Il direttore artistico Carmelo Rifici ha presentato lo spettacolo che debutterà il 7 marzo: il romanzo di Laclos interpretato alla luce di René Girard
Un romanzo epistolare per raccontare la violenza perpetuata attraverso la potenza del linguaggio. Non solo, uno spettacolo che va a sondare i meccanismi umani che portano all’annientamento reciproco, in uno sfondo, quello della Parigi del ’700, dove la crudeltà del controllo è alla base delle relazioni. In gioco, non tanto, non solo, una trama di erotismo e morte ma una lucida teoria sul pensiero occidentale che trova confermate le sue radici nel secolo dei lumi.
Un lupo troneggia potente e misterioso (è l’immagine del manifesto dello spettacolo) nella sala della conferenza stampa per la presentazione dell’ultima produzione del Lac: ‘Le relazioni pericolose’, nuova creazione del direttore artistico Carmelo Rifici che ne cura la regia e condivide la cura drammaturgica con Livia Rossi, già sua allieva alla Scuola di teatro ‘Luca Ronconi’ del Piccolo. L’idea di un riadattamento dell’opera di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos – che molti conoscono grazie alla versione cinematografica di Stephen Frears del 1988 – è nata nel regista alla luce di un trattato di René Girard, ‘Portando Clausewitz all’estremo’.
In quel saggio il generale Clausewitz (che come il generale Laclos guarda al mondo con occhio di stratega militare) espone la sua teoria: l’essenza della guerra non è l’annientamento del nemico, ma il costringerlo a piegarsi alla propria volontà, al proprio controllo. L’impiego della violenza è condizione assoluta: finché non abbattiamo l’avversario dobbiamo noi stessi temere di essere abbattuti. Siamo quindi sotto il controllo dell’altro, che ci impone la legge, come noi cerchiamo di fare con lui. Ne risulta un’azione reciproca (e qui Rifici riconosce lo stilema su cui si basano ‘Le relazioni pericolose di Laclos’) che porta gli individui ad assomigliarsi sempre di più. E quando questa somiglianza raggiunge un punto di non ritorno il conflitto si scatena.
Sembra in effetti una parafrasi militare di quanto accade tra la Marchesa de Merteuil (nobile e libertina, ma ferita) e il Visconte di Valmont (suo ex amante e noto seduttore senza scrupoli), in quella relazione che da complicità si trasforma in battaglia.
L’intento di Carmelo Rifici è far affiorare la violenza e il potenziale bellico delle lettere: più che il profilo psicologico dei personaggi cerca di far emergere le ideologie che li sottendono, ideologie che hanno – poi – suggerito ai drammaturghi l’incontro con gli autori e i filosofi da cui il lavoro deriva l’ispirazione. La lista è ghiotta, e si va dal genio di Antonin Artaud che vede nelle lettere (come genere) l’unico vero passaggio dei fantasmi, a Simone Weil che ispira la riscrittura (e redenzione) della casta e ritrosa Madame De Tourvel, e poi le lettere di Hofmannsthal che spiegano il ritorno alla terra del personaggio di Danceny: "La parola è menzogna bisogna guardare alla terra" dirà.
Un viaggio insomma, all’interno del mondo delle lettere che darà possibilità all’autore di mostrarsi sempre di più.
Lo spettacolo è un progetto di ricerca che affonda le sue radici in ‘Lingua Madre’ (Premio Speciale Ubu e Premio Hystrio Digital Stage per il 2021), dove Rifici e Paola Tripoli insieme a una vasta équipe di artisti e ricercatori già avevano affrontato e sviscerato temi quali la potenza del linguaggio, la centralità del corpo, la necessità dei riti collettivi, temi ai quali siamo peraltro stati sottoposti dalle circostanze degli ultimi due anni di pandemia.
Perché scegliere proprio questo testo? Perché, per Rifici, "l’epoca in cui si svolge è quella in cui assistiamo all’affiorare di paradigmi nuovi, che scombinano il cielo e cambiano la visione del mondo. L’uomo inizia a fare a meno di Dio e della spiritualità, ciò che rimane è la lucidità e un’analisi precisa, matematica. Ma utilizzando la ragione e la lucidità si perde qualcosa, l’analisi non può dialogare con il sensibile, l’indicibile e il misterioso".
‘Le relazioni pericolose’ racconta il gioco di vanità e potere in cui la nobile e libertina Marchesa de Merteuil, abbandonata dall’amante Gercourt, decide di vendicarsi. Siamo a Parigi, alle soglie della Rivoluzione. Per attuare il suo piano conquista la complicità del Visconte di Valmont che senza scrupoli accetta la sfida e dopo aver sedotto Madame de Tourvel passa alla giovane e ingenua, fresca di collegio, Cécile de Volanges, promessa a Gercourt ma innamorata di Danceny. Le 175 lettere che compongono il romanzo di Laclos disegnano questa rete diabolica.
Nello spettacolo che vedremo in scena a inizio marzo c’è la guerra alla base di tutto. Carmelo Rifici evoca "quella guerra antica che già fu tra Agamennone e Clitennestra, tra le potenze della terra e la lucidità del pensiero. Una guerra che esiste da sempre, che vive minacciosa sopra di noi ancora oggi".
Le lettere saranno le vere protagoniste anche della rivisitazione, poiché rappresentano per il regista la potenza del linguaggio. Un linguaggio scritto che a differenza di quello parlato si può continuamente correggere e per questo vittima di quel controllo che è anche una forma pericolosa di relazione. Chi soccomberà a questo controllo sarà la fragilità del corpo e infatti i protagonisti della pièce cederanno alle proprie passioni continuamente, in un processo di autodistruzione a catena. Un lavoro anche molto visivo, in scena quell’affascinante tecnologia arcaica (le lavagne luminose, già viste in ‘Analisi logica’ di Fabio Condemi e prima ancora nella sua ‘Filosofia nel boudoir’, un fonografo, dei vinili) e data la centralità del duello un impianto da scherma, raccontato attraverso la danza contemporanea.
Ma torniamo al presente, a una conferenza stampa che occorre dirlo permette di vedere finalmente i sorrisi per un futuro che sembra aprirsi a nuove possibilità.
Lo spettacolo debutterà lunedì 7 marzo alle 20.30, con replica martedì e mercoledì alla stessa ora. In scena attori dalla consolidata esperienza come Elena Ghiaurov, Monica Piseddu ed Edoardo Ribatto accanto ai giovani Flavio Capuzzo Dolcetta, Federica Furlani e Livia Rossi.