La cantante jazz si esibirà domani sera alle 20.30 al Teatro del Gatto di Ascona
È una delle star del jazz vocale contemporaneo, Cyrille Aimée. Pluripremiata, ricercata dai media, amata dal pubblico per la sua indomabile vitalità, il suo talento vocale, il modo di porsi sul palcoscenico e i suoi gusti musicali eclettici, che spaziano dal jazz manouche, alla canzone francese, dal latin al pop. Si esibisce domani sera, lunedì, alle 20.30 al Teatro del Gatto di Ascona (biglietti in prevendita su www.jazzcatclub.ch o allo 078 733 66 12), ultimo appuntamento stagionale del Jazz Cat Club.
Dopo tre rinvii finalmente ad Ascona! Come sta procedendo la tournée europea?
Sta andando alla grande! Tornare sul palcoscenico è come sentirsi a casa. Mi mancava il pubblico!
Ad Ascona suonerai con il pianista di New Orleans David Torkanowsky e Lex Warshawsky al basso. Che cosa ci canterai?
Un po’ di tutto, in varie lingue, francese, spagnolo e inglese. Di solito scelgo canzoni di cui sono innamorata al momento e altre tratte dai miei album precedenti.
Uno dei tuoi grandi amori è il jazz manouche.
Sì, sono cresciuta a Samois sur Seine, villaggio dove ogni estate si svolge un festival dedicato a Django Reinhardt e dove Django è anche sepolto. È lì che da bambina ho scoperto il jazz manouche ed è lì che ho fatto amicizia con gli zingari. È così che mi sono innamorata della loro musica, della loro cultura, della loro filosofia.
Da adolescente hai iniziato a cantare nei caffè e nei club parigini, poi ti hanno notato quelli della TV e dovevi partecipare a Star Academy, ma tu hai mollato tutto. Che cosa è successo?
Ero troppo innamorata del jazz e non mi avrebbero lasciato cantare quello che volevo. Tutto qua. Quando leggendo il contratto ho capito che mi avrebbero imposto il repertorio mi sono defilata. È stata una saggia decisione!
Come mai hai poi scelto di trasferirti a New York City? Nella Big Apple hai trovato quello che cercavi?
Prima di andare negli Stati Uniti, dopo l’università, sono andata a vivere nella Repubblica Dominicana, luogo di origine di mia mamma. Lì conoscevo un pianista che mi ha ospitata. Per un anno e mezzo ho tenuto fino a otto concerti a settimana. Ero l’unica cantante jazz dell’isola, del resto! Ma presto ho sentito il bisogno di imparare, di incontrare più persone nel mondo della musica, saperne di più sulle origini del jazz, così sono andata a New York. Mi sono iscritta alla Suny Purchase University, che dura quattro anni, e alla fine sono rimasta.
Origini francesi, madre dominicana, oggi residente negli Usa. Sarà per questo che nella tua musica si ritrovano mille influenze, dal jazz manouche alla canzone francese, dalla musica latina alla pop? Tu come ti definisci come artista?
Cerco di vivere il momento presente. Questo è il mio lavoro più grande. Stare nel presente e sfidare sempre me stessa. In questo modo la mia voce e la mia musica rimangono fresche e non smetto di imparare.
Nicolas Gilliet, il direttore artistico del Jazz Cat, racconta di una tua sbalorditiva capacità di dominare la scena e improvvisare facendo ampio uso dello scat…
Diciamo che quando ero giovane e ascoltavo Django 24 ore al giorno ho iniziato memorizzando i suoi assoli e quelli di Grappelli. Poi mi è stato offerto un cofanetto di quattro Cd di Ella Fitzgerald: ho imparato ogni nota a memoria! Mi sono innamorata del suo scat, che per me rimane il migliore. Volevo fare la stessa cosa, ma avevo bisogno di tecnica e ovviamente all’inizio è stato un disastro! Così ho iniziato a lavorarci su, soprattutto quando ero alla Purchase University. Ma ho capito che il 90% del lavoro consiste nel ritrovare il senso del divertimento. E soprattutto, non rimanere bloccati nella mente.