L'Orchestra della Svizzera italiana si congeda dal 2024 con qualità, leggerezza e sorrisi. Standing ovation per il mezzosoprano Marina Viotti
In una valle di lacrime che a volte viene rappresentata anche più torrenziale di quel che è, il messaggio che l'Orchestra della Svizzera italiana ha voluto dare con il suo tradizionale concerto di San Silvestro è stato all'insegna di una leggerezza mai scaduta nella superficialità. Con protagonisti calore, speranza, sorrisi e amore. Tanto amore: da quello spensierato dell'ouverture di ‘My fair lady’ a quello più che romantico di ‘Je te veux’ di Erik Satie e quello carnale della ‘Séguedille’ dalla ‘Carmen’ di Georges Bizet, passando per il ‘Padam padam...’ reso celebre da Edith Piaf, la canzone napoletana con un omaggio a Ernesto De Curtis e alla sua ‘Non ti scordar di me’, chiudendo il cerchio con la ‘Somethin' stupid’ di Frank e Nancy Sinatra ma che allo scrivente e ai (pochi) altri under 40 in sala fa pensare tanto anche a Robbie Williams e Nicole Kidman.
Un programma vario, insomma. Leggero e da festa, ma arricchito di pagine da Jacques Offenbach – riuscitissima da parte dei musicisti dell'Osi la magnifica ouverture dell’‘Orphée aux enfers’ – e Gioacchino Rossini, tra arie e brani orchestrali da ‘La scala di seta’ e ‘L'italiana in Algeri’. Ma è parlando soprattutto del momento più alto della serata, l'aria ‘Nacqui all'affanno e al pianto’ dalla ‘Cenerentola’ rossiniana, di quella speranza di trionfo della bontà, che arriviamo al punto: la prestazione dominante del mezzosoprano svizzero Marina Viotti, protagonista di una performance a tutto tondo che ha portato alla giusta standing ovation finale del Lac grazie alla sua voce che si è adattata a canzoni da ‘dancing’, come a Edith Piaf, come ad arie operistiche. Viotti ha mostrato una presenza scenica fenomenale – la sua entrata sul palco è stata con un défilé sgargiante e ironico sulle note di ‘My fair lady’ –, condita da un costante coinvolgimento del pubblico e dal perfetto coordinamento con l'altro protagonista del concerto di San Silvestro dell'Osi, il basso-baritono statunitense Christian Zaremba. Le loro voci si sono completate a vicenda, e i duetti operistici sono stati spontanei e senza alcuna traccia di manierismo o posa.
L'Osi, diretta dal maestro basco Iñaki Encina Oyón, ha mostrato di essere un'orchestra versatile e che, con qualità, riesce nel giro di pochi mesi a spaziare da Mahler, Bruckner, Beethoven, Schubert alla spensieratezza di un programma ‘natalizio’ e ben adatto al contesto di un concerto di San Silvestro che non sottostà ad alcun obbligo di monumenti o programmi telecomandati per riempire il teatro. L'impegno di svecchiare l'immagine della musica classica, rendere più accessibile la fruizione di un concerto in una sala come il Lac (e anche lo spostare più in là qualche vacca sacra) si presta a numerosi rischi se fatto con pressapochismo o banalità. La costanza con cui l'Osi raccoglie applausi unendo brani contemporanei poco conosciuti al di fuori dell'ambiente o addirittura prime esecuzioni assieme a compositori stra famosi (e stra sentiti), o con cui raccoglie l'ampio consenso del pubblico come l'ultimo dell'anno a Lugano con Sinatra o De Curtis, invece, mostra che il percorso intrapreso per il momento è ben battuto. Aiutati anche, perché no, nel proporre come bis la ‘Marcia di Radetzky’ con tanto di battimano d'ordinanza.