Il nostro paese risulta tra le nazioni che investono meno in energie alternative. E mancherebbero i contributi per raggiungere gli obiettivi dichiarati.
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Energia: un tema molto caldo in Svizzera e nel mondo. Secondo un rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) negli ultimi tre anni abbiamo raggiunto le temperature più alte e un record di eventi meteorologici estremi, e il caldo che anche in Svizzera abbiamo dovuto sopportare nelle scorse settimane ne è l'ennesima chiara dimostrazione.
«Gli ultimi fenomeni meteorologici possono essere definiti straordinari» ha esordito Petteri Taalas, direttore dell’OMM, alla Conferenza sul Clima di Bonn Cop23 lo scorso novembre. La transizione verso l’energia sostenibile, unita a strategie di maggiore efficienza energetica, è dunque un tema urgente e sul quale agire subito. Ma quale posizione assume la Svizzera rispetto a questa tematica? In uno studio recente, condotto dalla Fondazione svizzera per l’energia (SES) su 29 paesi dell’area europea, la Confederazione appare tra i minori investitori in energie alternative; inferiori a noi troviamo soltanto Lettonia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Lo studio della SES evidenzia come, nonostante la popolazione svizzera abbia approvato la Strategia energetica 2050, manchino gli investimenti necessari a raggiungere gli obiettivi.
E questo, come sottolinea la Fondazione, in un paese dove sussistono condizioni ideali sia per la produzione di energia eolica che solare.
Alla luce di questo risultato, come può uno delle nazioni con il tenore di vita più alto al mondo giustificare tale, apparente, disimpegno?
«A seconda degli indicatori scelti, in un confronto internazionale la Svizzera può risultare eccellente o deludente», commenta Claudio Caccia, direttore del Centro di coordinamento del programma SvizzeraEnergia per la Svizzera italiana. «È opportuno valutare il quadro completo e considerare la situazione nel suo insieme. Come premessa va detto che da anni il 60 per cento della corrente svizzera proviene da un mix di fonti rinnovabili, principalmente idroelettrico, con un graduale aumento del solare e dell’eolico».
Il quadro si fa più chiaro con l’architetto Massimo Mobiglia, ricercatore e docente SUPSI, specialista nella sostenibilità nella costruzione e consulente dei Quartieri sostenibili: «Complice proprio l’elevata produzione di corrente idroelettrica, la Svizzera è una nazione che si muove più lentamente e questo spiega in parte il ritardo che abbiamo nell’ambito della sostenibilità. A rallentare ulteriormente l’evoluzione influiscono anche il parlamento spostato a destra, tendenzialmente meno sensibile alle tematiche ambientali, e alcune decisioni popolari».
Se siamo rallentati sul fronte degli investimenti nella produzione di energia pulita, non si può dire lo stesso per quanto riguarda il fronte dell’efficienza energetica. La Svizzera si impegna infatti nella ricerca e nello sviluppo di strategie che permettano di usare meno energia garantendo il medesimo comfort e qualità di vita: «La produzione di energia sostenibile è un tema di tendenza che si presta bene a livello di comunicazione, ma l’impegno per l’efficienza energetica – con azioni come l’ammodernamento energetico di edifici esistenti in modo che il loro fabbisogno di energia si riduca fortemente – è altrettanto importante», spiega Claudio Caccia.
Per non giungere a conclusioni semplicistiche, inoltre, va considerata anche la particolarità del paese a livello geografico e topografico che ci spinge a trovare soluzioni specifiche… «Lo sviluppo dell’energia solare, in particolare del fotovoltaico (o elettricità solare), è sì meno spettacolare rispetto ad altri paesi, ma nel contempo si basa prevalentemente sulla valorizzazione di superfici già edificate. È stato calcolato che in Svizzera esistono circa 400 km2 di superfici di tetti idonei per lo sfruttamento dell’energia solare». «A questo livello il potere di scelta dell’individuo è un fattore importante», aggiunge Massimo Mobiglia: «Chi sta pensando per esempio di cambiare il sistema energetico della propria abitazione ha la possibilità di investire nel sostenibile. Facendo capo a un esperto potrà valutare quali sono i possibili scenari e verificarne la redditività utilizzando anche gli incentivi che il governo mette a disposizione per le tecnologie disponibili».
