Scoprire che Trump ha vinto e leggere casualmente l’Ode ai morti confederati di Allen Tate. Gli Stati Uniti, i potenti americani, i poeti americani.
1. “La bellezza dell’Esistenza! Sedere alla finestra/ & gemere sulla pietra & mattoni di Chicago/ che sorge verticale teneramente,/ sospesa nel cielo.” Sono versi di Allen Ginsberg da “An Open Window on Chicago”, che leggo in Poesia delle Americhe, un’antologia di cui diffida, in principio, lo stesso prefatore Valerio Magrelli - "Parlare di una Poesia delle Americhe fra Ottocento e Novecento (...) appare un compito talmente improbo da lasciare perplessi..."
Sono quasi le 8 di mercoledì 6 novembre. Mentre negli Stati Uniti si decide il prossimo presidente, scorro le biografie in fondo al volume alla ricerca di nomi di cui occuparmi. Scopro che Ernensto Cardenal è nato, fra due mesi e mezzo, un secolo fa. Che Lezama Lima è morto da cinquant’anni fra un anno. Che anche la nascita di Ginsberg si commemora nel 2026. E aprendo a caso il volume trovo “Ode to the Confederate Death”, di Allen Tate, che inizio a leggere. Pochi minuti dopo scopro che Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti. Decido di tradurre l’“Ode to the Confederate Death”. Osservo il ritratto di un soldato della guerra civile americana, di sedici anni. Mi imbatto nel saggio di Bruce Levine, La guerra civile americana (2023). In copertina c’è l’immagine, a colori, di un altro soldato giovanissimo di quella guerra. Le guerre saranno, ancora di più, il tema di ogni giorno, con la nuova presidenza degli Stati Uniti. Nel mondo sono una cinquantina ma a preoccuparci davvero sono due. E fuggevolmente, per fortuna, ma sinistramente mi appare Elon Musk che salta. Si era fissato sul fatto che l’Europa fosse sull’orlo della guerra civile. Come fosse un solo Stato. Un uomo così ingombrante da finire nell’analisi che Allen Tate fa della propria poesia: “Per fare un esempio, poeta sarebbe anche uno che non riesca a trarre un’autogiustificazione sufficiente dall’essere venditore d’automobili (la cui sicurezza si fonda sulla vendita di un certo numero di automobili al mese)...”
2. "Il paradosso degli Stati Uniti - scrive Antonio Muñoz Molina - è che non c’è un altro paese che ci sembri più familiare, perché fin da bambini ci alimentiamo con le sue immagini e le sue storie, e che tuttavia sia, nel fondo, tanto distante e intimamente estraneo. Bill Bryson, quando tornò al suo Iowa natale dopo molti anni in Inghilterra, scrisse un libro che intitolò Il continente perduto."
Il confine nord dell’Iowa è una retta e quello a sud anche. Più al centro dell’Iowa c’è solo il Nebraska, suo confinante. Sulle coste votano democratico, di solito, al centro e al sud (e al centro-nord) votano repubblicano. Gli Stati Uniti hanno un estesissimo Centro, come è noto, ma anche un Sud che non finisce mai. Ho ritagliato una cartina per imparare a conoscere la posizione dei vari stati, un po’ alla volta. E giusto ieri vedo Jack, il cane della vicina, che si trascina in giro per il cortile un asciugamani-bandiera americana, perché inizia a fare freddo. Impossibile non notare la coincidenza (Jack esprime il suo interesse sulle elezioni in corso). “Su mille prati di cittadine del New England,/ le vecchie chiese bianche serbano la loro aria/ di rada, sincera ribellione; logore bandiere/ trapuntano i cimiteri della Grande Armata della Repubblica.” “Per i morti dell’Unione”, di Robert Lowell, ha un’aria comune, evidente, con l’ode di Tate. Scritti i primi versi - “The old South Boston Aquarium stands/ in a Sahara of snow now” - l’ombra di quelli di Allan Tate comincia a scendere.
Cosa logora le bandiere? Il vento anche leggero le strappa pezzo per pezzo, fino a farle sparire. La pioggia e lo smog le sporcano. Il clima è anarchico. Ma la vera usura e la vera sporcizia si devono agli esseri umani. Un buon simbolo, la bandiera strapazzata, del disprezzo della classe politica per il popolo che governa, con le solite eccezioni. Non occorre riferirsi ai soli regimi autoritari. Esempi su esempi, quotidiani e quotidiani da anni, decenni, secoli, sembrano non averci ancora persuasi di un’evidenza così lampante. A meno che il parassitismo possa darsi senz’odio. O senza disprezzo.
3. Il vento è molto presente nella poesia di Tate, fin dalla prima strofa. Anche lì siamo in novembre. Lapidi, alberi, vento e foglie. La poesia è pubblicata nel 1928. In un saggio di dieci anni dopo, racconta che i refrain che fanno da ponte da una strofe all’altra - “Fuggendo si tuffano le foglie/ Stordite dal vento...”, “Diremo soltanto le foglie/ In fuga, si tuffano e spirano” -, non apparivano nella prima versione. Li introdusse per allentare la concentrazione. E le pause sono diventate un’immagine irrinunciabile in cui i due motivi essenziali si fondono. Un uomo è fermo al cancello di un cimitero di soldati confederati, e la memoria di quegli eventi - epica - si sovrappone alla realtà propria e a quella del tempo in cui vive - per nulla epiche. Questi sono i due motivi: il ricordo della guerra civile, terminata sessant’anni prima, sovrasta il presente la cui sostanza è la frammentarietà. Le foglie sono figure dei soldati morti, ma andando avanti diventano, inoltre, simbolo dell’individualismo degli anni in cui Tate scrive.
