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‘papa&dada’, tutte le sfumature della famiglia arcobaleno

Presentato in ‘prima’ ticinese all'Otello di Ascona l'ambizioso documentario della regista indipendente Daniela Ambrosoli

John e John con i figli
12 ottobre 2023
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Un grande merito va riconosciuto alla regista indipendente asconese Daniela Ambrosoli: quello di non sottrarsi, nei suoi lavori, alla possibilità di critica. Se se ne può muovere una nei confronti di “papa&dada”, l’ambizioso documentario sulle cosiddette “famiglie arcobaleno”, presentato in anteprima ticinese all’Otello di Ascona, riguarda l’aver messo, in questo gioco totalmente allo scoperto, fin troppe carte in tavola.

Troppe, almeno, rispetto a stereotipi, preconcetti, dogmi e paure con cui anche i più progressisti e aperti hanno a che fare. Perché parliamo non solo di diritto alla famiglia, di capacità genitoriale da parte delle coppie gay (maschili, nel caso specifico) ma anche di adozione, di procreazione assistita e di agenzie specializzate allo scopo, di utero in affitto, madri surrogate, nonché di libertà di affrancarsi da modelli predefiniti da un’etica della famiglia profondamente radicata nella nostra società. Come quando due dei protagonisti – John Lam, ballerino americano di origine vietnamita, e suo marito John Ruggieri, avvocato di successo a Boston – ripercorrono i rispettivi “coming out” nei contesti culturali di riferimento, del coraggio e della forza di voler essere sé stessi.

Peraltro, il supposto limite dell'affollamento di temi implica la presenza di un altro merito, che è quello di volere andare ben oltre il comodo ritratto della “famiglia arcobaleno” le cui dinamiche affettive ricalcano quelle di una qualsiasi famiglia tradizionale.

La coppia oltre gli steccati

Detto questo, i 91’ di cinema che ci vengono offerti sono anche, e soprattutto, un affresco delicato, e spesso emozionante, su un tema attualissimo e sempre controverso che si rifà a una domanda: fino a che punto può espandersi il campo della famiglia oltre gli steccati della tradizione? La regista si è fatta accompagnare da 8 uomini – John e John, Mimmo e Christian, Brian e Fred e Tim e Josh – che hanno regalato alla telecamera di Aliocha Merker, cameraman e direttore della fotografia, ampi scampoli della loro intimità: un lungo percorso sviluppatosi fra Stati Uniti, Olanda, Germania, Svizzera e Italia, raccogliendo meritati riconoscimenti nei festival di mezzo mondo.

La genesi è nella vicenda di John Lam e John Ruggieri. Lam era stato in passato borsista della Fondazione Pierino Ambrosoli di Zurigo – intitolata da Daniela Ambrosoli al padre – e in questa veste fra i protagonisti di “The Making of a Dream”, il precedente lavoro della regista, che era andata alla ricerca degli sviluppi artistici (e umani) di quegli stessi talenti un tempo aiutati a sbocciare. Fra loro, appunto, John, che nell’altro John aveva trovato la metà mancante per formare una famiglia. Il che non poteva non suscitare interesse e curiosità nella regista, tanto da spingerla a pensare a uno “spin-off” che ha poi ospitato altre storie, molto diverse fra loro ma unite da virtù come la pazienza, la determinazione e la forza di volontà, e soprattutto da un sentimento ingovernabile e totalizzante come l’amore.

I fattori e lo stigma sociale

Dal documentario emerge che avere una discendenza, per una coppia gay, è una scelta ampiamente condizionata da una moltitudine di fattori. Alcuni sono esterni, come le agenzie di adozione, la fecondazione artificiale, le madri surrogate, una cospicua disponibilità finanziaria (si calcolano 100mila dollari per figlio), oltre naturalmente allo stigma sociale ancora molto presente. Altri, non meno importanti, sono per così “interni” e riguardano il riconoscimento e l’accettazione della propria sessualità, il tema stesso della genitorialità, cui si lega quello della procreazione, atto primario che ai protagonisti è negato o al massimo consentito in modo indiretto e non indipendente.

Se Mimmo e Christian (presenti in sala per la “prima” di Ascona e a suo tempo scoperti da Ambrosoli grazie a un toccante ritratto di Cristina Ferrari sulle pagine della “Regione”) avevano seguito la prima gravidanza della loro madre surrogata – Kelly –, per Tim e Josh il processo di adozione aveva portato il dono di un bimbo, ma anche, prima, l’intima questione se fosse loro davvero consentito desiderarlo e infine poterlo abbracciare. La risposta è esattamente la stessa che può darvi chi sta scrivendo questo articolo, in quanto padre adottivo: la si trova nella primissima sensazione regalata da quello stesso abbraccio, che non chiede più nulla, ma dà soltanto e apre un nuovo e straordinario capitolo di vita.

Un concerto a più voci

Come un canto corale, il film è dunque un concerto a più voci, a partire da quelle, sorprendenti, delle “madri per altri”, che raccontano dell’assunzione del ruolo, dell’esperienza della gestazione, del rapporto con la famiglia cui avrebbero “consegnato” il nascituro. Un rapporto non scontato viste le sue pesanti implicazioni, ma che può talvolta svilupparsi in un’amicizia, come quella fra Christian, Mimmo e Kelly, la quale dopo le riprese avrebbe dato alla luce anche una bambina e che regolarmente raggiunge i due papà, e i loro (e di fatto anche suoi) figli in Italia per ricompattare una famiglia allargata e composita.

Un’altra voce è quella di Stefan Haupt, regista svizzero che nel 2014 aveva fatto parlare per “The Circle”, film su Ernst Ostertag e Röbi Rapp, la coppia che per decenni si era battuta per i diritti degli omosessuali in Svizzera. Con Haupt, fra l’altro, Merker aveva già lavorato in “Zwingli”, grande produzione svizzera incentrata sulla figura del teologo e riformatore vissuto fra XV e XVI secolo.

La praticità di Santino

E i figli, ci si potrebbe chiedere andando al fulcro della questione? Di loro Ambrosoli traccia semplici ritratti di quotidianità familiare fatta di risvegli, colazioni, trasferimenti a scuola, tempo libero condiviso e un’intimità che nulla concede a chi si interroga sulle implicazioni psicoeducative di chi cresce con due papà. Se mai possa porsi una domanda, la risposta migliore ce la dà Santino, uno dei due figli di John & John, cui viene in sostanza chiesto come sia avere due papà. «È bello – dice il bimbo con una semplicità che ti stende – perché mi possono prendere le cose sui cassetti più in alto».

Anche grazie alla disponibilità di Antonio Prata, di Onde Cinema, “papa&dada” verrà riproposto sabato 14 e domenica 22 ottobre, sempre all'Otello, alle 18.15, nonché sabato 28 ottobre, alle 18.15, al Rialto Il Cinema a Muralto.

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