Fu musa di Fellini che la trasformò in femme fatale, amante e madre
Per tutta la vita Sandra Milo è stata definita (e in parte così si definiva lei stessa) la ‘musa di Fellini’: in realtà questa definizione metteva insieme la dimensione artistica – due film importanti del Grande Riminese tra il 1963 e il ‘65 – e quella affettiva che sarebbe andata ben oltre, secondo Sandra addirittura 17 anni. Fellini raccontò più volte di averla incontrata sulla spiaggia di Fregene e nel ’67 così la descriveva: “Una ragazza dalle curve un po’ tonde, occhi maliziosi e innocenti insieme, che rideva in un modo che mi sembrava che mi volesse prendere in giro”. C'era pudore e complicità in questa versione di ’Sandrocchia‘ che sullo schermo avrebbe trasformata in una seducente femme fatale, un'incarnazione erotica di uno dei suoi fantasmi ricorrenti, un po’ amante e un po’ madre mediterranea, un po’ fanciulla e un po’ seduttrice. Di certo sia in ‘8 ½’ sia in ‘Giulietta degli spiriti’, il regista-demiurgo ne sovrapponeva l'immagine a quella di Giulietta Masina, moglie nella vita e rappresentazione della realtà (in contrapposizione al sogno) sullo schermo.
Per Sandra quella storia fu “un grande amore”, per Federico una passione diventata nel tempo anche amicizia e segreto rifugio. Sulla strana coppia che Giulietta aveva in qualche modo accettato (numerose le istantanee del due insieme), si è molto favoleggiato e oggi è perfino difficile distinguere tra realtà e leggenda. Ciò che è invece indiscutibile è la centralità artistica che la bionda e generosa ragazza avrebbe avuto in dono dal suo maestro/amante. Quando Federico la chiama a far parte del gineceo ideale che circonda il suo alter-ego Mastroianni in ‘8 ½’, Milo è reduce da un clamoroso insuccesso dopo le impietose critiche a ‘Vanina Vanini’ (1961) di Roberto Rossellini che l'aveva allontanata dal set e dall'attenzione dei produttori. L'apparizione ne ‘Il giorno più corto’ di Sergio Corbucci del 1962 è quasi un segno d'affetto che il regista le riservava all'interno di un cast dove – insieme a Franco e Ciccio – c'era posto anche per un altro ‘dimenticato’ come Buster Keaton. Ben diverso l'impatto che Fellini le garantì, portandola addirittura a vincere il Nastro d'argento come migliore attrice non protagonista, premio confermato due anni dopo proprio con ‘Giulietta degli spiriti’.
Sul fronte privato invece Federico non rese mai pubblico il loro rapporto, esplicitato da Sandra solo molti anni dopo, nel 2009. Sarebbe ingeneroso attribuire solo ai due film con Fellini la gloria cinematografica di Sandra Milo che arrivò al successo quando aveva già alle spalle quasi 20 ruoli per il grande schermo, tra cui titoli di grande spessore come i tre in cui l'aveva diretta Antonio Pietrangeli (l'esordio ne ‘Lo scapolo’ con Alberto Sordi, seguito da ‘Adua e le compagne’ e ‘Fantasmi a Roma’), ‘Il generale della Rovere’ di Rossellini, molto cinema francese con maestri del calibro di André Cayatte, Claude Sautet, Autant-Lara. E del resto la sua carriera artistica sarebbe andata oltre l'incontro con Fellini, da Luciano Salce a Dino Risi, fino al ritorno da protagonista con Pupi Avati ne ‘Il cuore altrove’ del 2003, quando era ormai diventata una star del piccolo schermo e una beniamina del pubblico delle famiglie davanti alla tv. Eppure oggi tutto il mondo continua a riconoscere in Sandra Milo l'immagine felliniana per eccellenza e certamente lei stessa in questo si riconosceva, così come attraverso le svolte di una vita privata ricca di tempeste e amori mutevoli, conservava il ricordo del ‘suo’ Federico come un segreto prezioso che solo in età avanzata aveva potuto svelare e condividere.