Il critico gastronomico del New York Times si ritira giustificando la decisione con i sempre maggiori ‘malanni professionali’, dalla gotta al fegato grasso
Per chi per dodici anni ne ha letto le recensioni da far venire l'acquolina in bocca, Pete Wells ha avuto il lavoro dei sogni: ecco perché l'annuncio che il food critic del New York Times ha gettato la spugna ha scioccato i buongustai della Grande Mela.
"Ne va della mia salute", si è giustificato l'uomo che dal 2012 a oggi ha fatto il bello e il cattivo tempo nel mondo della ristorazione americana, annunciando di avere appeso per sempre forchetta e coltello al chiodo.
"Molte gratificazioni, ma anche troppe portate", è stata la sintesi della decisione presa dopo una visita medica che ha coinciso con la visita al 70esimo di circa 140 ristoranti messi da Wells in lista per preparare l'uscita dell'edizione 2024 dei 100 migliori di New York.
"Era una scommessa facile dire che non ero nella mia forma migliore", ha scritto il 61enne, ammettendo di non sentirsela più di passare la vita a recensire ogni settimana un locale dietro l'altro.
Wells ha ammesso che lamentarsi del lavoro che ha svolto è di difficile comprensione per chi non fa il suo mestiere: "Uscire con amici e famiglia sera dopo sera a mangiare assomiglia molto a quel che uno fa in vacanza. Io però non ce la faccio più", ha spiegato ammettendo che per lui le cose non si stavano mettendo bene: "I valori pre-diabete, fegato grasso e sindrome metabolica aleggiavano attorno a me. Ero tecnicamente un obeso. D'accordo, non solo tecnicamente".
Il food critic ha citato un ex collega del Times, Adam Platt, che ha appeso coltello e forchetta al chiodo nel 2022 dopo 24 anni di recensioni: "Il nostro è il lavoro meno sano del mondo e ne sento ancora gli effetti", ha confidato, evocando l'esercito di medici da cui è in cura per "malanni professionali" come la gotta, l'ipertensione, il colesterolo alto e il diabete.
Secondo Wells è uno dei tragici segreti del mestiere: il critico gastronomico muore prematuramente. A.A. Gill del Sunday Times di Londra, ucciso dal cancro a 62 anni, Jonathan Gold del Los Angeles Times a 58 per un tumore al pancreas, sono solo alcuni esempi. Va meglio alle donne: Gael Greene, che aprì la strada a Platt al New York Times, è vissuta fino a 88 anni, mentre Mimi Sheraton è arrivata a 97 anni pur professando antipatia per ogni forma di esercizio fisico.
S. Irene Virbila, che per 20 anni ha mangiato al ristorante per il Los Angeles Times sei sere su sette, portava con sé un uomo incaricato di finire quanto lei aveva soltanto assaggiato: era soprannominato Aspirapolvere. "Il cibo al ristorante è troppo pesante. Per preparare quelle bombe di sapore ci devono essere molti ingredienti ricchi, più di quanto metteresti se cucinassi tu", ha spiegato la critica. Dopo aver lasciato il posto, la Virbila ha perso dieci chili in due mesi senza neanche pensarci: oggi, a parte le medicine per il colesterolo, gode di buona salute.