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‘Osi@Vanilla’, tutti in pista con Čajkovskij

È l’‘esperienza globale’ dell’Orchestra della Svizzera italiana, il 14 marzo al Vanilla. Parla Barbara Widmer, direttore artistico Osi ad interim.

In primo piano, Markus Poschner, direttore principale Osi. Informazioni e biglietti: www.osi.swiss
(Foto Poschner: ©OSI / K. Kikkas. Foto Osi: Ti-Press)
22 febbraio 2023
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Non è certo se Piotr Il’ič Čajkovskij avrebbe compreso il senso dell’espressione ‘Esperienza globale’, ma ci intriga l’idea che avrebbe apprezzato ascoltare la sua Terza sinfonia (la Polacca) in una discoteca, suonata dall’Orchestra della Svizzera italiana (Osi) diretta da Markus Poschner e accompagnata dallo spettacolo di luci e video del lightning designer ticinese Marzio Picchetti (una volta spiegato al grande compositore russo morto quasi 130 anni fa il significato di ‘discoteca’, ‘lightining designer’ e soprattutto ‘video’). Certi, invece, del fatto che non avremo mai il suo parere, l’occasione è comunque ghiotta per vedere l’Osi in un ulteriore capitolo della sua ‘umanizzazione’, come da rassegna ‘be connected’ che l’ha vista e ancora la vedrà collocata in spazi diversi da quelli nei quali si è abituati vederla. Ultimo, il Vanilla di Riazzino, che il prossimo 14 marzo alle 20.30 la ospiterà per un evento almeno originale, chiamato appunto Osi@Vanilla. In programma è la suddetta Polacca, che due giorni più tardi risuonerà al Lac per ‘Tracce’, progetto che si propone di rileggere Čajkovskij in una nuova dimensione. A Riazzino, a completare la proposta, gli studenti del Conservatorio della Svizzera italiana (Csi) preparati da Francesco Bossaglia suoneranno anche il brano In C di Terry Riley, fulgido esempio di elettronica minimal.

«Già dopo la conferenza stampa dello scorso anno, quando questo particolare concerto è stato annunciato, abbiamo riscontrato tanta curiosità, a volte anche estrema, da parte dei nostri abbonati ma anche dal pubblico in genere, e dai giornalisti». Parole di Barbara Widmer, direttore artistico Osi ad interim, con la quale entriamo più nel merito.

Barbara Widmer: dall’annuncio di Osi@Vanilla, qualcuno ha storto il naso?

Sicuramente. Le perplessità non mi sono state espresse in modo diretto, ma sono sicura che ci siano. Quando si fanno operazioni di questo tipo è naturale, la gente può risultare incuriosita e scettica, ma fa parte del gioco.

Osi@Vanilla è un capitolo del ‘be-connected’, il vostro tentativo di ‘umanizzare’ l’orchestra. Quali risultati avete raccolto?

‘Umanizzare’ è il termine corretto ed è uno degli scopi principali dell’intera rassegna. Spesso si vede l’Orchestra della Svizzera italiana come un’entità lontanissima, sorta di mito inavvicinabile e irraggiungibile che, al contrario, non corrisponde alla realtà. Quando questo distacco avviene, è solo per una mancata conoscenza della materia. In questo senso, gli esperimenti più forti sono stati al momento quelli vissuti al Cpt di Trevano e alla Commercio di Bellinzona. Alcuni di quei ragazzi nemmeno sapevano dell’esistenza di un’orchestra, la partecipazione è stata forte e ha prodotto bellissime idee che porteremo nel futuro, collaborando anche con altre scuole. Potremmo dire di avere svolto, e di continuare a svolgere, uno dei nostri compiti, avvicinare all’Osi chi ha difficoltà nel rapportarsi con essa.

L’Osi al Vanilla, e così l’intera rassegna, è un tentativo di, cito testualmente, "abbattere le barriere". Quali sono le più insormontabili che riscontrate quotidianamente?

Si tratta di ostacoli anche banali, a partire da quel ‘tempio’ nel quale l’Osi si esibisce, la Sala Teatro del Lac, un luogo che per alcuni è di per sé un freno, un posto che provoca il timore di non sapere come vestirsi, l’idea di doversi presentare ‘chic’, un pregiudizio che non esiste: una volta vista la sala, si capisce che il pubblico è lì per una cosa soltanto, e cioè la musica. Sempre in queste dinamiche, alcuni studenti ci hanno fatto notare come gli orchestrali siano vestiti tutti in modo elegantissimo, e che forse una camicia sarebbe una soluzione più informale, meno seriosa. È vero che si tratta di piccolezze che allontanano, ma in questo caso fanno parte della nostra tradizione, e ogni tradizione ha i suoi cliché. È una barriera anche il fatto che non ci si possa muovere durante un’esecuzione, e che non si possa applaudire fino a quando essa sia conclusa. Per venire incontro a tutto questo imbarazzo percepito, stiamo uscendo dalla sacralità della sala da concerto, venendo incontro a chi sente l’esigenza di vivere l’orchestra in modo differente.

Quanto all’aspetto prettamente musicale?

Le giovani generazioni ascoltano musica lontanissima dalla musica classica, ma nasciamo tutti da lì, i cantanti, il pop, la musica elettronica, tutto viene dalla musica classica, da quella antica. Anche spiegare tutto questo è parte del nostro mandato, per non rischiare di ritrovarci tra 30-40 anni a non sapere nemmeno più quali siano le nostre origini musicali. Serve un piccolo sforzo, anche da parte nostra, serve uscire dagli schemi e mettersi a confronto con una realtà diversa da quella conosciuta da noi e dai singoli musicisti. Oggi più che mai, un impegno primario.

Altro materiale di discussione per i puristi: al Vanilla ci saranno luci e video…

Abbiamo scelto di uscire dalla sacralità della sala concerto per una discoteca, che non ha le peculiarità offerte dalla prima. Per sopperire a tutto ciò, abbiamo pensato di evidenziare i tratti salienti di una discoteca, quindi effetti luci e video, così da combinare due mondi apparentemente lontanissimi per creare una vera e propria esperienza. Musicalmente parlando, ci tengo a specificarlo, portiamo solo ciò che l’orchestra è in grado di fare, e cioè la nostra musica avvicinata ad altri aspetti visivi, per facilitare chi non è abituato ad ascoltare una sinfonia di Čajkovskij.

Tecnicamente parlando, quali sono le difficoltà per l’Osi nel calarsi in un contesto logistico di questo tipo?

Senz’altro l’aspetto acustico, uno dei più complessi insieme alla disposizione degli strumenti. Non abbiamo mai suonato al Vanilla, luogo con il quale prenderemo dimestichezza durante le prove. Sarà una bella sfida per il maestro Poschner e per l’orchestra tutta. Si tratterà di trovare gli equilibri, capire dove saremo collocati, ‘vivere’ la nuova posizione. Penso comunque che l’operazione potrà avere un buon successo.

Osi@Vanilla è non convenzionale già nel nome: il be-connected potrebbe chiamare qualcosa di altrettanto estremo? Magari un tour nelle discoteche?

Io sono sempre curiosa e aperta a tutto. È quanto la musica deve fare, è il suo dover essere accessibile e disponibile, a tutti e per tutti. Vediamo quel che uscirà dal Vanilla, perché progettare è possibile, così come inventarsi qualcosa di nuovo. Si può pensare tutto, ma nel giusto modo. Un tour nelle discoteche? Non mi sento di escludere nulla.


©OSI / K. Kikkas
Barbara Widmer