Scienze

Si cercano tracce di vita su Marte

Oltre un secolo di storia della ricerca

ll Pianeta Rosso
7 giugno 2018
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Il ritrovamento su Marte di un’ampia varietà di molecole organiche e di oscillazioni stagionali dei livelli di metano rappresenta una scoperta decisiva nella lunga caccia alla vita sul Pianeta Rosso, iniziata più di un secolo fa: dalle prime osservazioni di Schiaparelli, che avevano fatto sognare misteriose civiltà aliene, fino alle perforazioni profonde programmate per il trapano italiano della missione Exomars 2020, l’esplorazione di Marte si sta rivelando un vero ottovolante di emozioni, alimentato da scoperte sensazionali, abbagli scientifici e cocenti disillusioni.

La prima e più memorabile porta la firma dell’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, che nel 1877, grazie al telescopio dell’Osservatorio Astronomico di Brera a Milano, riconobbe sulla superficie del Pianeta Rosso una fitta rete di ’canali’. Il loro enigmatico sdoppiamento osservato negli anni successivi accese l’entusiasmo di mezzo mondo, facendo ipotizzare l’esistenza di civiltà aliene: una fantasia destinata a spegnersi nei primissimi anni del Novecento, quando lo stesso Schiaparelli intuì che i canali erano solo un’illusione ottica.

Un altro potente sussulto lo generò la Nasa negli anni Settanta, inviando su Marte le sonde Viking 1 e 2. Oltre a scattare immagini del pianeta, condussero anche tre attesissimi esperimenti di biologia: uno risultò positivo, facendo ipotizzare la presenza di microbi, ma poi venne sconfessato dai risultati degli altri due, che spinsero la Nasa ad escludere la presenza di vita almeno a livello del suolo. È stato quindi il turno del celebre meteorite marziano Allan Hills 84001, scoperto nel 1984 in Antartide: nel 1996 si discusse molto dell’eventualità che contenesse prove della vita su Marte, finché nuove analisi condotte oltre dieci anni dopo hanno indicato che i mattoni della vita (ovvero i composti organici a base di carbonio e idrogeno) potrebbero essersi formati su Marte molto precocemente.

A polarizzare l’attenzione nei primi anni Duemila sono stati poi Spirit e Opportunity, i due rover gemelli della Nasa che hanno aperto la strada al robot-laboratorio Curiosity, impegnato dal 2012 nell’esplorazione del cratere Gale. Grazie alla sua missione, si è dimostrato che in un lontano passato su Marte c’erano fiumi e che ancora oggi l’acqua scorre stagionalmente sul pianeta. Conferme del passato ’bagnato’ di Marte sono arrivate anche nel 2015 da uno studio della Nasa che ha misurato le ’impronte’ lasciate dall’acqua nell’atmosfera del pianeta: ha così stimato che circa 4,3 miliardi di anni fa esisteva un immenso oceano d’acqua che copriva gran parte della calotta settentrionale.

Per trovare le prove definitive della vita, attese da oltre un secolo, la palla passa ora alla missione Exomars, organizzata per il 2020 dall’Agenzia spaziale europea (Esa) con la russa Roscosmos. Grazie ad un sofisticato trapano realizzato in Italia, il rover dovrà perforare Marte fino ad una profondità record di due metri, dove cioè eventuali forme di vita potrebbero sopravvivere alle radiazioni che ’sterilizzano’ la superficie del pianeta.