Società

Leggere vedere ascoltare: lo streaming trionfa, la carta pure

Un nuovo studio dell’Ufficio di statistica illustra la transizione dai formati fisici a Netflix, Spotify e affini, anche in Ticino. Ma l’e-book non sfonda

(m.s.)
18 novembre 2022
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È facile farsi scappare un "quand’ero giovane io…", leggendo lo studio che l’Ufficio di statistica ha appena dedicato a come sta cambiando la fruizione di musica, film e libri. Perché non solo il cd sta scomparendo, ma anche gli mp3 e i ‘vecchi’ formati digitali coi quali trasportavamo (e piratavamo) musica fino a una decina d’anni fa stanno finendo nel cestino della storia, l’iPod è scomparso come il Walkman e il presente – anche per la visione di film e serie tv – è dello streaming attraverso i nostri telefoni. In fondo però la tecnologia è fatta così, procede spesso per salti e distruzioni creative, e forse la vera notizia è che invece i libri preferiti restano quelli di carta, che ragazzi e ragazze vanno ancora spesso al cinema e che si torna a pagare per leggere-vedere-ascoltare, dopo un periodo in cui pareva che il modello gratuito si fosse ormai imposto in maniera irreversibile. Ne parliamo con Mauro Stanga, il ricercatore che ha curato l’analisi – appena pubblicata sulla rivista ‘Dati’ – a partire dalle ‘Indagini tematiche sulla lingua, la religione e la cultura’, rilevamenti a sondaggio effettuati dall’Ufficio federale di statistica nel 2014 e nel 2019.


(USTAT)

Lo studio registra i cambiamenti nell’arco di un quinquennio, in Ticino come nel resto della Svizzera. In entrambi i casi, il segnale dominante si direbbe anzitutto uno: trionfa il digitale on demand, che non occupa più lo spazio di un hard disk ma arriva tramite internet. L’oggetto fisico come ‘depositario’ di contenuti – dall’antica gommalacca al moderno dvd – pare qualcosa del passato. Con quali effetti?

Quello che si nota anzitutto è certamente questo passaggio dal supporto fisico al digitale e allo streaming, che per ora interessa soprattutto la musica, ma si fa strada anche per quanto riguarda i contenuti video. Questo conferma lo ‘strapotere’ acquisito dallo smartphone come strumento di fruizione culturale: è dallo schermo e dalle cuffiette di questi dispositivi che passa una fetta importante dei contenuti letti, visti e ascoltati dai residenti in Svizzera.

In effetti, oggi il 64% della popolazione usa lo smartphone per ascoltare musica, percentuale sovrapponibile a quella di chi si appoggia allo streaming tramite app come Spotify o Apple Music. Anche film e serie tv passano sempre più dal telefono. Significa che rispetto a un tempo si condivide sempre meno con altri questo tipo di esperienze?

Chiaramente la natura stessa di questi strumenti incoraggia l’uso da soli, e anche se non esclude altre modalità collettive, la fruizione individuale diventa sempre più tale: riesce difficile immaginarsi una famiglia sul divano a fissare il piccolo schermo d’un telefonino. Mentre il televisore, per quanto già criticato negli scorsi decenni, consentiva di vedere insieme lo stesso film o lo stesso telegiornale.

A proposito di televisione: se è vero che resta un elemento centrale nella vita di molti – il 90% degli interpellati dice di avervi visto almeno un film nell’anno precedente al rilevamento, percentuale simile a quella di chi ha sentito almeno una canzone alla radio – il tempo che ci passano davanti i più giovani continua a calare. Trent’anni fa si temeva che i figli diventassero teledipendenti, oggi a esserlo si direbbero piuttosto i nonni.

In effetti la differenza su base anagrafica è davvero enorme: le persone con più di sessant’anni guardano mediamente la televisione per oltre quattro ore al giorno, mentre i giovani si fermano a un’oretta. Ancora più notevole è il dato che riguarda la musica: nella fascia tra 15 e 34 anni d’età, la percentuale di chi dice di averne ascoltata tramite internet arriva alla quasi totalità (95%), contro l’86% di chi l’ha sentita in radio o in tv.

Il passaggio a streaming e formati ‘immateriali’ appare però meno avanzato per i film che per la musica: anche qui ci sono notevoli differenze di età, ma possiamo dire che il dvd ‘regge’ ancora?

Sì, il cd è invecchiato più del dvd, che è ancora diffuso anche tra i più giovani: nella fascia fino a 34 anni, chi ha visto almeno un dvd nei 12 mesi precedenti l’inchiesta del 2019 sfiora il 59%, percentuale analoga all’uso di servizi on demand a pagamento (56%). Tuttavia è verosimile ipotizzare che la pandemia scoppiata l’anno successivo possa aver rovesciato il risultato. Più in generale, un’altra differenza rispetto alla musica è la correlazione tra età e ‘quantità’ di consumo: i giovani guardano più film, mentre man mano che l’età avanza se ne guardano meno, a prescindere dal formato.

Colpisce tra l’altro che i giovani vadano ancora al cinema.

Sì, l’86% degli interpellati nella fascia 15-34 anni ha visto almeno un film al cinema nell’anno precedente: quindi questo tipo di fruizione – stavolta non individuale, ma collettiva – supera addirittura l’82% relativo alla visione di film trasmessi da un canale televisivo.

Si è parlato fino allo sfinimento di un ritorno in auge dei vinili, ma è proprio vero oppure si tratta di una moda circoscritta, ‘di nicchia’?

