laR+ La ricorrenza

Purple Rain, Purple Rain

Ci sono canzoni che farebbero parlare più del disco intero, ma è del disco intero di Prince che dobbiamo parlare, a 40 anni dalla sua pubblicazione

Prince Rogers Nelson, 1958-2016
(Keystone)
25 giugno 2024
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Ha lasciato alla musica un patrimonio smisurato e a familiari e collaboratori una lunga battaglia legale approdata nel gennaio di quest’anno in un tribunale del Delaware, teatro dello show finale sul controllo dell’eredità. Prince Rogers Nelson detto Prince ha eseguito piano e voce la sua ultima canzone dal vivo il 4 aprile del 2016 ad Atlanta. ‘Purple Rain’ faceva da perno in un medley che includeva ‘Diamonds and Pearls’ e ‘The Beautiful Ones’, e si prendeva la coda, meno interminabile del solito, e l’ultimo applauso del pubblico locale, in rappresentanza di quello di una vita intera. Di lì a qualche settimana, postuma, quella ballad che tira al gospel ma nata come country song per la voce di Stevie Nicks (“sopraffatta” da un provino lungo oltre dieci minuti, la componente dei Fleetwood Mac l’aveva cortesemente rifiutata), quella composizione vocalmente irriproducibile ma musicalmente didattica sarebbe tornata nella Billboard Hot 100 pressoché dove – nel 1984, seconda – aveva scalzato gli Wham di ‘Wake Me Up Before You Go-Go’; lo stesso avrebbe fatto nelle chart inglesi, ma due posti più in alto. Una settimana dopo la morte del suo autore, avvenuta il 21 aprile del 2016, ‘Purple Rain’ fu prima in Francia.

‘Parental Advisory’

Ci sono canzoni che farebbero parlare più del disco intero ed è dell’intero ‘Purple Rain’ – sesto album di Prince, 24 settimane in vetta alla Billboard 100 – che oggi si festeggiano i quarant’anni dall’uscita, non fosse che la perfetta architettura della canzone crea una piccola Sindrome di Stendhal da apparente semplicità. Coevo di ‘Born in the U.S.A.’, uscito venti giorni prima, e come in Springsteen generoso di sintetizzatori, ‘Purple Rain’ è pop e sperimentazione spalmati lungo dieci mesi di studio, tra il luglio del 1983 e il marzo del 1984. Il prodotto finale è una delle opere che la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti da tempo preserva per l’essere “culturalmente, storicamente o esteticamente rilevanti”.

‘Purple Rain’, il singolo – registrata dal vivo insieme a ‘I Would Die 4 U’ e ‘Baby I’m A Star’ (vedi alla voce ‘First Avenue, Minneapolis’) – esce dopo ‘When Doves Cry’ e il fantascientifico Motown sound che spinge all’eccesso ‘Let’s Go Crazy’; seguiranno ‘I Would Die 4 U’ e la fresca ‘Take Me with U’. L’album, un concentrato di hit che mette insieme pop rock funk e R&B come nel più riuscito dei giochi di carte, si fa ricordare anche per ‘Darling Nikki’, il cui esplicito riferimento all’atto masturbatorio spingerà Tipper Gore, ex moglie di Al, preoccupata per le ‘sconcezze’ che la figlia undicenne è costretta ad ascoltare, a creare The Parents Music Resource Center, il comitato un tantino puritano cui si deve il bollino ‘Parental Advisory’, da apporre sui testi ‘diseducativi’. Frank Zappa, chiamato a deporre quale parte in causa, definirà l’iniziativa “una cura per la forfora tramite decapitazione”.


Keystone
Al centro, con Wendy (sx) & Lisa, ritira l’Oscar per la colonna sonora di ‘Purple Rain’

I tormenti del giovane Kid

Non potendo più acquistare l’iconica Cloud 2 Blue Angel, la chitarra usata per promuoverlo, battuta all’asta qualche anno fa per oltre mezzo milione di dollari, per festeggiare la ricorrenza il collezionista di Prince si dovrà accontentare di mostrare agli amici il lussuoso cofanetto in velluto viola con scritte in lamina d’oro, la prefazione della superfan Maya Rudolph (Saturday Night Live), di fotografie backstage, interviste con i musicisti e foto dei cimeli dei collezionisti. Per circa sessanta franchi, Amazon ti consegna a casa il box del 40esimo di ‘Purple Rain’, uscito il 25 giugno del 1984 come colonna sonora del film che porta lo stesso titolo.

