Spettacoli

A Vision du réel l’umanità sperduta di Ostrov

Al festival di Nyon il documentario di Laurent Stoop e Svetlana Rodina su un’isola abbandonata a sé stessa nel Mar Caspio

16 aprile 2021
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“Vuoi fare un giro in barca con me? Guarda che se ci becca la guardia costiera siamo fregati”. È sulla piccola imbarcazione di Ivan, pescatore nel Mar Caspio, che inizia ‘Ostrov’, documentario scritto e diretto da Laurent Stoop e Svetlana Rodina, una delle due produzioni svizzere nel concorso internazionale del festival Vision du réel di Nyon, online su www.visionsdureel.ch.

Curioso come entrambi i film – l’altro era ‘The Bubble’ di Valerie Blankenbyl di cui abbiamo scritto ieri – parlino, seppur da prospettive diverse, di isolamento: là un gigantesco complesso residenziale per ricchi pensionati in Florida, qui una sperduta isola russa. Non è sempre stato così: fino agli anni Ottanta Ostrov – letteralmente “l’isola” – ospitava una ricca e numerosa comunità di pescatori di storioni e disponeva di tutte le infrastrutture necessarie per una vita agevole. Poi l’Unione sovietica è crollata e Ostrov è rimasta abbandonata a sé stessa, arrivando a una piccola comunità di una cinquantina di persone senza elettricità, senza strade, senza strutture sanitarie, che vive di quel che riesce a pescare. Clandestinamente, perché la licenza di pesca è impossibile da ottenere e periodicamente arrivano dei soldati a tagliare le reti da pesca. Lo scenario è da film post-apocalittico, e a suo modo lo è.

Tutto è nato – si legge nelle note di regia – da una fotografia che ha colpito Svetlana Rodina, regista russa da qualche tempo emigrata in Svizzera: mostrava le rovine di un’imponente costruzione, la Casa della cultura sovietica di Ostrov distrutta da un incendio doloso negli anni Novanta. Ad aver stupito Laurent Stoop, invece, è come sia cambiata la Russia, come le energie democratiche degli anni Novanta abbiano lasciato il posto al nazionalismo e a sentimenti antioccidentali. E, osserva Stoop, per comprendere l’isolamento della Russia di oggi, cosa di meglio di una piccola comunità isolata dai tempi della caduta dell’Unione sovietica? I due registi hanno trascorso quasi due anni con Ivan e gli altri abitanti di Ostrov e nei novanta minuti del documentario si percepisce il grande lavoro che hanno fatto, per avvicinarsi a quello strano mondo e per raccontarlo senza cedere a sentimentalismi o moralismi (basti citare la dignità con cui hanno riportato la morte dell’anziano capofamiglia), mostrando senza giudizi la diffidenza verso le autorità corrotte e lontane che si salda con la profonda ammirazione per Putin, nel quale vengono riposte le speranze di ritrovare una grandezza perduta. Sembra paradossale, raccontare qualcosa di universale partendo da un’isola sperduta nel Mar Caspio, ma i due registi vi riescono e il loro documentario merita una visione.


Non ci sono più i mammut di una volta

Sempre nel concorso internazionale di Vision du réel troviamo ‘Holgut’ della belga Liesbeth De Ceulaer che ci porta in una tundra colpita dal riscaldamento globale. Qui lo scioglimento del permafrost porta a due fenomeni curiosamente intrecciati: da una parte la scomparsa della renna selvatica, animale simbolo di questo ecosistema e ora creatura quasi mitica oggetto dei racconti degli anziani; dall’altra l’emergere, dalla terra non più congelata, di resti dei mammut. Ossa, perlopiù, ma con un po’ di fortuna anche qualche pezzo di pelle o di carne, magari con il sangue ancora congelato: materiale prezioso per tentare la clonazione, per riportare in vita una specie estinta, quasi un modo per tornare indietro nel tempo.

Con questo materiale Liesbeth De Ceulaer realizza un documentario che corteggia la fantascienza di Kubrick e Tarkovski, seguendo i sogni di un giovane della comunità jakuta, sospeso tra una tradizione, quella della caccia alle renne selvatiche, che scompare e il ricomparire delle vestigia di un passato estinto. Il tema è intrigante per le prospettive che apre, ma alla fine tutto viene risolto con belle immagini della tundra siberiana che – sarà anche colpa del non poterle vedere in una sala cinematografica – non bastano a farne un film memorabile.

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