Spettacoli

Tom Odell, non sparate (più) sul pianista

L'ultimo album 'Jubilee Road' è un gioiello, oltre che la cosa più vicina a Elton John dai tempi di Elton John

Tom Odell (Keystone)
18 marzo 2019
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Ventotto anni, pianoman, l’avvenenza non gli richiederà travestimenti per sfuggire alla timidezza come successo al giovane Reginald Dwight, brutto anatroccolo divenuto cigno, insieme ai vestiti e agli occhiali, con il nome di Elton John. Britannico, figlio di un pilota di linea e di un’insegnante di scuola elementare, si dice che a Tom Odell abbiano chiuso tutte le porte in faccia, incluse quelle a soffietto, i cancelli e le saracinesche.
Pianobarista licenziato da un night club di Liverpool, il giovane ci aveva riprovato a Londra, fino a trovare un contratto con la Columbia Records. Che è la casa discografica di Billy Joel, per intenderci, sebbene – pianismo per pianismo – Odell è la cosa più vicina a Elton John mai ascoltata dai tempi di Elton John, e questo ‘Jubilee Road’ sembra uscito dalle sessions di ‘Songs from the west coast’ (ma più acustico). Fagocitati da Sanremo, diciamo con colpevole ritardo di questo ultimo lavoro che trasuda gospel a partire da ‘If you wanna love somebody’, singolo di lancio che non è diventato un elegantissimo tormentone planetario soltanto perché a volte – mera contabilità – tra il tormentone conclamato e quello mancato c’è di mezzo un investimento.

 

Visto a Locarno d’apertura per Sting nel 2017 e già ri-transitato dalla Svizzera (prossimo appuntamento a Kestenholz il 3 di luglio per il St. Peter at Sunset Festival), Odell si è lasciato alle spalle i fighettismi sonori di ‘Wrong crowd’ (2016), album snaturante che gli costò la lapidazione da parte di certa stampa britannica. Con ‘Jubilee road’, per il quale il suo autore si è ispirato (anche) a Carly Simon tanto quanto Jack Savoretti si è ispirato (anche) a Patty Pravo per l’ultimo ‘Singing to strangers’, Odell può alzare un doppio dito medio a chi gli aveva dato del “pianista pop offensivamente noioso destinato all’ubiquità dei britannici” e regalato attestati di stima come “mi piacerebbe poter dire che per lui c’è un posto all’inferno. Ma purtroppo non c’è”.
Il nuovo album, inoltre, risarcisce il New Musical Express che per ‘The wrong crowd’ – non a torto – aveva accusato il cantante di essersi circondato di produttori artistici “equivalenti ai trafficanti di sesso ungheresi”. Prodottosi da sé, e liberatosi dalla malavita sonora di cui sopra, in questo ‘Jubilee road’ si può godere di cose belle e senza fronzoli come la title-track‘China dolls’, Queen of diamonds e una moderna visione dello showbiz alla ‘Goodbye yellow brick road’ intitolata ‘Don’t belong in Hollywood’. Qualche titolo, tanto per gradire.