La 78esima si apre il 5 settembre, si chiude il 17 ottobre e ha quale fil rouge la tradizione francese: a colloquio con il pianista e direttore artistico
Se le 78esime Settimane Musicali di Ascona che si aprono il prossimo 5 settembre avessero un sottotitolo, allora potrebbe essere ‘Vive la France’. Lo scorso aprile, in occasione della conferenza stampa di presentazione, il direttore artistico Francesco Piemontesi in collegamento da Vienna aveva parlato di “fil rouge”, quello che servirà a riproporre una tradizione poco ‘gettonata’ ad Ascona. Il pianista ci dà conferma che – dopo accurata ricerca d’archivio – è stata anche la mera statistica a rivelargli che la musica francese, prima del suo arrivo alle ‘Settimane’, è stata suonata col contagocce. Questione di statistica, ma soprattutto di trasporto musicale ed emotivo.
«Una parte dei miei studi si è svolta in Francia, con la grande pianista Cécile Ousset», racconta Piemontesi. «Della musica francese ho avuto modo di conoscere praticamente tutto il repertorio pianistico e non, e durante il molto tempo trascorso in Francia ho letto tanti autori francesi. Quella cultura mi ha sempre affascinato e la musica, a mio parere, è bellissima perché porta con sé tanta eleganza, si differenzia da quella assai più scura e, direi, seria del repertorio tedesco, che abbiamo ascoltato tante volte in questo festival. La musica francese ha umore, elemento che apprezzo molto, e propone un uso incredibile di colori sia in ambito sinfonico che cameristico, e in quello del pianoforte solo. Ho pensato che essendo una delle culture più importanti della scuola della musica, andasse finalmente proposta come si deve».
Le Settimane Musicali, nello specifico l’edizione che ci porta sempre più verso la cifra tonda e che durerà sino al 17 ottobre, si aprono a Locarno nella Chiesa di San Francesco, con il Concerto per la Pace che vedrà l’uno di fronte all’altra Piemontesi e Marta Argerich, insieme al Peace Orchestra Project, orchestra sinfonica diretta dal maestro Ricardo Castro e composta da musicisti brasiliani, italiani e provenienti da altri paesi, tutti di età compresa tra i diciotto e i venticinque anni. «Per il primo concerto ci sembrava opportuno riflettere sul conflitto russo-ucraino che dura ormai da anni e, almeno sino a ora, pare non avere via d’uscita. Questa Orchestra della pace ha precedenti illustri in Sudamerica, per esempio, con l’Orchestra Simón Bolivar diretta da Gustavo Dudamel, e altre formazioni grazie alle quali, in alcuni casi, giovani musicisti provenienti dalle regioni difficili del mondo, o addirittura in conflitto tra di loro, sono stati tolti dalla strada e accompagnati sul cammino della musica. Per loro, potersi esibire con grandi solisti rappresenta un cambio di prospettiva notevole rispetto alla quotidianità. Questa scelta, intanto, mi sembrava importante dal punto di vista umano».
In programma, in prima esecuzione svizzera (la prima mondiale sarà a Bologna il giorno prima), la Sinfonia n.2 ‘Un mondo Nuovo’ composta da Nicola Campogrande: «È stata scritta nel 2022, riflette proprio i rapporti Russia-Occidente, Russia-Ucraina, è un brano profondamente legato alla storia più recente». In programma sono anche la Suite dall’Uccello di Fuoco di Igor Stravinsky e la Sinfonia n.2 del compositore ucraino Valentin Silvestrov, e il Concerto per due pianoforti e orchestra di Poulenc. Andando nell’ordine: «Silvestrov è il compositore ucraino per antonomasia, ma c’è anche Stravinsky. Io, Ricardo Castro e l’orchestra volevamo sottolineare che la musica è qualcosa che unisce, dunque ci sembrava importante poter suonare tanto i brani del compositore ucraino quanto quelli del compositore russo». Quanto a Marta Argerich: «Credo di aver suonato per il suo festival luganese dal 2004, il nostro sarà anche un incontro tra direttori artistici». Un cenno ancora a Poulenc: «Il suo è un brano che definirei carnevalesco, è un’esplosione di colori, un cambio di registro perfettamente integrato nell’omaggio alla musica francese».
Quasi la metà delle orchestre, degli altri ensemble e dei singoli musicisti di questa 78esima edizione saranno alle Settimane Musicali per la prima volta. E non si tratta di una coincidenza: «È importante che il pubblico conosca anche i nuovi nomi», prosegue il direttore artistico. «Il vantaggio di suonare nel mondo mi dà la possibilità di incontrare colleghi, di fare musica da camera con loro, di vederne i rispettivi concerti. Se li trovo all’altezza, se li trovo speciali, non vedo l’ora di presentarli al pubblico di Ascona». È il caso di Augustin Hadelich, che debuttò alle ‘Settimane’ nel 2018 con l’Orchestra della Svizzera italiana diretta da Jérémie Rhorer, e che il prossimo 10 settembre torna ad Ascona nell’ambito della rassegna Incontri-Musica da camera del festival. «Da Ascona partì per Hadelich una carriera strabiliante, e lo stesso avvenne per Bertrand Chamayou», pianista francese che il 18 settembre suonerà con l’Osi a Locarno. L’attenzione ai giovani musicisti è propria tanto della sezione ‘Debutto’ quanto del programma generale: «Avere sempre gli stessi nomi è molto più facile per il botteghino; io credo invece fortemente nel prendersi una responsabilità, pensando che tra una decina d’anni il giovane oggi al debutto sarà uno dei nomi più importanti del suo tempo». E che magari tornerà ad Ascona, come una scommessa vinta, o un investimento – in termini di prestigio – riuscito.
Per questo 78esimo torna anche Piemontesi & Friends. C’è ma non si vede, nel senso che il nome della sezione ha subito un cambiamento: «Oggi trovo quel nome un poco esagerato. La bella idea era nata durante il Covid, e al tempo il nome aveva senso per l’impossibilità di invitare orchestre internazionali data dalle restrizioni pandemiche. Fu allora che nacque questa cosa ‘tra amici’. Ora che le restrizioni non ci sono più, mi è sembrato che il termine ‘Incontri’ fosse più adatto». Insomma, il titolo è cambiato, «ma lo spirito è lo stesso».
Il flashback sulle restrizioni porta a un pensiero conclusivo, che abbraccia i tempi cupi d’inizio decennio e l’80esimo che si fa strada: «L’afflusso di pubblico non è ancora quello del 2019. Credo che le cose si potranno risolvere nel giro di uno, due anni. C’è chi dopo la fine di quella crisi è ripartito, chi ha recuperato subito gli abbonamenti e chi no, l’ho potuto constatare in diversi posti del mondo. Ma queste percentuali di flessione stanno lentamente rientrando, perché sono convinto che il mondo della musica si stia lentamente ristabilizzando. La cosa ci permette di guardare con molta serenità all’80esimo, al quale abbiamo già cominciato a lavorare perché con le grandi orchestre è impossibile attendere troppo». Come sarà? «Sarà qualcosa di grande, e sarà un piacere organizzarlo».