Venezia 79

Nella Laguna, i contrasti di ‘Monica’ e gli altri

Oggi alla Mostra, tanti i film passati in Concorso ‘Love Life’, ‘The Banshees of Inisherin’, ‘All the Beauty and the Bloodshed’ e ‘In viaggio’

Da sinistra: Patricia Clarkson, il regista Andrea Pallaoro e Trace Lysette
5 settembre 2022
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In una giornata (la sesta) di caldo sole che ha riempito le spiagge del Lido è passato tra i contrasti un film importante come ‘Monica’ del trentino ormai naturalizzato negli Stati Uniti Andrea Pallaoro. La Monica del titolo è un transessuale che ritorna alla casa natia per stare vicino alla madre gravemente malata. Era partito bambino e ora si ritrova donna innamorata ma abbandonata, vogliosa di far sesso, e per questo capace di frequentare amanti fortuiti. Soprattutto in contatto con i luoghi natii, sente il peso di appartenere a un dimenticato Heimat che lentamente si riappropria di lei, ora capace di riaffrontare la madre, di ricominciare una vita nuova senza perdere l’originalità acquisita. Ben girato, il film si avvale della preziosa interpretazione di Trace Lysette, 34 anni, attrice e attivista transgender.

Di ritorni, sempre in Concorso, parla ‘Love Life’ di Kôji Fukada, un film omaggio a Éric Rohmer, ma soprattutto, secondo noi, all’opera del grande Víctor Erice, capace di girare solo tre lungometraggi nella sua carriera. Il film di Kôji Fukada pone lo spettatore a livello dello sguardo del regista, costringendolo a rigirare continuamente nella sua mente le immagini che passano sullo schermo senza mai fermarsi. Un film sull’amore, la morte, l’handicap e la stupidità del pietismo verso l’handicappato. Un film duro in cui nessuno può scagliare la prima pietra; un film che costringe la morte di un bambino a essere la scoperta di una vita che esiste anche senza di lui. Un film crudele, eppure nella sua incapacità di emozionare regala il peso di provare sentimenti, anche sbagliati, ma sempre sinceri, frutti di un io esagerato incapace di diventare un noi. Certo un film lungo, troppo, ma bisognoso della sua lunghezza talvolta noiosa: non è il nostro quotidiano spesso noioso?

Non convince invece pur nell’ottima sua fattura, nella splendida recitazione di Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, nei bei costumi sempre puliti, nella musica ben confezionata, nell’idea di essere pronto per gli Oscar, ‘The Banshees of Inisherin’ del già premio Oscar Martin McDonagh. Il fatto è che il film resta piatto nel suo dire di due amici che litigano trasformando il loro litigio in qualcosa di più complicato da registrare. Manca proprio quello che John Ford chiamava la polvere di un deserto, di un luogo; quella che dà verità al Cinema. Naturalmente ci sono stati gli applausi e le urla dei fan per Colin Farrell, ma niente smuove un’emozione su un film monumento a se stesso. A proposito, i Banshees del titolo sono i fantasmi urlanti che annunciano la morte nell’isola di Inisherin: la più piccola per dimensione delle tre isole Aran, nella baia di Galway (in Irlanda), vicino ai luoghi dove proprio John Ford, con splendidi risultati, aveva girato ‘The Quiet Man’, quel film fu presentato in Concorso alla 13esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (1952).

Ancora in competizione ‘All the Beauty and the Bloodshed’, docufiction firmata da Laura Poitras che racconta la storia epica ed emozionante dell’artista e attivista di fama internazionale Nan Goldin e della sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler (proprietaria di Purdue Pharma, produttrice di OxyContin), per le morti di overdose da farmaco. Un film che, tra celebrazione dell’egoismo della protagonista e del suo encomiabile impegno civile, riesce a far capire il nostro essere spettatori imbecilli, che diventiamo complici di pubblicità di aziende che seminano morte nel mondo.

Non è un caso che a sottolineare questo impegno sia arrivato il documentario di Gianfranco Rosi ‘In viaggio’, dedicato ai viaggi compiuti da Papa Francesco e alle sue omelie sempre attente ai diseredati del mondo, all’ambiente e alla pace. In fondo è stato l’unico uomo a sfidare Erdogan e i signori della guerra, i commercianti di armi. Sottolineando la sua disperazione nell’aver perso i creatori della pace trasformati in paladini dell’Ucraina. Inutile allora citare Gandhi e Martin Luther King, loro sì, veri e indimenticabili paladini della pace, pacifisti veri, non di salotto. Certi film ti spingono al muro a piangere per questa pochezza umana che dimostriamo magari con un ‘mi piace’, senza profondità intelligente.

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