laR+ Venezia 81

Alla Mostra del cinema storie di passione. E di mancanze

In Concorso arrivano ‘Babygirl’ di Halina Reijn e ‘Trois amies’ di Emmanuel Mouret. E poi il serial di Cuarón e un film che per ora non vedremo

Nicole Kidman e Nicholas Hoult in ‘Babygirl’
30 agosto 2024
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La prima cosa che hanno fatto, quelli delle Giornate degli autori, è stata cambiare titoli e nomi sul sito della Mostra del cinema. Dimenticando che sul loro, di sito, è ancora presente il titolo del film scomparso: ‘Antikvariati’ (The Antique), di Rusudan Glurjidze, una coproduzione tra Georgia, Svizzera, Finlandia e Germania la cui programmazione è stata bloccata d’urgenza dal Tribunale di Venezia. Un caso politico esplosivo, che riporta immediatamente il pensiero agli anni Settanta del secolo scorso, alla “Biennale del dissenso” del 1977.

Solo che allora, nonostante tutte le censure italiane e sovietiche, le opere si videro, qui invece è scomparsa. Si dice perché fortemente anti-putiniana, e il caso si fa ancora più complicato. Intanto qui si aspettano notizie e l’unica veramente arrivata è quella della biglietteria elettronica che, scusandosi, ha messo un altro titolo al posto di ‘The Antique’, una presa in giro.

La fragilità del desiderio

In Concorso sono passati due film che hanno come tema la fragilità dell’amore di coppia e il desiderio profondo femminile sia fisico che emozionale, si tratta di ‘Trois amies’ (Tre amiche) di Emmanuel Mouret e di ‘Babygirl’ di Halina Reijn. Sia il primo che il secondo sono stati sceneggiati dai registi stessi, raccogliendo un tema, quello dell’insoddisfazione femminile, di grande attualità oggi e ancora dalle gravi conseguenze sociali. Se nel film americano Halina Reijn ha scatenato in sala risate non volute celebrando banalmente il protagonismo del clitoride nell’orgasmo femminile, il film francese di Mouret va oltre l’istante del godimento per affondare nei più difficili sentimenti che compongono il vivere insieme.

In ‘Babygirl’ Nicole Kidman è Romy, la potente amministratrice delegata di un’azienda che si dedica all’automatizzazione dei servizi; nello stesso tempo è moglie fedele e premurosa di un regista teatrale di successo, Antonio Banderas, e madre di due adolescenti di cui una lesbica, una interessante Esther McGregor, figlia di Ewan McGregor da cui ha ereditato lo sguardo fatale. Succede che, nel gruppo di stagisti che arrivano in prova, lei scopra il fascinoso Samuel, un Harris Dickinson poco convinto. Tra i due nasce una storia di sesso che è incapace di contenere: era arrivata a chiedere al marito di fare sesso guardando film porno, accetta di essere umiliata come una cagna, ma finalmente raggiunge il suo sogno di avere un orgasmo. Sa di giocarsi tutto, ma c’è sempre qualcosa per cui vale la pena perdere tutto, come diceva il personaggio di Sean Connery nel finale di ‘Il vento e il leone’, e a lei va bene. Sfiorando spesso il ridicolo il film che voleva essere drammatico finisce tra le intrattenibili risate di un pubblico che con pazienza ha aspettato due ore per vedere la parola fine.

Emozionano invece le ‘Trois amies’ (Tre amiche) di Emmanuel Mouret, un film onesto, accompagnato dalla voce fuori campo di un uomo che si è ucciso perché la moglie non l’amava e aveva perso qualsiasi sentimento verso di lui. Lui, Victor, un convincente Vincent Macaigne, insegna in una scuola superiore come la moglie Joan, una bravissima India Hair, e come Alice (una brava Camille Cottin) che non sa che suo marito Eric (Grégoire Ludig) è l’amante della loro amica Rebecca (una intensa Sara Forestier). Per le tre amiche del titolo la morte di Victor cambia le cose, e mentre Alice ritroverà l’amore del marito e Rebecca troverà finalmente il suo uomo, il cammino di Joan è il più amaro. Applausi meritati.

L’incertezza di Alfonso Cuarón

Tra le serie presentate alla Mostra del cinema, ‘Disclaimer’ (Capitoli 1-7) affronta ancora il tema del desiderio femminile in tono misogino e machista. Scritta e diretta da Alfonso Cuarón, come protagonisti troviamo Cate Blanchett e Kevin Kline che si combattono in nome di una verità che non esiste per l’altro. La parola “disclaimer” vuol dire diniego e in questa riduzione – più che nel testo omonimo di Renée Knight che in italiano è uscito con il titolo ‘La vita perfetta’ (Piemme 2016) –, si ha l’idea di questa negazione. Come in ‘Rashomon’ di Kurosawa, anche qui ognuno ha il suo racconto di verità e menzogna, che indirizza e cambia la visione dello spettatore. La vicenda riguarda la reputazione dell’acclamata giornalista Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett), accusata di aver prima manipolato sessualmente e poi ucciso il giovane Jonathan, figlio di Nancy, nel frattempo morta di cancro, e di Stephen, che ha fatto pubblicare il libro-denuncia in cui si accusa Caherine e che possiede le foto pornografiche scattate dal figlio alla donna. Lei si ritrova tutti contro e allora racconta un’altra verità per cavarsi dai pasticci. Sette puntate troppo lunghe per un pavido racconto a cui manca proprio una chiarezza di regia.

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