Spettacoli

A Soletta il cinema riscopre il mondo del lavoro

Il nuovo sguardo sulla realtà che ci circonda del documentario svizzero alle Giornate del cinema svizzero

À ciel ouvert
25 gennaio 2022
|

A Soletta il cinema non è fatto soltanto della stessa sostanza dei sogni, ma affonda le sue mani anche nelle contraddizioni del reale. Il lavoro, un tema che da anni sembrava un po’ trascurato dalla nostra cinematografia, è tornato prepotentemente al centro dell’attenzione dei documentaristi di questo Paese. E non stiamo parlando del mestiere di contadino, di cui abbondano rappresentazioni cinematografiche, a volte un po’ edulcorate, ma delle professioni che abbiamo imparato finalmente a definire come essenziali. La pandemia, la crisi ambientale, la trasformazione digitale, la precarietà e l’insicurezza hanno contribuito a questo rinnovato amore tra settima arte e lavoro.

Il cantiere come teatro

Sono una decina i titoli in programma dedicati al lavoro, ma sono due a meritare più di altri la nostra attenzione. ‘À ciel ouvert’, realizzato dal regista Charlie Petersmann e in concorso per il Prix de Soleure, ci porta nei bassifondi di un grande cantiere romando e ci mostra la realtà degli edili. Sono tutti migranti, molti sono qui in Svizzera di passaggio, alcuni non riescono a mettere radici, mentre altri sembrano aver trovato la strada giusta. La loro mascolinità, a dispetto degli stereotipi, è sinonimo di fragilità. Per alcuni il mestiere è una vocazione, per altri una necessità, un compromesso con la vita. D’altronde, come dice uno dei protagonisti, loro sono stati più fortunati di altri. Il mondo fuori dal cantiere sembra indifferente rispetto ai loro destini, a volte appare proprio ostile.

Anche se stiamo parlando di una delle categorie più forti dal punto di vista sindacale, questi uomini, per una ragione o per l’altra, faticano quasi tutti a godere del benessere che contribuiscono a produrre perché la pigione e le altre spese rosicchiano l’agognato e meritato salario. L’isolamento sociale fa il resto. Il cantiere di ‘À ciel ouvert’ è un teatro e noi spettatori siamo chiamati ad assistere alla rappresentazione che si svolge al suo interno. Le storie, i sorrisi, l’umanità dei protagonisti ci entrano nel profondo, ma restiamo anche affascinanti, come degli instancabili umarell, dal puro spettacolo dei corpi e delle macchine in movimento, dalla materia che si trasforma, dalle colate di cemento, dalle sinfonie meccaniche e tanto altro. Dentro il cantiere sentiamo ancora l’odore, in parte rassicurante e in parte no, del Novecento.

Lavoro nero

In ‘À ciel ouvert’ si parla poco di contratti e di abusi. In una breve scena vediamo un sindacalista, ma il regista non entra più di quel tanto in materia. A lui interessa sottolineare la separazione tra il dentro (il cantiere) e il fuori (la società) e il sindacalista appare qui come un tramite, forse l’unico, tra questi uomini e il contesto sociale che li circonda. In ‘Schwarzarbeit’ invece, documentario presentato nella sezione Panorama, gli abusi sono al centro della rappresentazione. Nel film di Ulrich Grossenbacher vediamo infatti quattro ispettori e una ispettrice del lavoro del Canton Berna alle prese con un compito difficilissimo: lottare contro sfruttamento e dumping salariale. Cantieri, ristoranti, piccoli supermercati, esercizi commerciali, persino case: il lavoro nero e le irregolarità sono ovunque.

Grossenbacher non si limita all’inchiesta, ma ci fa entrare nella testa dei suoi protagonisti: gli ispettori sanno che la loro professione è fondamentale, ma nel momento in cui si trovano di fronte a un lavoratore migrante in nero, magari senza permesso di soggiorno, sono consapevoli di avere a che fare con una vittima che pagherà più del datore di lavoro per l’infrazione commessa. In una delle scene più forti del film, due ispettori scoprono su un cantiere un muratore macedone senza contratto e senza permesso. Uno dei due ispettori fa di tutto per cercare di non chiamare la polizia, ma alla fine, a malincuore, è costretto a farlo. Accanto al quotidiano degli ispettori, il regista sceglie anche di rappresentare la lotta di Corrado Pardini, ex parlamentare e sindacalista, contro il tentativo di indebolire le protezioni salariali elvetiche nell’ambito delle trattative per l’accordo quadro con l’Unione Europea. Come sappiamo la questione è ancora aperta, ma l’attività degli ispettori del lavoro va avanti senza sosta.