Intervista al glaciologo ticinese Daniel Farinotti, coautore di uno studio che per la prima volta ha monitorato la situazione dei ghiacciai a livello globale
Il ritiro dei ghiacciai è forse una delle manifestazioni più evidenti del riscaldamento globale. Ma per stimare lo scioglimento non basta certo il confronto con i propri ricordi o con qualche fotografia scattata anni fa sulle Alpi, anche perché da esso dipendono l’innalzamento del livello del mare – si stima che negli ultimi vent’anni lo scioglimento dei ghiacciai abbia causato fino al 21 per cento dell’aumento osservato, circa 0,74 millimetri all'anno – e la disponibilità di acqua dolce, dal momento che durante la stagione secca l’acqua di disgelo è una fonte importante di approvvigionamento idrico.
Un team internazionale di ricerca guidato dal Politecnico di Zurigo e dall’Università di Tolosa con la partecipazione del Wsl, l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, ha da poco pubblicato su ‘Nature’ uno studio completo sul ritiro globale dei ghiacciai. Il risultato mostra quanto, a livello globale, i ghiacciai abbiano perso in massa e spessore negli ultimi due decenni, un ritiro che oltretutto avviene sempre più velocemente. Abbiamo sentito uno degli autori dello studio, il glaciologo ticinese Daniel Farinotti.
Il vostro lavoro viene presentato come l’analisi più completa e accurata nel suo genere fino a oggi. Che cosa significa di preciso?
La particolarità dello studio è che copre l’intero globo con la stessa metodologia: finora si avevano solo studi parziali, condotti ad esempio sulle Ande, sull’Himalaya o sulla Groenlandia, e questo rendeva difficile capire se le differenze regionali fossero dovute ad un segnale vero o ad una differenza metodologica.
La consistenza dei dati è quindi un primo aspetto importante di questa ricerca; il secondo è la risoluzione spaziale e la quantità di dati. Sono state utilizzate 500’000 immagini satellitari che, assieme, coprono un arco di vent’anni. Questo ci permette di fare una stima per tutti i circa 200'000 ghiacciai al mondo, con una risoluzione spaziale di 100 metri. Avendo a disposizione quelle immagini abbiamo potuto rimisurare più volte gli stessi punti, ottenendo quindi stime più precise e stime sull’andamento temporale.
Mi rendo conto che sono aspetti tecnici interessanti soprattutto per gli addetti ai lavori, e che il messaggio di fondo è generalmente noto: i ghiacciai si sciolgono. Ma adesso abbiamo dati consistenti e più precisi, e questo ci permette di vedere segnali che non si erano mai visti prima.
I ghiacciai si sciolgono e lo fanno più velocemente. A cosa è dovuta questa accelerazione?
Ci sono diversi fattori. Da una parte le temperature aumentano sempre più velocemente e questo chiaramente influenza la velocità di scioglimento. Dall’altra parte è importante notare che l’aumento delle temperature ha delle conseguenze non lineari. Mi spiego: per i ghiacciai, alzare la temperatura da -6 a -4 gradi è un conto, alzarla da -1 a +1 è un altro! Infine, a determinare lo scioglimento dei ghiacciai è la quantità di energia che arriva dal sole, e le superfici innevate o ricoperte da ghiaccio riflettono molto bene i raggi solari – ce ne accorgiamo quando andiamo a sciare senza protezione solare e ci scottiamo. Se un ghiacciaio si ritira, lascia una superficie generalmente più scura, e questo riflette in maniera meno efficace l’energia solare. Con questo, la temperatura può alzarsi ancora di più, e via dicendo in un ciclo vizioso. Èanche questo genere di feedback il motivo per cui le regioni polari e alcune zone alpine si riscaldano così velocemente.
Il ritiro dei ghiacciai non è comunque uniforme.
Sì: si osservano regioni che si comportano in maniera differente. Ad esempio i ghiacciai alla periferia della Groenlandia, dell’Islanda o della Scandinavia si sciolgono meno velocemente di quello che facevano un decennio fa – continuano sempre a ritirarsi, ma a un ritmo minore. Questo ha a che vedere con cambiamenti delle temperature e delle precipitazioni – se vogliamo, più una questione di meteorologia che di clima, legata alle correnti degli oceani. Sappiamo che le temperature degli oceani variano secondo dei cicli, con una parte che si scalda maggiormente di altre. Il fenomeno di questo tipo più conosciuto è forse quello di El Niño che influisce tra le altre cose anche sulle siccità in Cile o in Africa; ma ve ne sono anche altri, che riguardano l’Atlantico del Nord, per esempio.
Un’altra regione interessante è il Karakorum, una catena montuosa a Ovest dell’Himalaya in cui i ghiacciai erano sospettato di sciogliersi poco o addirittura di aumentare leggermente di massa. Dal nostro studio risulta che negli ultimi anni anche in questa regione i ghiacciai hanno iniziato a ritirarsi.
Le conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai sono l’aumento del livello del mare e scarsità d’acqua dolce. Questa ricerca può aiutarci a meglio prevedere questi fenomeni?
Sì. Tutte le proiezioni future si basano su modelli numerici, ossia delle simulazioni al computer che cercano di stabilire come i ghiacciai reagiranno a questi cambiamenti in temperature e precipitazioni. Questi modelli necessitano una una calibrazione, ora resa possibile dai dati del nostro studio.
Da questo studio emergono anche possibili interventi per rallentare il ritiro dei ghiacci?
Sì e no, siccome la ricetta è conosciuta da tempo. La causa principale, come detto, è il cambiamento climatico e sappiamo che per rallentarlo occorre ridurre le emissioni di gas a effetto serra. A lungo termine è l’unica soluzione, sia per i ghiacciai che per altri cambiamenti del sistema terrestre.
Si parla di progetti di copertura dei ghiacciai o di una loro crescita tramite innevamento artificiale. Sono soluzioni sono praticabili, a fianco della riduzione delle emissioni?
Queste misure hanno senso a livello locale. Penso al ghiacciaio del Rodano, dove una copertura protegge la grotta che è un’attrazione turistica, o ad Andermatt dove con l’innevamento artificiale si è mantenuto il livello del ghiaccio per mantenere la continuità delle piste da sci. Ma i problemi dell’approvvigionamento idrico e del livello dei mari sono fenomeni ben più grandi, ed è impossibile pensare di affrontarli con misure del genere.