In termini assoluti l’uso di vinili e musicassette accomuna ‘solo’ un quinto degli interpellati, ma è interessante notare come a farvi ricorso siano più gli under 35 degli under 50. In generale quindi non c’è solo un effetto nostalgia, ma anche un interesse per questi formati da parte dei nativi digitali che fino a qualche anno fa non li avevano probabilmente mai visti, e ora li scoprono come se fossero qualcosa di nuovo. Forse si riafferma il bisogno di qualcosa da manipolare, da toccare, da possedere e conservare in uno spazio fisico. Un’esperienza che si accompagna anche a un modo diverso e più lineare di ascolto, in cui è più difficile saltare un brano e bisogna addirittura alzarsi per girare il disco alla fine del lato…

Un altro ambito, enorme, nel quale il formato ‘analogico’ resiste all’avanzata del digitale è la lettura: nel 2019 quattro svizzeri (e ticinesi) su cinque hanno letto per loro piacere almeno un libro, di questi oltre uno su due ne ha letti 4 o più. Ma solo uno su quattro si è rivolto agli e-book, con variazioni contenute rispetto al 2014. C’è vita per la carta?

Vediamo una divisione tra la lettura nel tempo libero, in cui la carta è ancora insuperabile e insuperata, e la consultazione di volumi per studio o lavoro, dove talora il formato elettronico risulta più pratico e il cui utilizzo passa dal 15% del 2014 a grossomodo il 28% degli interpellati nel 2019. In ogni caso, comunque, proprio il vecchio ‘libro di carta’ regna ancora incontrastato.

Infine, quel che si nota è che i modi di leggere-vedere-ascoltare possono cambiare, ma resta grande la fame di film, musica e libri. Se dunque ‘Todo cambia’ – come nella bella canzone di Mercedes Sosa citata all’inizio del saggio –, i numeri non giustificano letture ‘decliniste’. O no?

Direi proprio che quella fame non manca. Se ci si abbandona alla nostalgia è facile dire che "non è più come una volta", ma il bisogno umano di contenuti culturali rimane. Cambiano naturalmente le forme: si legge e si scrive – forse più di qualche decennio fa – anche con lo smartphone, mentre i ‘non lettori’ totali sono in via di sparizione. Intanto emergono nuovi formati troppo spesso trascurati, che in futuro sarebbe importante fare rientrare anche nelle statistiche: è il caso dei videogiochi, che nel corso dei decenni sono molto cambiati, hanno sviluppato solidi legami con il cinema, la musica e la narrazione, creano esperienze inedite di coinvolgimento e socializzazione – non è più vero che ci si isola e ci si esclude, come non è vero per svariati usi dello smartphone – e sono diventati una modalità centrale di fruizione culturale. Insomma: non va sempre tutto peggio d’una volta.

DISCHI

‘Non è nostalgia, ma voglia di scoperta’

Si potrebbe liquidare come l’ennesima moda per le cose vintage, questa dei giovani che si avvicinano al vinile. Un po’ come la passionaccia per certe Puma in stile anni ’70, o per i baffi a manubrio. Però Sandro Bassanini – titolare di Tondo Music a Maroggia, il più grande negozio svizzero di dischi – non è d’accordo: «Se ti compri 30 o 40 vinili all’anno, che è un po’ la media tra i clienti anche giovani che vedo passare da qui, vuol dire che non si tratta semplicemente di un’infatuazione passeggera», spiega. «Questo si vede anche da come si pongono, dalla curiosità e dalla voglia di scoprire cose nuove che dimostrano. Ragazzi e ragazze sono qui anche perché cercano consiglio, magari arrivano con un’idea anche un po’ scontata – che ne so, cercano una copia di ‘The Dark Side of the Moon’ o di ‘Greatest Hits’ dei Queen – però poi esplorano, imparano, si appassionano a cose che a volte non immaginavano neppure». I gusti sono dei più vari: «Elettronica, etnica, italo-disco, ma anche jazz… In questo i giovani sono molto più curiosi di chi ormai ha già gusti molto consolidati e vira dall’ascolto al collezionismo».

Una cosa è certa: «Nel caso di molti under 35 non si tratta tanto di nostalgia. L’impressione è semmai che si vogliano sfilare dal mondo di Netflix e di Spotify, dei cataloghi infiniti in cui hai tutto senza avere nulla, e il ‘rumore di fondo’ è tale da rendere impossibile perfino scegliere qualcosa. In questo senso, il possesso e l’ascolto lineare di un disco completo equivale un po’ a vedere un film da cima a fondo, o a leggere un libro di carta. Qualcosa di profondamente diverso dalla frammentazione in minivideo dei social come TikTok, o d’un panorama musicale in cui il singolo conta più dell’intero album. Se a Rihanna basta una sola canzone per fare poi milioni con la vendita di prodotti sponsorizzati, la ricerca di un disco coincide con la necessità di trovare qualcuno che abbia qualcosa da dire per tutta la durata delle sue due facciate».

Infine anche Bassanini, come Stanga, nota come pure questa ricerca sia segno d’una ‘fame’ di cultura: «Vedo passare da qui ragazzi e ragazze, vedo il loro impegno. Mi paiono sempre meno legati a vecchi status symbol come la carriera, il televisore gigante, la villetta, l’auto… probabilmente sono persone che cercano di tornare a qualcosa di più semplice e profondo, com’è anche il piacere di ascoltare e riascoltare un vinile. C’è speranza!».