Che cosa sta avvenendo rispetto alla produzione di energia eolica, spesso al centro di controversie? «Va tenuto conto del numero limitato di siti potenzialmente interessanti, dai punti di vista tecnico ed economico. E poi gli ostacoli creati da ricorsi e opposizioni, sovente molto lunghi e complessi. Il sistema federale svizzero implica un ruolo importante, e a mio modo di vedere tutto sommato positivo, degli attori regionali e locali (cantoni e comuni), diversamente da altri paesi dove lo stato centrale ha maggiori margini di manovra», risponde Claudio Caccia.
Guardando più nel dettaglio, si scopre quindi che l’espansione più lenta della Svizzera si giustifica in parte con uno sviluppo di mercato più stabile e sano, basato su competenze diffuse e locali e incentrate sul miglioramento dell’efficienza energetica. «A questo proposito in Svizzera si fa un grande lavoro di informazione e sensibilizzazione, a tutti i livelli, che ricorda il ruolo centrale del singolo individuo: in fondo il fabbisogno energetico dipende in primis dalle scelte grandi o piccole che ognuno di noi effettua ogni giorno» (per alcuni esempi pratici si veda il portale svizzeraenergia.ch). Detto questo, rimane il fatto che gli investimenti sono sempre troppo pochi e limitati a determinate aree.
Vista l’urgenza planetaria, ci vorrebbe una politica più dinamica e coraggiosa. «Oggi bisogna investire nel sostenibile su tutti i fronti, senza limitarsi ad alcuni ambiti, e guardare al futuro con piani di sviluppo diversificati», aggiunge Massimo Mobiglia: «penso per esempio alla formazione di professionisti in sostenibilità, come quella che proponiamo in SUPSI o allo sviluppo di costruzioni e di quartieri sostenibili che richiedono al singolo uno sforzo di condivisione per permettere uno sfruttamento del territorio e delle risorse energetiche ottimale». Si muove in questa direzione lo studio Verso dei quartieri più sostenibili: la realtà di Molino Nuovo e Pregassona effettuato dalla Divisione prevenzione e sostegno della Città di Lugano su un campione di 20mila abitanti nel 2016, volto a sviluppare una forma di urbanizzazione più sostenibile e inclusiva.
Affrontando una tematica ampia come quella energetica, oggigiorno inseparabile da quella ambientale, ogni nazione contribuisce alle sorti dell’intero pianeta. Nel 2006, secondo uno studio condotto dall’IEA, l’Agenzia internazionale dell’energia, le fonti rinnovabili fornivano appena l’1% dell’energia usata dal pianeta.
Nel 2014 il panorama era già cambiato con una crescita globale del 17% degli investimenti nella produzione energetica rinnovabile (energia solare, eolica, idroelettrica e gas naturale). Una tendenza possibile grazie agli investimenti di paesi come Germania e Danimarca o Cina. Quest’ultima nel 2014 ha investito ottanta miliardi di dollari, una somma pari a quelle dell’Europa e degli Stati Uniti messi insieme. Il 2015 ha rappresentato un ulteriore passo avanti per gli investimenti nelle energie rinnovabili, con oltre il doppio di quelli per gas e carbone (Renewables global status report 2015). Per la prima volta le economie emergenti avevano investito più dei paesi ricchi. Sempre nel 2015, l’Agenzia internazionale dell’energia con sede a Parigi, prevedeva che nel 2020 il 26% del fabbisogno energetico mondiale sarebbe stato coperto dalle energie rinnovabili.
Se pensiamo che siamo a due anni dal traguardo del 2020, quali progressi sono stati fatti per giungere a tale percentuale? La Cina, con investimenti enormi nella ricerca e nell’innovazione, si è consolidata leader mondiale nelle energie rinnovabili.
Il World Energy Outlook 2017 evidenzia come, nonostante i decisivi passi compiuti in direzione di un’economia sostenibile, i consumi del pianeta aumentino e con questi la domanda di petrolio. Un risultato che mette il pianeta in stato di allerta, evidenziando l’urgenza di trovare soluzioni per tentare di raggiungere gli obiettivi per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e mantenere il surriscaldamento globale entro i +2 °C. Alla Svizzera viene richiesto oggi di divenire un’attrice più coraggiosa, incisiva e determinata per contribuire a una missione: salvare il pianeta.