Intervista alla regista e all’attore protagonista di ‘Reinas’, storia di emigrazione e di una famiglia spezzata nel Perù dell’auto-golpe del 1992
«Se c’è uno schermo sul quale guardare i film, è quello». A dirlo, con voce ferma ma al contempo leggermente sognante, è stata Mélanie Laurent durante un incontro con la stampa, riferendosi naturalmente a Piazza Grande dove mercoledì, insieme a Guillaume Canet, ha ritirato l’Excellence Award e visto, in un «inaspettato e magico silenzio», ‘Le Déluge’ di Gianluca Jodice.
Ieri sera è stato invece il turno di Klaudia Reynicke: la regista svizzero-peruviana, cinematograficamente cresciuta in Ticino dove vive da anni, ha presentato il suo ‘Reinas’ proprio in Piazza Grande, «dove sono sempre venuta a vedere i film, e sognare, sotto le stelle: portare qui il mio film ha un significato particolare, è come un cerchio che si chiude». È la forza di Piazza Grande, la sezione probabilmente più complessa da allestire e che quest’anno vede una insolita presenza di produzione elvetiche. Durante la presentazione del programma, il direttore artistico Giona A. Nazzaro aveva parlato di momento particolarmente felice per il cinema svizzero – e nei luoghi del Festival sono già apparsi manifesti e volantini che informano della precarietà di questo momento, ricordando l’importante contributo della Ssr alle produzioni cinematografiche e la possibile riduzione del canone radiotelevisivo: Locarno è anche questo, politica culturale più o meno lungimirante.
Tornando al cinema, Klaudia Reynicke ha portato in Piazza la storia di una famiglia che si ritrova nel momento della rottura: un padre assente che improvvisamente ritorna e cerca di recuperare il rapporto con le figlie (sono loro le “reinas”, regine, del titolo: è il vezzeggiativo con cui vengono chiamate dal padre), forse per impedire che abbandonino il Paese in crisi. Proprio come le due figlie del film, Klaudia Reynicke aveva lasciato il Perù, per la Svizzera quando aveva poco meno di dieci anni: la prima domanda che le abbiamo fatto è quanto c’è di autobiografico in ‘Reinas’. «È difficile rispondere: potrei dire “tanto”, ma anche che ho riscritto tutto». Quello che è certamente vero, nel racconto del film, sono «i sentimenti di una ragazzina che va via, perché è quello che ho vissuto fino ai 15 anni», quando la famiglia tornava regolarmente in Perù per trovare i familiari rimasti lì, fino a quando anche loro hanno abbandonato il Perù per gli Stati Uniti (come fa la famiglia del film).
Al momento di girare il film, una coproduzione Svizzera-Spagna-Perù, Klaudia Reynicke non tornava nel suo Paese di nascita da una decina d’anni. «Questo film ha marcato il ritorno in un Paese che non conoscevo più, perché è cambiato tantissimo rispetto a quando ci andavo regolarmente: lavorare per tre mesi, con persone peruviane, è stato un bel regalo».
Tra le persone con cui Reynicke ha lavorato c’è anche l’attore Gonzalo Molina che nel film interpreta Carlos, lo scapestrato padre che cerca di recuperare un rapporto con le figlie prima della loro partenza per gli Stati Uniti. «È un padre assente, ma da un certo punto di vista è un tipico padre peruviano» ci ha raccontato Molina. «Carlos è un uomo divertente e simpatico, un bravo ragazzo ma dopo aver letto la sceneggiatura Klaudia mi ha detto di provare un altro punto vista, di limitare questa sua allegria per pensare a un uomo che non sa come abbracciare le proprie figlie quando le rivede dopo tanto tempo». La parte più difficile del film? «La scena in cui siamo dall’avvocato per firmare il permesso di viaggio per le figlie: il mio personaggio decide se firmare o non firmare quel foglio e lo fa senza dire neanche una parola».
Keystone
Sul palco di Piazza Grande