laR+ La recensione

Accorsi e Finzi Pasca, gioie e dolori del calcio

Sala Teatro piena, giovedì sera al Lac, per la prima luganese di ‘Azul’

Si replica venerdì 3, sabato 4 e domenica 5 febbraio
(Viviana Cangialosi)
4 febbraio 2023
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Dai discorsi captati nella hall e in sala prima che si spegnessero le luci, metà del pubblico era lì per Daniele Finzi Pasca e metà per Stefano Accorsi. Quasi nessuno, immaginiamo, era venuto a teatro per il trio di attori che ha fatto da controcanto ai monologhi di Accorsi; eppure Luciano Scarpa, Sasà Piedepalumbo (autore anche delle belle musiche originali) e Luigi Sigillo, lungi dall’essere semplici macchiette messe lì per far riprendere fiato ad Accorsi, si sono rivelati uno dei punti di forza di ‘Azul’.

Il titolo completo dello spettacolo è ‘Azul. Gioia, Furia, Fede y Eterno Amor’ e si tratta di una produzione del Nuovo Teatro di Marco Balsamo insieme alla Fondazione Teatro della Toscana – di cui Accorsi è direttore artistico – che, volendo fare uno spettacolo "sul calcio", si sono rivolti a Daniele Finzi Pasca per testo e regia. Abbiamo quindi l’incontro di due mondi diversi. Da una parte la tradizione italiana del teatro di prosa, e volendo anche del cinema, visto che Accorsi come attore nasce lì pur avendo un’esperienza teatrale di tutto rispetto. Dall’altra l’estetica onirica e giocosa di Finzi Pasca.

Come è andata? Per certi versi bene: per un paio d’ore ci ritroviamo immersi nell’improbabile racconto di un Pinocchio adulto ed emigrato in Sudamerica, dove è diventato un tifoso della squadra locale con il suo colore blu. "Azul", appunto. Il protagonista si porta dietro tutte le debolezze del Pinocchio di Collodi: quello per il calcio è un amore che non conosce limiti e anzi insegue gli eccessi, inclusa la violenza. Quella per il calcio non è una passione solitaria e infatti Pinocchio la condivide con tre amici – interpretati dai già citati Scarpa, Piedepalumbo e Sigillo – che richiamano altri personaggi della tradizione, tutti accomunati dal fatto di non essere nati da una madre: abbiamo Golem, soprannominato ovviamente "Gol", poi Adamo "perché negli scontri si rompe sempre le costole" e Frankie. Si fatica un po’ a orientarsi tra aneddoti e racconti, ma alla fine tutti i fili della storia sembrano riannodarsi.

Con questi personaggi tanto surreali quanto fragili, Daniele Finzi Pasca racconta cosa è il calcio. Non quello che avviene in campo e che coinvolge giocatori, allenatori e arbitri, ma quello vissuto sugli spalti, un’esperienza che viene portata in scena con tutte le emozioni coinvolte: gioia, rabbia, fede e amore, come vengono citate nel titolo. Ed è qui che incontriamo la prima difficoltà dello spettacolo: di questo racconto fanno parte sia la passione e la fratellanza tra tifosi, sia la violenza. Giustamente lo spettacolo non la nasconde, ma la racconta dal punto di vista dei tifosi. Con il rischio di normalizzare questa violenza, come avviene con i femminicidi raccontati dal punto di vista dell’uomo che aggredisce la partner, inserendo l’aggressione nella cornice dell’amore e della gelosia. In ‘Azul’ si evita questo eccesso, ma il tema rimane delicato e potrebbe essere opportuno rivedere alcuni passaggi del testo.

Tuttavia, e spiace dirlo, l’aspetto sul quale l’unione tra i due mondi non ha funzionato è l’attore protagonista. Stefano Accorsi è bravo ma, con l’eccezione del momento di dialogo con il pubblico, la sua recitazione è troppo impostata e istituzionale per una drammaturgia come quella di Finzi Pasca. Nei suoi spettacoli spesso Finzi Pasca impone agli attori di esprimersi in una seconda lingua; vedendo il bolognese Accorsi cimentarsi con un suo testo si capisce perché.

Chiudiamo con due belle cose di ‘Azul’: il finale con il suo scoppio di gioia e le scene, pulite ed eleganti, di Luigi Ferrigno che ben si integrano i video di Roberto Vitalini.

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