‘Purple Rain’ per il cinema è la storia di The Kid (Prince stesso), giovane e tormentato musicista di Minneapolis che suona nei Revolution (loro stessi, la band); se la musica è rose e fiori, a casa è l’inferno per gli abusi di un padre (Clarence Williams III) che prende di mira lui e la madre (l’attrice greca Olga Karlatos); The Kid è attratto e ricambiato dalla cantante Apollonia (lei stessa) che decide di cantare con le Apollonia 6 (loro stesse), create dal rivale Morris Day (lui stesso) che ben conosce la riluttanza di The Kid nell’accettare brani da Wendy & Lisa (loro stesse), chitarrista e tastierista dei Revolution. Ricadute familiari e un atto di umiltà convincono The Kid a prendere in considerazione un brano delle ragazze dedicato a suo padre, ‘Purple Rain’.

Il film è, come da abitudini di Prince, un rischio commerciale da 7 milioni di dollari capace di incassarne 68. Apollonia gli pronostica un Oscar e l’Oscar, nel 1985, è alla migliore colonna sonora originale con canzoni. Sempre nel 1985, ‘Purple Rain’ canzone vincerà il Grammy come miglior performance rock, e così l’album nella sezione dedicata alle colonne sonore. Non sarà Album dell’anno solo perché Lionel Richie metterà dietro di sé ‘Purple Rain’, ‘Private Dancer’ di Tina Turner e il da poco celebrato ‘Born in the U.S.A.’.

First Avenue, Minneapolis

“Il nostro comandante ci manca, è un po’ strano fare queste cose senza di lui” dice Lisa Coleman, con Wendy Melvoin nel duo Wendy & Lisa, tra le cose più belle che abbiano popolato la galassia Prince. Le due artiste, la cui carriera solista è identificata nella bella ‘Waterfall’, sono state la base della band di Prince dal 1979, dismessa a metà anni Ottanta e ritrovata nel 2012 e ancora nel 2016, anno della sua morte. Un estratto dalla numerosa formazione, comprendente Bobby Z., Brownmark e Dr. Fink, si è ritrovato lo scorso 21 giugno al First Avenue di Minneapolis, discoteca del centro città in cui furono girate le scene del film. Con Melvoin e Brownmark a scambiarsi la voce solista, astanti in visibilio su ‘Let’s Go Crazy’, in apertura di concerto, e poi ‘Computer Blue’, ‘Raspberry Beret’ e ‘Take Me With You’.

La cronaca del tributo, riportata dal sito di Billboard, include l’apparizione di Judith Hill, l’ultima ‘creatura’ di Prince, lanciata nel 2015. Lugano ha avuto la fortuna di vederla e ascoltarla la scorsa estate sul palco di Piazza della Riforma in Estival Jazz. A Minneapolis, la polistrumentista canta ‘The Beautiful Ones’ e ‘When Doves Cry’. “Nessuno è qui per cercare di essere lui”, dice Melvoin prima della ballad che ha fatto la storia. “Siamo qui soltanto per farlo sentire orgoglioso”. Con l’assolo riprodotto nota per nota, tra le luci viola del luogo in cui tutto cominciò, ‘Purple Rain’ è l’atto conclusivo di una serie di concerti che si protrarrà sino a questa sera.

Ego

Agli American Music Award del 1985, nati nove anni prima per fare concorrenza ai più rinomati Grammy, ‘Purple Rain’ album e singoli fanno incetta di premi. È il 16 gennaio e allo Shrine Auditorium di Los Angeles si ritrova una buona parte del gotha del pop: quale migliore occasione, si erano detti tempo prima il cantante e presentatore della serata Lionel Richie e il suo manager Ken Kragen, per dirottare alcuni prescelti al Lion’s Share Recording Studio su Beverly Boulevard, studio di proprietà di Kenny Loggins, dal quale sarebbe uscita la risposta americana al singolo benefico ‘Do They Know It’s Christmas?’ del supergruppo Band Aid. L’asse Londra-Los Angeles avrebbe portato più tardi a Live Aid. E quella sera a Los Angeles, U.S.A. for Africa, la band dei grandi del pop e del rock a stelle e strisce compreso Dylan, incide ‘We Are The World’, scritta da Michael Jackson e dallo stesso Richie, dando forma all’idea originaria – fare qualcosa per l’Africa – che si deve al fu Harry Belafonte.

Prince è corteggiato per tutta la notte da Lionel Richie. Mentre le session sono in corso, al telefono da un hotel della città, il cosiddetto ‘folletto di Minneapolis’ pretende di incidere un assolo di chitarra, ma in una stanza riservata. La limousine di Prince nemmeno sfiorerà Beverly Boulevard. A cantare il verso a lui riservato (“But if you just believe there’s no way we can fall”) sarà alla fine Huey Lewis, uno dei tasselli della “notte più grande del pop”, ritratta dal regista americano-vietnamita Bao Nguyen nel documentario ‘The Greatest Night in Pop’, splendida cronaca di quanto si svolse in uno studio alla cui entrata campeggiava la scritta ‘Lasciate fuori il vostro ego’.


Keystone
Nel 1985, con la Cloud guitar