A Chiasso, il Cinema Teatro applaude a ogni cambio di scena Paolo ‘Driss’ Ruffini e Massimo ‘Filippo’ Ghini, nell’adattamento teatrale del film francese
"Mi sono messo al servizio di Philippe perché ero giovane e sprovveduto, perché volevo andare in giro su una bella macchina, viaggiare in prima classe, dormire nei castelli, pizzicare il sederino alle ragazze di buona famiglia e ridere dei loro gridolini soffocati. Ho capito che non potevo fregarlo quando mi ha insegnato a leggere. Non ero analfabeta, ma lui mi ha spinto a leggere ‘bene’ dandomi in mano ‘La peste di Camus’". Sono parole di Abdel Sellou (tratte dal suo libro ‘Mi hai cambiato la vita’, Salani), il vero protagonista di ‘Quasi amici’, celebre film francese del 2011 campione d’incassi in mezzo mondo e soffocato da premi & riconoscimenti internazionali.
Cambiamo location ed eccoci al Cinema Teatro di Chiasso (sabato sera vicino al sold out): in sala cala il buio quando si diffondono dapprima note alquanto aggressive (Tchaikovsky?) che anticipano di un buon secolo quelle taglienti di Bernhard Hermann (do you remember ‘Psycho’?); poi ecco quelle più suadenti di ‘Fly’, col pianoforte di Ludovico Einaudi. È una chiave di lettura musicale che anticipa quello cui stiamo per assistere: il rozzo, incolto eppur sensibile Driss – sin lì, dentro e fuori di galera dopo un’infanzia difficile – incontra il ricchissimo Filippo, tetraplegico che vive di arte e cultura ed è in grado di citare a memoria Shakespeare ("La vita non è che un’ombra che cammina", Macbeth, Atto V). Driss vorrebbe da Filippo solo una firma su un formulario che gli permetta di continuare a percepire l’assegno di disoccupazione, ma i modi diretti e sin troppo espliciti di Driss colpiscono l’uomo costretto su un letto o, quando va bene, su una sedia a rotelle.
"È l’unico che mi tratta come se fossi… normale e questo mi fa star molto bene!", esclama Filippo per rispondere alle perplessità di parenti e amici quando vengono a sapere che Driss è diventato il suo badante e che verrà a vivere sotto lo stesso suo tetto. Quest’ultimo, appena messo piede nel castello di Filippo, dapprima mette sott’occhio quanto c’è da rubare (in particolare un uovo di Fabergé…) e in seguito viene distratto solo dalle grazie di Yvonne, bella esponente del personale al servizio h/24 del ‘povero’ Filippo. La complicità tra i due sboccia come un fiore a primavera: Filippo spiega a Driss che l’arte figurativa astratta non deve riprodurre la realtà, bensì aprire l’immaginazione dello spettatore e subito il badante scarabocchia tre simil geroglifici arricchiti da un’estemporanea macchia rossa. Una tela che Filippo, grazie alle sue conoscenze altolocate, riesce a piazzare a 11mila euro: episodio dietro il quale è più che lecito leggere una denuncia al mercato dell’arte e alle sue folli derive.
La pièce vista a Chiasso, acclamata dal pubblico con grandi applausi praticamente a ogni cambio di scena, ricalca quasi pedissequamente il film originale: fatte salve le forzate restrizioni del palcoscenico, ci sono sia le sparate in auto a duecento all’ora su una fuoriserie, sia addirittura un volo sul parapendio, l’hobby che costò a Filippo la rottura di qualche vertebra dopo un atterraggio finito male. Driss, nel film il senegalese Omar Sy, diventa il toscanaccio Paolo Ruffini, il quale porta in scena quella sua verve da livornese DOC che durante l’assegnazione del David di Donatello lo portò qualche anno fa a definire Sophia Loren "Bella topa!" (e la Rai non la prese molto bene). Lupo che non perde il pelo, sarà proprio Driss a spingere Filippo a superare ogni remora e ad accettare le avances dell’elegantissima Eleonora, pronta a dimenticare il grave handicap di quel suo corrispondente epistolare con cui è da mesi in contatto e che finalmente Filippo si decide a incontrare. Costretto a recitare solo con la voce, Massimo Ghini ci è sembrato la spalla ideale per l’esuberante Ruffini. E i convinti quanto prolungati applausi della platea chiassese ci hanno dato ragione.