Passarsi vestiti, giochi e oggetti in famiglia e fra conoscenti è una sana abitudine e aiuta a limitare gli sprechi.
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Nasce un figlio e l’impressione è di aver bisogno di tutto… e di più. Con l’avvicinarsi del parto, scatta quindi la corsa all’acquisto. Carrozzina, seggiolone, cameretta, fasciatoio, vestitini, baby-phone, sterilizzatore, biberon, pannolini eccetera eccetera. Per poi scoprire, poco dopo la nascita del bambino, che la carrozzina è ingombrante, quindi appena possibile si passa al passeggino. Oppure che lo sterilizzatore in realtà serve a poco, visto che il bebè accarezza il gatto e poi si mette le mani in bocca (sopravvivendo!). E che dire dei vestitini? «Prima della nascita – racconta Giada, neo mamma – aiutati dai futuri nonni, futuri zii, future madrine eccetera, avevamo comprato completini di varie taglie. Ma ora che la bimba ha sei mesi mi rendo conto che molti non verranno utilizzati, perché troppo piccoli o troppo grandi o non adatti alla stagione... un peccato, davvero!».
Giorgia ha imparato la lezione e con il secondo figlio le cose sono state drasticamente diverse: «La carrozzina – è chiaro – è quella usata con la sorella maggiore, idem per quanto riguarda fasciatoio, seggiolone e così via. Il problema sono stati i vestiti». Va bene usare la carrozzina rosa della sorella, ma i pigiamini con i fiocchetti o i maglioncini con gli strass, quelli per il piccolo fratellino proprio non potevano essere riciclati. E che dire dello sterilizzatore, praticamente mai usato con la sorella maggiore, e completamente ignorato per il piccolo di casa?
Grazie anche al web, negli ultimi anni è riesploso il fenomeno dello scambio e della vendita di abbigliamento e accessori per bambini. Siamo tutti cresciuti con i jeans del fratello maggiore, della cugina, dei figli di amici di famiglia. C’è addirittura chi è stato vestito da piccolo con gli abiti che i propri genitori avevano indossato da bambini. Lo si faceva per necessità, per ragioni economiche, ma anche per evitare inutili sprechi. E oggi – nell’era del consumismo sfrenato – sembra che questa sensibilità sia tornata. «Riutilizzare i vestiti, i giocattoli o il passeggino che erano di fratelli, cugini o amici, non solo è economico, ma è anche più ecologico. Tutto quello che viene riutilizzato non finisce nella spazzatura», continua Giorgia. «Ho usato la carrozzina per 3-4 mesi, poi è rimasta due anni in garage. Ho vestitini e oggetti di mio figlio con ancora l’etichetta attaccata. Non voglio altri bambini e ho bisogno di spazio», afferma dal canto suo Michela. Se quindi non si hanno altri figli, nipotini, bambini di amici cui passare ciò che non serve più, oppure se si vuole recuperare un po’ dell’investimento fatto… resta sempre la possibilità di vendere o scambiare. Vendere un paio di sci troppo corti per acquistarne un paio della taglia giusta, oppure scambiare uno sterilizzatore di biberon con un cuoci-pappa…
Anche i ricchi scambiano
Le opzioni sono diverse: ci sono i mercatini dell’usato – molti comuni ne organizzano uno o due all’anno – e i negozi di seconda mano; sono poi sempre più in voga i «baby swap party»: un’usanza americana che prevede lo scambio, il baratto (letteralmente swap in inglese vuol dire barattare) di vestiti, scarpe, giocattoli o qualsiasi altro articolo per bambini. Intere giornate dedicate al «riciclo», organizzate in casa propria e a cui partecipano altre amiche-mamme o conoscenti. Un’evoluzione dedicata al mondo dei bambini, momenti di incontro e di festa in cui ci si scambiano anche vestiti griffati.
Il vero e proprio boom della vendita e scambio di vestiti e oggetti per neonati e bambini è però legato a Internet. Sono moltissimi i portali dedicati, tanto che – spiega Giada – «mi è persino capitato di rispondere a un annuncio che metteva in vendita una carrozzina. Quando sono andata a ritirarla ho scoperto che la venditrice era una celebrità».
Insomma, il riciclo da bambino a bambino, da mamma a mamma, permette di creare un circolo virtuoso: le famiglie risparmiano e la vita degli oggetti si allunga. Ma non solo: i bambini imparano che non sempre devono ricevere vestiti e giocattoli nuovi, all’ultima moda, appena visti in pubblicità alla televisione.