Lo dichiara il titolo, lo mostrano le immagini, lo narrano i dialoghi
La prima regia di Richard Hunter è un film che raccoglie storie malvagie di ordinaria crudeltà. ‘Foul Evil Deeds’: lo dichiara il titolo, lo mostrano le immagini, lo narrano i dialoghi.
La presa diretta e la camera fissa restituiscono il realismo documentario (Hunter viene da lì), così come la registrazione retrò che pare in Vhs. Porzioni di vita di persone comuni e meno, alle prese con azioni che li rendono spesso sciocchi, a volte ingenui, a volte meschini, e alla fine realmente crudeli. Le storie si interrompono bruscamente senza soluzione di continuità, un ‘cut’ che fa scivolare lo spettatore da uno sbaglio (di questo forse si tratta) all’altro in maniera disordinata e disequilibrata nelle storie.
Questo ci piace, come pure il realismo, lo humour, nero e non, il cinismo e l’attenzione per le piccole cose. Meno la lunghezza eccessiva a volte trascinata, e alcuni cliché (il ministro della chiesa che guarda video porno e detesta ‘le piccole bestiole’, il funzionario avvezzo al sadomasochismo, l’ex galeotto che sbrocca). E il fatto di aggiungere quasi come postilla l’atto più malvagio di tutti, compiuto guarda caso dalla persona più benestante, un’appendice non necessaria e quasi fuori posto, per dire di una cattiveria reciproca che soggiace anche sotto le piccole azioni di tutti i giorni.