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Verità intellettuale

‘Green line’, della regista Sylvie Ballyot: per chi c’è stato, in quel Fevi per pochi fortunati, qualcosa è successo

Dal film di Sylvie Ballyot
17 agosto 2024
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Hai una storia per le mani, è una storia forte, lo sai. Ha tutte le componenti giuste: violenza, amore, tradimenti, ambiguità. Verità negate, nascoste. Sensi di colpa. Come la racconti? Come la vivi? Perché, ammettilo, è così, quando la storia è forte, la paura di rovinarla irrompe come un blindato in mezzo a una manifestazione, le certezze si fanno esili, inutili come tutto quello che pensi di avere imparato nella tua troppo corta lunga vita. Sei tu che ti devi adattare alla storia, cambiare tutto ciò che ti ha dato realizzazione, oppure è la storia che deve piegarsi a te, adeguarsi ai tuoi modi, alla tua facoltà? La dignità, costruita lentamente, con fatica, anni e anni, un minuto alla volta. O è solo fama ciò che hai cercato? Quella piccola porzione di notorietà che ti ha permesso di avere una voce, l’illusione di avere qualcosa da dire. Adesso tutto si stempera, perché questa storia è davvero più grande di te, la grammatica è un’altra, i legami logici tra le frasi, tra le parole. Gli avverbi, gli aggettivi, non li distingui più. Cosa è chi? Chi è cosa? Hai sempre pensato di averla già vista, già superata. Tu una storia vera l’hai già raccontata. Ti ricordi? Dicevi che l’importante è sapere ascoltare, i personaggi ti dicono loro che cosa fare, io sono uno che, quando Amore mi ispira, prendo nota, ascolto il dettato di dio. Adesso ti è chiaro, erano palle di vetro che tintinnavano nella sabbia di chi si era infarcito di letture colte. Solo adesso ti accorgi che te l’eri sempre cavata a basso costo, una pennellata di già visto già sentito, un pizzico di poesia sgranata e discreta, sentimenti che trovano voce, poco poco, per non finire nel patetico. Giustizia sociale, perché quel che va detto va detto.

Adesso, di fronte a questa storia, tutto è deflagrato. Tu la puoi solo rovinare, è più alta di te, più intelligente di quanto non sarai mai, delicata come una pelle tedesca in Mauritania. C’è dentro tutto: violenza, amore, tradimenti, ambiguità. Quante di queste cose hai conosciuto?

‘Green line’, della regista Sylvie Ballyot, scritto e interpretato da Fida Bizri, è un film che sembra saper sciogliere tutte queste domande scoglionate, spinose come un fico a gennaio. Il luogo è Beirut, la linea verde che divide buoni e cattivi, entrambi combattenti per la libertà; il tempo sono gli anni Settanta, Ottanta, Novanta, Duemila e rotti. Gli occhi della donna che interroga i combattenti cristiani musulmani restano in ascolto per ore, anche quando protestano sono interessati, combattono il desiderio di avere ragione. Parla con lei, dice la protagonista quando brandisce una piccola bambola che la raffigura bambina. Io adulta ti posso capire, ma lei no, lei non sa niente di cause, guerre giuste, morti.

Questa storia è potente, inenarrabile, sembra dire ‘Green line’, non la so raccontare. Ma per chi c’è stato, in quel Fevi per pochi fortunati, qualcosa è successo. Il come ha preso il posto del cosa. La ricerca della verità è sembrata, dolcemente, più importante della verità stessa.

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