L'intervista

‘La Philharmonia Orchestra? Per me è come una Rolls Royce’

Daniele Rustioni esordisce alle Settimane Musicali il 4 settembre nella Chiesa di San Francesco a Locarno, sul podio della grande orchestra londinese

Best Conductor of the Year nel 2022
(Marco Borrelli)
3 settembre 2024
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Non è passata sotto silenzio nel 2022 la sua vittoria come Best Conductor of the Year, giusto riconoscimento per il direttore milanese Daniele Rustioni, in un percorso ammirevole intrecciato di caparbietà, studio e talento. Del resto, la carriera fulminante sembra essere stata quasi costruita a tavolino, per gradi: gli anni di frequenza al Conservatorio di Milano (violino e pianoforte ma anche organo, violoncello e composizione), l’attività nel coro di voci bianche della Scala (dove gli toccò cantare come uno dei tre genietti nel Flauto Magico diretto da Muti), poi i master di direzione d’orchestra come maestri del calibro di Davis, Masur e Noseda, fino al primo traguardo come assistente di Pappano nel 2008, alla Royal Opera House. Un vortice di attività che negli anni si è sempre più spesso radicato nella capitale inglese (dove vive con la moglie-violinista Francesca Dego e la piccola figlia Sofia), rinsaldato dalla tournée con la Philharmonia Orchestra che tocca le Settimane Musicali di Ascona mercoledì 4 settembre alle 20 nella Chiesa di San Francesco a Locarno, con tre classici imperdibili: Il franco cacciatore di Weber, il Secondo di Rachmaninov con la pianista Yulianna Avdeeva e l’immortale ‘Eroica’ di Beethoven.

Rustioni, quali sono le ragioni che la legano a questi eccellenti musicisti inglesi e a Londra?

È un rapporto lungo, iniziato nel 2006 quando andai in Inghilterra per una masterclass con Colin Davis, allora ‘onorario’ alla London Symphony. Poi Londra è diventata la nostra città di riferimento, anche per la relativa vicinanza con l’Italia. Musicalmente ha molti vantaggi, in primo luogo la molteplicità di orchestre (sei o sette sono di alto livello) e questo ci permette di conoscere tanti musicisti residenti o solisti di passaggio.

E con la Philharmonia Orchestra, come procede l’attività?

Bene. Si tratta di un complesso magnifico che ha coltivato un suono più autonomo, meno standardizzato e globalizzato, con una forte impronta di stampo tedesco. Da questo si basa la nostra scelta del programma: due autori di area tedesca (Weber, Beethoven) e uno come Rachmaninov che ha una scrittura orchestrale possente, non dedita soltanto all’accompagnamento. Per non parlare di quella beethoveniana, ricca di accenti e sforzati, con un impulso ritmico e una rapidità di scorrimento che voglio mantenere come idea portante.

Dunque la Philharmonia mantiene sempre una sua dimensione unica…

Certo, e questo è uno dei motivi per venire al concerto. Su Beethoven abbiamo lavorato sugli stessi materiali e le arcate storiche dell’orchestra, anche per mantenere questa storica integrità. L’orchestra londinese è famosa per essere rapidissima nella messa in piedi di un programma, già alla prima prova. Ma il lavoro del direttore deve andare al di là della compattezza d’insieme, che loro danno per scontata, imprimendo una sua visione personale e profonda.

In Rachmaninov, lei salirà sul podio al fianco della Avdeeva, emersa come vincitrice dello Chopin di Varsavia.

È la prima volta che collaboro con lei e sarà un piacere, proprio in un Concerto magnifico come quello di Rachmaninov. Ogni pianista lo interpreta con un fraseggio differente, ciò non cambia la considerazione sul livello incredibile di difficoltà di questa musica, che vale per tutti gli altri brani del compositore russo. Da pianista li conosco bene, anche se non ne ho mai eseguito neppure uno in pubblico. In ogni caso si tratterà di confrontarci con un’orchestra che per me è come una Rolls Royce.

Il premio come miglior direttore ha cambiato qualcosa nella sua vita?

Mi ha spronato semplicemente a fare meglio, a studiare ancora di più e a ottenere grandi risultati. È questo che mi riprometto di compiere per il prossimo futuro.

Giovedì 5 e venerdì 6 settembre

Alchimie pianistiche e l’Osi di Bignamini

Quando il pianista Francesco Piemontesi ascolta per la prima volta una registrazione inedita di Sergei Rachmaninoff ne rimane sconvolto. Decide dunque di intraprendere un viaggio alla scoperta dell’alchimia del pianoforte: insieme al regista Jan Schmidt-Garre si mette in viaggio per incontrare colleghi più anziani di lui, nella speranza che possano aiutarlo a chiarire meglio il mistero di quell’arte che lo affascina tanto. Si reca così da Maria João Pires in Spagna, da Jean-Rodolphe Kars in un monastero francese e da Stephen Kovacevich a Londra. Viene ispirato dalla cantante lirica Ermonela Jaho a “far cantare” lo strumento, dal direttore d’orchestra Antonio Pappano a trasferire i colori dell’orchestra al pianoforte, e infine si reca in visita dal suo vecchio insegnante e mentore Alfred Brendel. È quanto accade in ‘Piano Alchemy’, il film di Jan Schmidt-Garre proiettato in prima assoluta al Palacinema Locarno giovedì alle 19, con entrata gratuita.

Le Settimane Musicali proseguono venerdì con l’Orchestra della Svizzera italiana diretta da Jader Bignamini, con Francesca Dego al violino. L’apertura è affidata all’Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini; a seguire, l’orchestra eseguirà il Concerto per violino e orchestra op. 35a di Ferruccio Busoni (1866-1924), banco di prova per le doti virtuosistiche della solista Francesca Dego; chiude la prima parte della serata il Notturno op. 70 n. 1 di Giuseppe Martucci (1856-1909). Nella seconda parte si potrà ascoltare la Sinfonia n. 35 ‘Haffner’ KV 385 di Mozart e, in chiusura, un altro capolavoro di Rossini, l’Ouverture dalla Semiramide.