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L’Osi, Kowalski e la musica dalla Polonia bigotta

Primo concerto della stagione in Auditorio dell’Orchestra della Svizzera italiana. Alla guida dell’Osi, il Konzertmeister Robert Kowalski

Robert Kowalski, Konzertmeister dell’Osi
(OSI /Filippo Fratoni)
16 gennaio 2022
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Gli eccellenti archi dell’Orchestra della Svizzera italiana sono tornati davanti al pubblico raffinato dell’Auditorio Stelio Molo, nonostante la pandemia in corso. Solo due terzi della sala erano occupati: parecchie dunque le assenze fra i fedelissimi di questi concerti. Sul palco ben distanziati tra loro ho contato ventotto strumentisti, ma degli interpreti dell’Ottetto indicati sul programma di sala qualcuno intanto era venuto a mancare. Esecutori e ascoltatori portavano le mascherine antivirus con rigore e il concerto si è svolto senza pausa.

Robert Kowalski, Konzertmeister della nostra Orchestra e violinista del Quartetto Szymanowskj, oltre al compito di direttore e solista ha avuto anche quello di scegliere il programma del concerto: ha colto l’occasione per far conoscere al nostro pubblico due compositori del Novecento con retroterra di violinisti e legati al suo Paese, la Polonia.

Grazyna Bacewicz (1909-1969), considerata la più importante compositrice polacca, si forma al Conservatorio di Varsavia, poi a Parigi, dove segue i corsi di composizione di Nadia Boulanger. È attiva in Polonia come violinista e insegnante di conservatorio, ciononostante la sua produzione come compositrice è imponente: il catalogo delle sue opere conta un centinaio di numeri, ma almeno altrettante opere sono fuori catalogo. Kowalski ha scelto il suo Concerto per orchestra d’archi del 1948, che è suddiviso in tre tempi classici, Allegro, Andante, Vivo e mostra un impiego esperto di tutti gli strumenti.

Assai diversa la biografia dell’altro compositore, Mieczyslaw Weinberg (1919-1996). Nasce a Varsavia da una famiglia ebrea di origine moldava, e il padre violinista favorisce la sua educazione musicale. Si diploma al Conservatorio nel 1939, quando lo scoppio della guerra lo costringe a fuggire verso est, prima Minsk poi a Taskent. Conosce Sostakovič, che diventa suo mentore e suo protettore. Come compositore sovietico subisce le dovute angherie delle autorità politiche, ma alla fine trionfa e nel 1980 riceve il titolo di Artista del Popolo. Merita di essere ricordato ai cinefili che sua è la colonna sonora del film “Quando volano le cicogne” apparso nel 1957. Kowalski ha scelto di lui una “Rapsodia su temi moldavi” per violino e orchestra d’archi del 1949. Una musica intrigante, che mi ha ricordato i personaggi dei quadri di Chagall.

Il concerto si era aperto con il botto: Due pezzi per ottetto d’archi (Prélude e Scherzo) op. 11 di Dmitrij Sostakovič. Un brano complesso e bellissimo, composto nel 1925, quando il musicista ha 19 anni e non teme ancora Stalin e tutte le censure di un regime dittatoriale. È stato eseguito in modo stupendo da otto strumentisti bravissimi, forse commossi di ritrovare il pubblico davanti.

Anche il secondo brano in programma è stato composto da un diciannovenne, ma un secolo prima. Il Rondò per violino e orchestra d’archi D 438 di Franz Schubert è del 1816: “Un’oasi di felicità melodica proveniente da un mondo romantico, cancellato dagli orrori delle guerre di cui sono stati testimoni i compositori polacchi e sovietici scelti da Kowalski” ha scritto Giovanni Gavazzeni sul programma di sala.

Guardiamo le date e i luoghi: il 1948 e il 1949, quando il terrore di Hitler è scomparso, ma quello di Stalin è all’apice. Bacewicz è a Varsavia, Weinberg è a Mosca sotto la protezione di Sostakovič, che sta lavorando al suo Quartetto op. 83, fatto di tre Allegretti e di un Andantino: un’oasi di dolcezza apparente. È difficile capire il rapporto dei compositori con il regime totalitario, che conculca la loro creatività. Nel giudicare le loro opere si è talvolta tentati di usare il termine neoclassicismo per quello che, più schiettamente, si dovrebbe chiamare bigottismo.