laR+ L’intervista

Lucio Corsi, polvere di stelle e di sogni

L’immaginario del cantautore toscano si arricchisce di ‘La gente che sogna’, disco e relativo show venerdì 15 dicembre a Lugano, Studio Foce

Lucio Corsi
(Studio Foce)
13 dicembre 2023
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Lucio Corsi è un cantautore toscano di Vetulonia, in provincia di Grosseto. Da circa dieci anni scrive, canta e registra canzoni colorate che parlano di alieni, persone, animali e pianeti. Brano dopo brano e disco dopo disco si è costruito un immaginario unico che unisce le canzoni per l’infanzia, il romanticismo più surreale, il gioco, la festa, i bestiari e, con l’ultimo disco, l’universo glam rock.

Domani, con inizio alle 21, sarà un’occasione speciale: con la sua band, allo Studio Foce presenterà infatti ‘La gente che sogna’, ultimo album che promette di essere una vera e propria esplosione con il suo show di accompagnamento. In attesa di vedere Lucio e la sua band, abbiamo scambiato qualche chiacchiera con lui.

Lucio Corsi: cosa dobbiamo aspettarci dalla messa in scena del vostro ultimo disco?

Dal 2020 suono con il gruppo con il quale già suonavo al liceo. Venni a Lugano con la formazione in trio, oggi siamo in sei. Lo show è diviso in tre momenti: una parte rock’n’roll, una folk e una acustica. C’è un po’ di tutto, ci tengo a questo show, ora è proprio come intendiamo noi la musica dal vivo. Non perfetta, ci piace suonare alla vecchia, come fossimo in sala prove: ci divertiamo un sacco e siamo felici di questa energia.

La band è quella di quando suonavate al liceo? Sarà una quindicina d’anni che vi conoscete…

Esatto, e cambia tutto rispetto a un gruppo di turnisti. Al liceo io ero il chitarrista e suonavamo musica prog ispirati dai Genesis, musica strumentale con l’hammond e così via; negli anni ho iniziato a scrivere, suonando spesso solo chitarra o piano e voce. Poi ci fu il ‘Bestiario Musicale’ che portai in giro per pochissime date con la band, una cosa più folk e soffusa. Dal 2020 abbiamo dato una stretta e siamo diventati più rock’n’roll, ho approfondito il glam rock, ci ho messo qualche schitarrata ed eccoci qui.

Ascoltando quello che fai in Italia, sembri un po’ una mosca bianca, non è facile accomunarti ad altri musicisti. Cambi anche parecchio fra un disco e l’altro, ma rimani perfettamente riconoscibile: è un rischio anche per il pubblico che ti segue?

Beh, questo è un gran bel complimento! Più che altro cerco di seguire quel che mi interessa a livello musicale senza curarmi di ciò che funziona, che rende o che sia in auge. Mi immergo proprio in un suono e ci lavoro. Abbiamo preso la strada del glam per puro interesse, approfondendo e trovando un modo mio per esprimermi con questo tipo di linguaggio. Credo si tratti di tendere al cambiamento nelle proprie forme di espressione durante la vita, la cosa più difficile ma anche quella alla quale bisogna aspirare, altrimenti che divertimento c’è? Poi è più difficile, perché devi ritrovare altri modi per essere soddisfatto delle cose: scrivendo in modalità differenti e cercando altri tipi di arrangiamenti e di riferimenti, però, è proprio quello il bello...

Ascoltando i tuoi dischi sei bizzarro. Ti esprimi in maniera affascinante e ascoltandoti sento bambini, alieni, le favole, lo spazio, gli animali. Ho poi pensato alla tua provenienza toscana, regione bizzarra a livello di personaggi, leggende, tradizioni e misteri. Credi che il territorio possa aver caratterizzato questa tua maniera di esprimerti?

Assolutamente sì. Ciò che ti circonda finisce inevitabilmente per influenzare forma e contenuto di quanto vai a esprimere artisticamente. Concordo sul fatto che sia una terra affascinante e magica, che personalmente rivedo quasi come una sorta di Far West italiano, anche soltanto pensando ai butteri. E rispetto ad altre zone della Toscana, la mia è proprio brulla e polverosa da western, ed è piena di storie, da quelle dei briganti che giravano in queste zone al lago dell’Accesa, e alle sue leggende. Ogni luogo ha le sue e le mie sono queste.

Hai 30 anni e se penso alla tua immagine ora, lo spazio, il glam, il palco, potresti essere il sogno di un bambino: se ripensi al te stesso a 10 anni, quali erano i tuoi sogni?

Da piccolo volevo fare il cantante perché avevo visto i Blues Brothers grazie a mio padre, volevo diventare come Elwood. Disegnavo e a 11-12 anni ho iniziato a suonare la chitarra, lasciando il disegno un po’ da parte. È così, prima volevo disegnare, disegnare le macchine.

Musicista e ascoltatore. Segui e approfondisci quel che succede nel mondo musicale oppure rimani nel tuo? Cosa hai ascoltato di recente?

No, sono un appassionato di musica, amo scoprire cose. Ascolto per la maggior parte cose del passato, non per posa ma proprio per gusti, scoprendo anche musica che non conoscevo. Amo ascoltare la musica in macchina, spesso parto senza meta soltanto per ascoltarmi un disco che mi porto dietro, e viaggio… Ultimamente sono tornato parecchio su Paul Simon, Joni Mitchell. Di attuale, invece, sto adorando i Lemon Twigs, questi due fratelli di New York che suonano da paura.