laR+ Aspettando ‘Minotauro’/1

Una ballata, come voleva Dürrenmatt

Racconto a puntate della ‘consapevole follia’ di Margherita Saltamacchia e Marzio Picchetti, a gennaio al Teatro Sociale

‘Minotauro’, dal 18 al 21 gennaio al Teatro Sociale, coproduttore insieme a LaTâche21
(Chromophobia studio - Lione)
29 novembre 2023
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È iniziato «come una follia» e la follia «non puoi manovrarla, o pensarla prima». Il Minotauro di Margherita Saltamacchia nasce dalla lettura, condivisa con Anahì Traversi, di ‘Minotaurus – Eine Ballade’, il Dürrenmatt del 1985 che capovolge il mito greco, rendendo l’uomo-toro vittima e non più mostro, e Teseo carnefice. Erano i giorni di Zona 30, il Sociale della pandemia: limata di tutta la sua (benedetta) abbondanza creativa e testata sul campo, quella follia resa «consapevole» è a un passo dal debutto: giovedì 18 gennaio al Teatro Sociale, repliche dal 19 al 21.

‘Minotauro’ è un’opera da dieci ore di allestimento e una ventina di brillanti menti all’opera. Otto i minuti da noi visti in anteprima, col Sociale minotaurizzato per una delle prove generali che nascondeva, così ci fanno intendere, una ulteriore spettacolarità conclusiva. È una produzione Teatro Sociale Bellinzona con LaTâche21, compagnia indipendente nata dal desiderio di Saltamacchia di condividere una ricerca artistica e/o una forma per continuare a indagare quel che le interessa personalmente. È Margherita, attrice e regista, insieme a Marzio Picchetti, light designer e direttore di produzione, a condurci nelle pieghe dello spettacolo, in un racconto a puntate nato in un bar con finestra, non solo ideale, sul teatro.

Mostri

«Dai giorni dell’isolamento – spiega Margherita – quel testo mi è rimasto dentro. Tempo dopo ho fatto ‘Frankenstein’ e il tema del diverso, del mostro che pare tale ma mostro non è, mi ha affascinato. Non che io mi senta un mostro, ma siamo tutti Minotauro quando non veniamo capiti, quando sembra che nessuno si accorga di noi, quando la vita ci mette di fronte alle difficoltà; poi, col rapporto interpersonale, si capisce che quel pensiero attraversa tutti, che ognuno vive una sfera personale di difficoltà che vorrebbe comprendere e condividere. Tra il 2020 e il 2023 sono accadute cose importanti nella mia vita, da lì nasce il desiderio di indagare la tematica».

Tecnicamente, ‘Minotauro’ è «il completamento di un puzzle di incontri», continua Margherita, per la quale Dürrenmatt è il prolungamento di ‘Mein Fritz, il mio Leo’, al Sociale nel 2021 voluto dal Centre Dürrenmatt Neuchâtel per i cent’anni dalla nascita dello scrittore svizzero e di Leonardo Sciascia, celebrazione di affinità e stime reciproche. Ancor prima:«Ho incontrato Marzio nel 2020, al concerto dei vent’anni dei Vad Vuc, chiedendo di chi fossero quelle splendide luci», per poi affidargli quelle del suo ‘Frankenstein’. Nel 2021, nell‘Olocene’ di Flavio Stroppini, l’incontro con la danzatrice e coreografa Jess Gardolin, «una meravigliosa forza della natura», mouvement coach per quello spettacolo. Con le musiche di Ali Salvioni («Senza la sua bravura e il suo sorriso accogliente, gran parte di questo lavoro non ci sarebbe»), è Jess a chiudere il puzzle: «Per Dürrenmatt, Minotauro non fa altro che danzare: chi meglio di lei, nel labirinto, avrebbe potuto farlo».

L’arena

Una ballerina imprigionata in un labirinto di specchi e luci è l’immagine dalla quale tutto è partito. Non solo teatro, comfort zone di Saltamacchia, ma recitazione, danza e visual, terreni da fondere. “Marzio, ti devo parlare, ma prima devo bere almeno tre bicchieri di rosso”, dice Margherita a Picchetti nell’estate del 2021, aprendo alla collaborazione che porta in scena Saltamacchia e Traversi, due riflessi del Minotauro, e Gardolin nella ballata di cui sopra. L’obiettivo: «Un’opera dal linguaggio estetico forte, visivo, non solo teatrale», a suo modo anomalo come può essere azzerare la platea, togliere le poltrone e spostare il palco al centro di un Sociale trasformato in arena e il pubblico intorno, chiamato a partecipare all’immutato, inevitabile, tragico atto finale (continua…).