‘Lubo’ di Giorgio Diritti, nella Svizzera del 1939, e ‘Holly’ di Fien Troch, per aspetti diversi più che interessanti
Mentre il Lido smobilita, i vari locali frequentati dagli accreditati vengono attaccati da polizia, Polizia municipale, Usl e sicurezza e altro, per far chiudere ancor prima la voglia di festa, come non si sapesse che in questi dodici giorni tutti cercano di far quadrare un bilancio che alle prime brume dell’autunno servirà come alla formica per passare un inverno, che qui tra umido e nebbia non invita a uscir da casa. Succede anche a Venezia, solo che qui non c’è la giustificazione delle acque alte. Di sicuro quest'anno le acque del Lido erano più sporche del solito, colpa delle navi merci che sostano in perenne fila indiana all’orizzonte della grande isola.
In Concorso sono passati due film, per aspetti diversi più che interessanti: ‘Lubo’, che il regista Giorgio Diritti, sceneggiando con Fredo Valla, ha tratto dal romanzo ‘Il seminatore’ di Mario Cavatore, e ‘Holly’, della regista belga Fien Troch. Giorgio Diritti ci porta nella Svizzera del 1939 per farci conoscere lo jenisch (zingari bianchi) Lubo (un grandioso Franz Rogowski), mentre si esibisce su una piazza di un villaggio dei Grigioni, con la moglie e i suoi bambini. È l’ultimo attimo di felicità della famiglia, lui sarà subito arruolato e spedito al fronte per controllare il territorio sotto pressione nazista. E, mentre è al fronte, il solerte Stato svizzero con il programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada (Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse), portato avanti dalla Pro Juventute, strappa alla moglie i loro tre bambini e uccide la donna incinta. Scoperto il fatto, Lubo accetta di aiutare uno strano personaggio che gli promette dei soldi, non abbastanza per il vedovo, che lo uccide impossessandosi dei suoi averi. È un ebreo cui sono stati consegnati i beni e i soldi delle facoltose famiglie ebree viennesi, impaurite dai nazisti. Lubo prende l’identità dell’uomo e comincia la ricerca dei figli, conducendo una dispendiosa vita da ricco. Lascia incinta la moglie di un banchiere, diventa amante di una ricca vedova, per poi lasciarle entrambe e ritrovare nella cameriera di un grande hotel la donna con cui costruire un futuro. Ma qualcuno riconosce che lui non è l’uomo che dice di essere, e per Lubo comincia una fuga che lo porta in Italia, e poi, con lei incinta, a essere arrestato una volta tornato in Svizzera. Andrà in carcere, la donna morirà e quando uscirà farà fatica a farsi amare dal figlio avuto da lei. Mentre si scopre che il buon samaritano della Pro Juventute amava un po' troppo i bambini, Lubo non saprà mai la fine dei suoi primi figli.
Questo dramma svizzero s'inserisce nel discorso fatto da ‘Origin’ sul problema di una società divisa in classi. Quanto fatto agli zingari è il sistema di togliere loro il futuro, e insieme la voglia di vivere, e allora a Lubo non importa finire la propria vita in carcere. Film di denuncia, coraggioso; forse, però, troppo ridondante e 181 minuti sono certamente troppi per la vicenda raccontata. C’è da dire che sull’argomento erano stati girati altri due film: ‘Dove cadono le ombre’, per la regia di Valentina Pedicini (Italia, 2018) e ‘Nebel im August’ di Kai Wessel (Austria/Germania, 2016).
Keystone
Cathalina Geeraerts è ‘Holly’
Meno legata all’andatura del racconto classico di Diritti è la belga Fien Troch che ha portato in concorso il suo ‘Holly’, un film del tutto particolare, giocato sul soprannaturale e sulla fragile condizione umana. La giovane Cathalina Geeraerts interpreta con consumata arte la complessa 15enne Holly: la scopriamo, una mattina, mentre chiama la scuola dicendo che quel giorno resterà a casa, perché ha paura che succeda qualcosa di grave. Poco dopo nell’istituto scoppia un incendio in cui muoiono una decina di studenti. Holly, che è bullizzata dalle compagne, condivide il suo problema con un amico bullizzato dai compagni; di questo si accorge Anna, una delle docenti, che scopre anche come la sola presenza di Holly trasmetta tranquillità, calore e speranza anche ai genitori degli alunni periti nell’incendio.
La ragazza comincia a usare il suo potere ricevendo in cambio soldi che usa per comprarsi gioielli e capi costosi. Holly sente di avere un potere unico, ma arriva a esagerare, a perdere il senso della realtà, è un'adolescente che si perde in un gioco più grande di lei; arriva a credere di avere il potere di salvare dalla morte, e il fallimento la svuota. Ma intanto ha diffuso il senso del poter cambiare le cose, e anche il suo amico è pronto a sfidare i bulli che lo perseguitano. Buon film ben girato e recitato, il tema ci ha portato alla mente ‘Ordet’ di Dreyer, il senso del miracolo che esiste in noi.
Su altri piani, quello della commedia perfetta, ci porta Quentin Dupieux con il suo irresistibile ‘Daaaaaali!’, una commedia carica di ilare sarcasmo, capace di giocare con la vanagloria di Salvador Dalí per rendere gustoso omaggio al magico Luis Buñuel. Il cinema che canta cinema. Risate e applausi e niente malinconia. Naturalmente fuori Concorso.