Lo scorso 8 novembre la maggioranza del Gran Consiglio ha proceduto all’ennesima bocciatura dell’Ufficio per la parità di genere, proposta da una petizione del Sindacato Vpod sottoscritta da 4’000 cittadini. Una decisione purtroppo passata quasi inosservata. Eppure le denunce e i problemi su questo fronte non mancano.
I sindacati e i movimenti femministi hanno denunciato il fatto che le donne sono state particolarmente colpite dalla crisi pandemica, che ha cancellato tanti posti da loro occupati. I sindacati e i movimenti femministi combattono le proposte di innalzare l’età pensionabile per le donne da 64 a 65 anni, quando ci sono ancora enormi disparità salariali di genere, che lo Stato “affronta” con leggi all’acqua di rose (malgrado la Costituzione federale preveda salario uguale per un lavoro uguale dal 1981). Pure quasi inascoltata dalla politica è la richiesta di riconoscere il lavoro domestico di cura a favore di bambini, anziani, invalidi ed ammalati: lavoro svolto prevalentemente dalle donne della famiglia e sovente gratuito. In questo contesto ricordo che solamente un terzo delle donne ha un lavoro remunerato a tempo pieno, che esse occupano la grande maggioranza dei posti di lavoro a basso salario nella nostra società e che la maggioranza delle famiglie povere sono quelle composte da una madre con figli: tutto ciò ovviamente incide negativamente sul reddito disponibile femminile e sulle pensioni femminili. Si deve poi deplorare che in Svizzera non sia stato ancora introdotto un congedo parentale da suddividere tra i genitori: un congedo molto importante per le chance di carriera professionale delle donne. Pure lacunosa è la legislazione per prevenire e punire i femminicidi, la violenza domestica e le molestie sul posto di lavoro.
È fuori di dubbio che la creazione anche in Ticino di un Ufficio per la parità di genere rimanga un passo necessario per dare impulso alla parità. Consideriamo che nel nostro cantone, oltre ai problemi di disparità comuni con il resto della Svizzera, vi sono perlomeno altri tre problemi locali da affrontare:
1) un’infima rappresentanza femminile negli esecutivi e nei Consigli d’amministrazione di enti pubblici a livello cantonale e comunale;
2) un’infima rappresentanza femminile nei quadri superiori dell’amministrazione pubblica e degli enti sussidiati a livello cantonale e comunale;
3) una grande difficoltà ad attirare le ragazze verso le professioni manuali e tecniche storicamente maschili (ed è ovviamente pure vero il contrario).
Il Parlamento del Canton Ticino lo scorso 8 novembre ha fatto l’ennesima figuraccia a distanza di 30 anni dalla prima richiesta di creazione dell’Ufficio parità, formulata dalla indimenticata e coraggiosa deputata Carla Agustoni.