Alla Sala Multiuso di Paradiso, sabato 19 settembre alle 20, la poesia senza parola di un duo che non è solo comico. L’intervista.
Il pubblico del Teatro Dimitri li ha già applauditi lo scorso 14 agosto. Da Verscio alla Sala multiuso di Paradiso (sabato 19 settembre alle 20, iscrizione obbligatoria scrivendo a ilmosaico.cers@gmail.com) i chilometri non sono troppi e Olli Hauenstein ed Eric Gadient, attore con la Sindrome di Down, portano un po’ più a sud una delle ormai 150 tappe di ‘Clown Syndrom’, spettacolo che mette in discussione luoghi comuni e gerarchie prestabilite tra i molti ‘noi’ e ‘loro’ del nostro vivere insieme. Hauenstein – comico, attore, clown, regista per Circus Knie, Circus Roncalli e Cirque du Soleil – conosce Gadient vent’anni fa a Sommeri nel Canton Turgovia, quando l’istituto per persone diversamente abili del quale Eric fa parte chiede a Olli di organizzare uno spettacolo che coinvolga tutti gli appartenenti alla struttura. Lo spettacolo ha successo e a Olli viene chiesto di continuare l’esperienza. Di lì in avanti, sei spettacoli, uno nuovo ogni due anni, con Hauenstein sul palco anche come attore per guidare e sostenere. «Eric è sempre stato una persona importante, lo spettacolo prevedeva scene insieme grazie alle quali ho potuto constatare il suo talento», racconta Hauenstein a laRegione. Fino al giorno in cui Eric, per incomprensioni nel gruppo, smette di recitare. «Voglio tornare a fare teatro, ma con te», gli dice molto tempo dopo. E così Olli pensa a come potrebbe essere un duo con Eric. Durante un anno di prove fatte di pura improvvisazione, il regista vede la possibilità di un teatro professionale e non soltanto educativo e sociale: «Mi sono detto che se teatro doveva essere, allora saremmo andati davanti al pubblico con qualcosa d’identico, per tipologia, ai miei spettacoli da solista». L’esordio nel 2016 e da allora, in tre stagioni e al netto della pausa per coronavirus, circa 150 spettacoli in piccoli e grandi teatri per il gradimento del pubblico e l’apprezzamento della stampa. Nzz in testa: “Questi due comici vivono sempre in sfere separate. Ed è quello che li rende così bravi”. Nessuna lingua è usata in ‘Clown Syndrom’, se non quella dei clown e alcune parole in inglese, internazionalmente note, perché Eric è nato negli Stati Uniti. «Come nella musica, è una lingua che tutti comprendono.
Olli Hauenstein, ci racconta la sua esperienza a Sommeri?
Gli attori con Sindrome di Down sono attori entusiasti. E la gioia di fare teatro è già un talento. Hanno grande volontà e la paura del fallimento è qualcosa che non li riguarda. Quella semmai riguarda noi. Il loro è un approccio che permette di spalancare tante finestre che la maggior parte di noi ha paura di aprire per il timore di scoprire cosa c’è fuori. Un altro grande talento per un comico è l’onestà ed Eric, e anche altri che ho conosciuto, sono sempre se stessi pur nei differenti ruoli. Cosa che è anche una prerogativa dei grandi attori. E come i grandi attori, prendono tutto molto seriamente. Mi capita, durante i miei workshop, di chiedere a qualcuno di indossare i panni dell’attore comico e non trovo mai la naturalezza e la serietà di Eric. La comicità diventa più grande quando è fatta con convinzione.
Lei tiene molto a che questo sia considerato teatro e non teatro inclusivo…
Sì, è uno spettacolo e basta. Perché ‘diversi’ siamo tutti e ci sono tanti grandi artisti diversamente abili. Io ed Eric siamo due comici ognuno con il suo talento. Nel preparare un testo promozionale per questo spettacolo mi sono ritrovato a scrivere “Eric Gadient, un uomo con Down Syndrom” e dovendo scrivere di me mi sono accorto di non sapere come definirmi, se non “un uomo con Clown Syndrome”. Ma la Sindrome di Clown è anche quella che ha Eric Gadient e quindi è chiaro che ne siamo affetti entrambi».
Come si svolge il vostro lavoro insieme?
È una comunicazione diversa. Io lavoro in modo non intellettuale, definisco un’azione, spiego a Eric cosa succede e durante le prove Eric, facendo, comprende la totalità di quello che sta andando in scena. La disabilità mentale può essere non un handicap ma un talento, perché non c’è quell’autocontrollo tipico di chi va verso il pubblico. È una libertà che apre ad altri talenti.
La peculiarità di Eric?
Oltre al telento attoriale, un grande interesse musicale. Suona il flauto di pan e vi si esercita molto. E poi la sensibilità. Quando io o mia moglie non siamo al meglio, lui lo percepisce immediatamente. Ti guarda e ti chiede se va tutto bene. Sente le tensioni nel gruppo. E credo che quando ci ritroviamo in scena il pubblico si accorga di questa sensibilità. E inoltre è molto propositivo, molte idee vengono da lui anche se non posso usarle tutte. Lo stesso vale per me, se le idee non hanno senso nello spettacolo, allora lasciamo perdere.
A proposito dello spettacolo: ce lo racconta?
È uno spettacolo non letterario, intellettuale, ma ha una sua profondità sociale. È essenzialmente una commedia dell’arte in cui il messaggio è veicolato dall’azione. Non è sempre comicità. Parliamo della vita, della morte e della fame, concetti molto importanti nella drammaturgia comica. I clown hanno sempre fame, sono fuori dalla società. Il clown di Chaplin, per esempio, non vive esattamente nella società, è un anarchico, scherza sulla chiesa, potere, proprietà. Mostriamo tutto questo con le azioni, con le immagini e una poesia senza parole. E siccome siamo comici, ci piace che il pubblico rida.