Il regista rumeno presenta il suo documentario ‘Colectiv’, seguendo il lavoro dei giornalisti che hanno denunciato i problemi del sistema sanitario
Un concerto di un gruppo metal, un gioco pirotecnico durante una delle canzoni, il rivestimento del palco che prende fuoco, il nightclub senza uscite di sicurezza. Parte da qui ‘Colectiv’ di Alexander Nanau che il Film festival diritti umani Lugano proietterà, con ospite il regista rumeno, stasera alle 20.45 al Cinema Corso.
64 le vittime di questo incendio scoppiato il 30 ottobre 2015 in un locale di Bucarest autorizzato ad aprire nonostante il mancato rispetto delle norme di sicurezza grazie a tangenti. Un trauma nazionale che ha portato a proteste e manifestazioni contro la corruzione delle autorità, un apparente momento di rinascita che il regista ha deciso di seguire, senza immaginare dove sarebbe arrivato. Delle 64 vittime dell’incendio, 26 sono morte nel locale e 38 in ospedale, inclusi molti le cui ustioni non erano apparentemente così gravi. Eppure le autorità hanno garantito che la qualità delle cure era paragonabile a quella che avrebbero ricevuto in Germania.
Come è possibile che così tante persone muoiano in ospedale? A denunciarlo è un giornalista sportivo, Cătălin Tolontan, che sulla ‘Gazeta Sporturilor’ fa scoppiare il caso: a uccidere quelle persone è un’infezione, un batterio presente nelle strutture sanitarie rumene perché il principale fornitore di disinfettanti diluisce i propri prodotti.
Nanau contatta Tolontan e riesce a ottenere la sua fiducia, ad affiancarlo con la cinepresa nel delicato lavoro di indagine giornalistica sulla corruzione che non riguarda solo un’azienda farmaceutica, ma tutto il sistema sanitario rumeno, dagli ospedali alle strutture di vigilanza alle scuole che formano i futuri manager sanitari. Un nuovo ministro della Sanità, Vlad Voiculescu, prova a cambiare le cose: filantropo, attivista per i diritti dei pazienti, esperto di finanza, Voiculescu accetta di incontrare Nanau e i due arrivano a un accordo ancora più eccezionale di quello trovato con Tolontan: il regista avrebbe partecipato alle riunioni del ministro, filmato e registrato tutto.
‘Colectiv’ viene presentato come un documentario sull’importanza del giornalismo investigativo ed è certamente anche questo: senza il lavoro di Tolontan il livello della corruzione sistematica non sarebbe emerso in tutta la sua tragicità. Lo stesso giornalista, durante un dibattito televisivo in cui viene accusato di aver spinto al suicidio il manager dell’azienda farmaceutica corrotta e aver scatenato il panico nella popolazione, espone la sua idea di giornalismo: “Dare alle persone una maggiore conoscenza dei poteri che danno forma alle nostre vite”.
Tuttavia il film è molto altro e il punto centrale è probabilmente la fiducia: quella che Nanau ha ottenuto da Tolontan, da Voiculescu e anche da Tedy Ursuleanu, sopravvissuta all’incendio che vediamo affrontare e superare il proprio trauma, una fiducia che gli ha permesso di realizzare un documentario diretto, senza far ricorso a interviste o voci fuori campo. E la fiducia da parte della popolazione che le autorità rumene non riescono a ottenere, nonostante i tentativi del nuovo ministro della Sanità improntati alla massima trasparenza. Una sfiducia che non porta alla ribellione, ma al disinteresse per la politica e all’avvento del populismo, come si scopre in un finale fin troppo amaro.
Spesso si dice che la corruzione è un “crimine senza vittime”: un altro merito di ‘Colectiv’ è quello di dare voce a queste vittime.
Nel programma del festival è previsto anche un altro incontro dedicato al giornalismo, partendo dalla violenza online di cui sono vittime le giornaliste. Dopo la proiezione (gratuita), alle 15.30 allo Studio Foce, di ‘A Dark Place’ di Javier Luque Martinez, in collaborazione con il Dipartimento federale degli affari esteri, si terrà un dibattito sulla libertà dei giornalisti di fronte alle nuove tecnologie con ospiti, oltre al regista, la responsabile Diplomazia dei diritti umani del Dfae Jenny Piaget, lo specialista dei media Andrea Frattolillo, la presidente dell’Associazione GiULiA giornaliste Silvia Garambois e il vicepresidente del Consiglio svizzero della stampa Annik Dubied.