“Per i morti dell’Unione” di Lowell nasce invece, a Boston, davanti a un monumento “conficcato come una lisca/ in gola alla città./ Il suo Colonnello è magro/ come l’ago d’una bussola.” E poco più giù: “Le statue di pietra del Milite astratto dell’Unione/ diventano più snelle e più giovani ogni anno”. Penso ai due ritratti di ragazzi visti poco fa e subito ai diecimila giovani coreani appena regalati da Kim Jong-un a Putin. Sono già arrivati perché l’esercito ucraino li ha incontrati. Ora guardo un’altra immagine: giovani soldati russi nell’atto di essere benedetti, continuando a marciare. Uniforme e colbacco nuovi, appena consegnati. Ricevono il getto d’acqua benedetta lanciato dal sacerdote, anche lui piuttosto giovane. E assorto, più che serio.
Il primo dei due giovani soldati visti poco fa è “identificato come William T. Biedler, di 16 anni” e non ne conosciamo la sorte. Seduto, con il calcio del fucile poggiato accanto a lui sulla sedia. Il viso serio che non conosce il rasoio. Il ragazzo della copertina del libro sulla guerra civile ha l’uniforme blu e il fucile nelle mani, la bandiera alle spalle. È serio anche lui e sembra maggiore di due o tre anni. Nei ritratti fotografici non si usava sorridere intorno al 1860. Nemmeno sessant’anni dopo, quando Tate scrive la sua ode.
4. La prima descrizione della baia di New York risale al 1524. Metà millennio esatto. Giovanni da Verrazzano parte tre anni dopo Magellano per uno scopo simile. Le navi dovevano essere quattro, ma fra tempeste e operazioni di pirateria andate male restò solo la Dauphine. Il re è francese invece che spagnolo, la merce è la seta, il capitano è italiano e stenderà lui stesso la relazione. La sostanza resta la stessa: un esploratore che cerca l’oriente da ovest - e un passaggio più a nord, tra la Florida e Terranova -, una nazione che non vuol perdere la gara con le vicine e mercanti lionesi che vogliono far soldi. E Verrazzano cercando lo stretto che non si trova fu il primo occidentale ad avvistare la baia dove sorse New York. Quel che non riuscì nel primo dei suoi tre viaggi, “penetrare a quelli felici liti del Catai”, non riuscì negli altri due ma percorse miglio a miglio per primo tutto il Nordamerica. Sarà il primo a scrivere dei Sioux, delle varie tribù degli Algonchini, e questo che segue è l’estuario dello Hudson: “Un sito molto ameno, posto infra dui piccoli colli eminenti, in mezo de’ quali correva al mare una grandisisma riviera”. E questa è la “gente” che vi trova: “quasi conforme alle altre, vestiti di penne di uccello di varii colori”. L’avvistamento fu tutt’altro che ostile: “venivano verso di noi allegramente, mettendo grandissimi gridi di admiratione, mostrandone dove col battello avessimo sicuramente a posare”. Fu però un incontro mancato, perché “movendosi uno impeto di vento contrario dal mare, fummo forzati tornarci alla nave, lassando la detta terra con molto dispiacere”. Lasciarono quindi anche gli abitanti sulle loro “30 barchette”, a passare trepidanti da una sponda all’altra, ansiosi di conoscere gli ospiti.
5. L’amante del potere grande o piccolo ha imparato tre cose utili, tre relazioni causa-effetto di livello lombrosiano e usa sempre quelle perché le altre non gli servono. Una di esse è mentire sistematicamente. Cosicché ascoltarlo non sarà di nessuna utilità. Guardarlo solo, togliendo il volume, pure non servirà a molto benché sia più utile. Ma forse il punto non è comprendere. Cosa accada dentro una persona che brama il potere e poi lo ottiene e lo esercita, chi non lo desidera può solo immaginarlo. Ma per opporsi al potere non occorre conoscerlo. Contrastarlo è altrettanto istintivo e più facile che volerlo. Ce l’hai già, se ce l’hai, il dire “no” al sopruso inaccettabile. Forse il male non sta aumentando nel mondo, come sembra. Certi segnali fanno temere la predominanza di violenza e regimi autoritari, altri mostrano che i partiti liberali e le associazioni, e i singoli individui, resistono. Siccome tutto si comunica, si comunicano anche la dignità, la solidarietà e il coraggio.
Tate e Lowell amavano particolarmente i poeti dell‘antichità classica. Attrazione che si nota nei temi dei loro versi e più ancora nelle forme. Lowell intitolò una sua poesia: “Falling Asleep over the Aeneid”. Addormentandosi sull’Eneide. L’epica è sparita dai libri da molto più che un secolo fa, ma non dalle nostre vite. Si è frammentata nelle parole e negli atti dei singoli, che volano come le foglie della poesia di Tate. E la storia del mondo è sempre la stessa. (Le righe che seguono le ho usate in un’altra occasione, identiche, e le userò di nuovo). Nel mondo c’è la Debolezza, o Fragilità, nella forma di esseri umani deboli, per motivi diversi. Questa Debolezza impietosisce alcuni, insuperbisce altri. Nasce da qui la lotta ininterrotta, il più delle volte sotterranea, degli impietositi contro gli insuperbiti.