questi musicisti indimenticabile ed è giusto così, fra una ‘Ragazzo toccante’, una doppietta tra ‘Canzone Motivazionale’ e ‘Mi dai fastidio’ da far saltare le coronarie e una ‘Amore Romantico’ che ricuce i nostri cuori.

Qualche minuto ed è il momento degli X-Mary in quartetto stabile, o perlomeno: terzetto di musicisti stabili e il frontman, Cristiano Alberici, carico come una molla, proprio come 15 anni fa. Furia scatenata fra scat e lallazione quando sibila suoni nel microfono e movenze da primate, tanto che par di vedere un orango esagitato muoversi sul palcoscenico. Punk e Brasile uniti da un liquido, questa a grandi linee è l’azione dei quattro. Il pubblico c’era in gran parte ai tempi e partecipa scatenato a urlare i testi di brani indimenticabili come ‘Giacomino re del circo’, oppure ‘Giambattista Vico’, o ancora ‘Rüsümada’. Il pubblico risponde con il ballo (vero e proprio Leitmotiv della serata, richiesto da Cristiano per tutta la durata del concerto). I fan dell’ultima ora si accalcano sotto il palco mentre gli storici ai lati oppure qualche metro più indietro, ma insieme si ottiene il giusto effetto di massa in movimento.

Come anni fa gli X-Mary si dimostrano una macchina che riesce a trascinare un pubblico eterogeneo, sull’onda dei ricordi di una Lugano che fra i diversi bar e festival dove si sono esibiti ha saputo creare una sorta di appartenenza fra i locali per la quale sentirli urlare “Le Tre Bellezze della Vita sono il bue, l’asinello e Fabio Bresio” diventa liberatorio e catartico. Musica come energia, come sfogo e come libertà da convenzioni, basta sorridere urlando, trasformando in uno spettacolo per grandi e piccini più di due ore di concerto, prima di lasciare il palco alla selezione musicale di Auroro Borealo, fra musica commerciale e perle del passato, perfette per stillar le ultime gocce di energia da un pubblico esausto e felice. Bello vedere facce disperse da tempo, percepire l’effetto di una musica che conosciamo bene sulla pelle di ragazzi di poco più di vent’anni, per una serata riuscita e trascinante.