Spettacoli

‘Lazarus’, l'addio al mondo dell'alieno Bowie

Al Lac il 18, 19 e 20 maggio l'opera rock scritta da Elda Walsh col Duca bianco. Sul palco Manuel Agnelli, regia di Valter Malosti, che abbiamo incontrato

Manuel Agnelli
5 maggio 2023
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Cosa potersi aspettare dalla messa in scena di ‘Lazarus’, l’opera rock prossimamente in programma al Lac di Lugano? Pièce scritta dal drammaturgo irlandese Enda Walsh insieme a David Bowie che trasporta il personaggio di Thomas Jerome Newton attraverso i suoi ultimi giorni, riprende vita grazie a una produzione che integra ballo, musica, canto e viaggi interstellari. Il cast è quello delle grandi occasioni e che potrà solleticare anche chi, normalmente, non frequenta i palcoscenici della scena teatrale. Il ballo di Michela Lucenti, le voci di Casadilego e di Manuel Agnelli, i suoni di GUP Alcaro, la direzione di Valter Malosti. È il regista piemontese a concederci un’intervista che ben presto si trasforma in un vivace colloquio, partendo dalla trasversalità di un’opera e di un personaggio, quello di David Bowie, che da decenni brilla e che non accenna ad affievolirsi nemmeno dopo la sua partenza.

‘Lazarus’ è stato il suo epitaffio, fratello dell’album ‘Blackstar’, che nel 2016 ci consegnava scolpita una materia aliena, nera e un suono che erano insieme summa di una ricerca, personale e artistica, durata più di mezzo secolo. ‘Lazarus’ è opera che viaggia trasversalmente, in grado di avvicinare pubblici differenti e irretirli con sorprese, curiosità ed emozione, aprendosi e maturando con l’ascoltatore e le sue esperienze. Non un fatto sorprendente per chi ben conosce David Bowie, che da sempre ha fatto di travestimenti, emozioni e voli pindarici punti segnanti della propria arte. Da non sottovalutare in questo gioco la sapiente mano artistica di Enda Walsh, che di David Bowie diventa la controparte artistica, costruendo insieme a lui un nuovo capitolo della storia di Newton, ormai diventato ricchissimo, solo, consapevole che non sarebbe mai più riuscito a far ritorno a casa.

Nel loro primo incontro, David presentò ad Enda uno scritto di tre pagine: citati erano Lazarus, Valentine, un serial killer e una ragazza che poteva essere viva o non viva. Interrogandosi su questi personaggi la trama prese forma, trasformandosi in una pièce che, in nuce, Valter Malosti volle fortemente far sua. Finalmente, all’interno di una tournée che ha già toccato sei città, lo stesso regista ritorna sul palcoscenico che lo ha visto portarci ‘Se questo è un uomo’ di Primo Levi, lo scorso anno. Ritorna, con un bagaglio colmo di danza, canzoni, musica e voci. Ritorna per sorprenderci e per darci, tramite David Bowie e ‘Lazarus’, accesso a storie e mondi lontani e vicini.


Tommaso Le Pera
Valter Malosti

L'intervista: Valter Malosti

‘È un'opera visionaria, come le canzoni di Bowie’

Dovremo attendere ancora qualche giorno per la nostra visione – il 18, 19 e 20 maggio, sempre alle 20.30 – ma questo avvicinamento ci permette di lasciar volare l’immaginazione. Chiudendo gli occhi possiamo infatti pensare quel migrante interstellare dai capelli rossi, atterrato sul nostro pianeta per cercare di rifornire d’acqua il proprio mondo, cadendo in un gorgo di corruzioni e di viziosità umane. Dopo anni il percorso sembra non essere ancora terminato, ha semplicemente cambiato forma, colore e mezzo.

Valter Malosti: come si approccia un’opera di un regista e di un musicista che stima?

Conosco Enda da molto e quando lessi la notizia che stava per lanciarsi insieme a Bowie insomma, ho cercato subito di contattarlo pur sapendone pochissimo! È un testo di teatro musicale, con della prosa che lega le scene, senza una struttura narrativa precisa. Una mente in frantumi, che esplode in un’opera lirica contemporanea. Abbiamo avuto piena libertà di fare, costruendo arrangiamenti molto diversi dalle edizioni precedenti. Riguardo alla musica lavoro con il mio sound designer, GUP Alcaro: la questione del suono è fondamentale e ‘Lazarus’ è un volo sull’ultimo Bowie. Morendo è partita una figura iconica, ingombrante, rimanendo la musica. Il suo è un mondo musicale straordinario, patrimonio che rimarrà e che è forse sottovalutato, rispetto alla grandezza iconica del personaggio e del suo interprete.

‘Lazarus’, il testo, poi il film, il teatro…la sua storia ha circa 60 anni. Questo personaggio in isolamento, migrante, in abbandono, in un mondo lontano è figura che ritorna universalmente e condiziona l’andamento di vite. Che tipo di approccio dovremmo avere rispetto a questo lavoro? Approfondimento di quanto già si fece o sorpresa dalla messa in scena?

