Ce ne parla la ricercatrice Giulia Savio, tra i giovani che presenterà il proprio lavoro durante Facciamo conoScienza per i 25 anni dell'Usi
Parità di genere in politica, il che – data l’attuale sottorappresentanza femminile – vuol dire più donne: di questo si è occupata Giulia Savio, una delle giovani ricercatrici dell’Usi, adesso alla Bocconi di Milano (Axa Lab), che sabato 24 aprile dalle 10.45 alle 12.30 presenterà il proprio lavoro durante l’evento Facciamo conoScienza (info su www.usi.ch/facciamo-cono-scienza). Il tema della sua ricerca è come aumentare la presenza femminile, quali siano le strategie migliori; tuttavia ci si potrebbe chiedere perché è importante aumentare la quota femminile. «Innanzitutto per motivi di equità: le cittadine hanno diritto ad un equa rappresenzanza degli organi politici. Inoltre, ci sono numerose ricerche che mostrano come avere più donne ha effetti importanti sulle politiche adottate, cambiando la distribuzione della spesa pubblica a favore di chi non è politicamente rappresentato adeguatamente, come i bambini e le stesse donne, riducendo le disparità che ancora persistono a livello economico e sociale» ci spiega Savio. Le ricerche riguardano soprattutto i Paesi in via di sviluppo, «ma alcune ricerche mostrano effetti simili anche nelle economia più sviluppate». Differenze che vanno oltre partiti e ideologie: «Questi studi tengono conto di altre variabili come l’estrazione sociale, il livello di istruzione, il partito politico di appartenenza e analizzano proprio quella che è la differenza di genere».
Una maggiore presenza femminile, infine, può avere effetti sui cosiddetti modelli di ruolo: «Ci sono ricerche che mostrano come avere più donne elette porta a una maggiore partecipazione femminile alle votazioni, inoltre le ragazze studiano di più e cercano lavori che vanno oltre quelli tradizionalmente femminili».
Avere più donne in politica, candidate e soprattutto elette, è quindi un vantaggio per l’intera società. Qual è la migliore strategia per arrivarci? «Ci sono diversi fattori di cui tenere conto: è complesso capire perché vediamo poche donne elette e tra i vari motivi troviamo ad esempio le dinamiche interne ai partiti politici, spesso a guida maschile; un altro fattore è la minor propensione al rischio delle donne rispetto agli uomini, senza dimenticare che le donne dedicano più tempo degli uomini al lavoro di cura». E poi ci sono le preferenze degli elettori, dovuto anche a pregiudizi profondi: «Nella testa degli elettori l’immagine del politico è spesso quella di un politico uomo». Come possiamo cambiare questa “scorciatoia mentale”? Giulia Savio ha analizzato una delle possibili misure, la doppia preferenza introdotta da alcuni anni nelle elezioni comunali italiane. In pratica, l’elettore può esprimere una preferenza per due candidati anziché uno, se sono di sesso differente. «Questo meccanismo non solo accresce le possibilità di votare una candidata, ma attira l’attenzione dell’elettore sul fatto che la lista è formata sia da uomini che da donne». Una spinta a prendere in considerazione la composizione di genere della lista, a uscire dallo schema mentale del politico uomo, «è secondo noi la vera forza della doppia preferenza». Lo si vede confrontando i risultati nei comuni con meno di 5mila abitanti, nei quali non è previsto questo meccanismo, con quelli tra 5 e 15mila: la doppia preferenza ha aumentato le elette del 18 per cento e gli effetti non riguardano solo le elezioni comunali, ma anche quelle regionali dove c’è una preferenza sola, «segno che questo meccanismo ha avuto un effetto di ‘habit formation’, ha portato a un cambiamento nel comportamento di voto degli elettori».