‘Lazarus’ si può vedere senza conoscerlo: è un’opera visionaria, come le canzoni di Bowie. Pop e sofisticate, in esse ci si può riconoscere ma allo stesso tempo sono misteriose. Non c’è niente da capire, molto invece da prendere a livello emotivo. Uno spettacolo che esplode e che fa unire. Bowie era un portale: tutti si possono riconoscere in lui ma è anche un mondo dove perdersi. Un viaggio dentro una mente di un migrante interstellare. Già in prima stesura vi si trovava la figura di Emma Lazarus: sconosciuta e famosissima insieme era una poetessa e attivista. Un suo poema è posto alla base della statua della libertà, sull’accoglienza dei migranti, una cosa straordinaria. Bowie ha voluto che nel libretto di New York e di Londra fosse presente questo poema, il che è molto curioso, perché apparentemente non c’entra nulla ma è un invito, come se ci chiedesse di accogliere TJ Newton così com’è.

Ho una figlia di sette anni alla quale ho raccontato per sommi capi la storia di questo migrante interstellare e le ho chiesto come si sarebbe comportata. Mi ha detto che incontrandolo l’abbraccerebbe, per poi chiedergli di cosa abbia bisogno. L’accoglienza può essere innata?

Sa che c’è un personaggio proprio così in ‘Lazarus’? Una ragazzina che l’accompagna, diciamo, verso questa soglia finale. È molto bello quello che dice sua figlia perché vengono tantissimi giovani a vedere l’opera e non era di certo scontato, essendo Bowie comunque piuttosto maturo a livello di pubblico e invece c’è una commistione anagrafica che travolge e trasporta.

La composizione artistica dello spettacolo è molto interessante per più fasce d'interesse: importante anche come accesso al teatro, che spesso può essere percepita come forma d’arte tendenzialmente elitaria. Crede che questo impatto possa abbattere certe difese, avvicinando anche un pubblico diverso?

Certamente! Non dimentichiamo la danza, con la presenza della Lucentini e i talentuosi attori, molti dei quali giovanissimi. Il teatro deve aprirsi. Vengo da una famiglia molto povera e avevo timore ad attraversare la soglia di un teatro, di un luogo aulico, invece bisogna abbattere questa barriera. Con qualità, perché i ragazzi vedano qualcosa che li sorprenda, che li coinvolga, di perturbante e misterioso. Credo qui possa accadere: quando il pubblico esce, le persone sono grate, commosse. Bizzarro perché è una storia strampalata ma anche per mia figlia che ha 14 anni sta in piedi: ha qualcosa anche di molto legato all’immaginario dei più giovani.

Quelle di Bowie sono storie, fiabe fantastiche, che attirano chi ha una fantasia più pronunciata, come i più giovani…

Certo! Molto importante è anche la poesia. Bowie è un grande poeta, dolente perché le canzoni sono anche molto dure. In questo caso, avendo il pubblico la possibilità di leggere le sue canzoni in inglese, vedere i testi permetterà loro un accesso differente. Molti ci ringraziano per questo, sorpresi da testi che hanno sentito centinaia di volte senza averle ascoltate. Il problema mi sembra essere quello della fruizione, del cannibalismo. È un bel momento per raccogliersi attorno a due artisti che non vogliono ostacolare la nostra identità, anzi, la accolgono. È incredibile riuscire a identificarsi nella libertà di un’artista come Bowie, capire di poter fare quello che si vuole, di poter trovare la propria espressione.

Il vostro ‘Lazarus’ verrà stampato in forma di libro, con un ritorno alla pagina. Partito sulla carta, per arrivare al cinema, a una messa in scena teatrale, alla musica e ancora alla carta. Che prossimo passo si auspica per il viaggio di Lazarus?

Credo sia un’opera, bizzarra, che rimarrà. Forse è il momento di abbattere steccati e immaginarsi un futuro diverso per tutte queste creazioni, per l’opera lirica stessa. Quando Verdi scriveva, le opere gli venivano commissionate… oggi le opere commissionate ad autori sono risibili, è un problema della nostra epoca, vale per l’arte e per le commissioni pubbliche. I papi commissionavano a Michelangelo, i cardinali a Caravaggio e così era. Ora c’è un blocco, tendiamo a fare cose di consumo oppure andiamo sui classici, sul sicuro. Invece è molto importante produrre, poi magari fra dieci opere ne rimarrà una, ma bisogna sbagliare ed essere coraggiosi, come dice Newton.

Penso all’educazione, a quanto sia importante una conoscenza musicale e artistica: è un nostro patrimonio. Abbiamo creato cose stupende… per i più giovani è cosi, imparano giocando e sarebbe importante che la scuola e che l’istruzione facciano la loro parte. Noi intanto portiamoli anche a teatro.

Per concludere: che ci consiglia quindi? Portiamo le nostre figlie a vedere ‘Lazarus’?

Portatele senz’altro, poi fateci sapere le loro reazioni, ci terrei moltissimo!


Casadilego, all’anagrafe Elisa Coclite