Nel giorno dell’accoltellamento di Salman Rushdie, ‘Vous n’aurez pas ma haine’ riapre ferite, ma Kilian Riedhof riduce un attentato a un fatto privato
"Salman Rushdie accoltellato a Chautauqua, New York, a un evento pubblico: è vivo. Lo scrittore e saggista indiano, naturalizzato britannico, è stato accoltellato prima di un suo intervento sul palco". La notizia come fulmine a ciel sereno mentre stiamo scrivendo di un film passato in Piazza Grande ieri sera, ‘Vous n’aurez pas ma haine’ (Non avrete mai il mio odio), riferendosi al massacro islamico al Bataclan di Parigi il 13 novembre 2015. La coincidenza fa pensare: viviamo in un mondo fragile, segnato non da rotte migratorie, ma da precisi disegni criminali, il Bataclan come gli 11 settembre a New York e prima in Cile, non casuali; non si va ad accoltellare uno scrittore 75enne perché ha scritto nel 1988 ‘I versi satanici’, ma cosa possiamo rispondere noi, Occidente, se non tagliare tutte le disuguaglianze, togliendo a irriducibili criminali ogni possibilità di fare accoliti. Ma a chi interessa questo?
Ecco, un film come ‘Vous n’aurez pas ma haine’ non s’interessa a questo problema, neppure lo sfiora pur parlando del Bataclan e delle sue novanta vittime; il regista tedesco Kilian Riedhof riduce un attentato sanguinoso a un fatto privato, all’elaborazione del lutto di un uomo, un padre, che nell’attentato ha perso l’amata moglie. Al film non interessa approfondire l’evento storico che resta molto a lato di un romantico racconto d’amore funereo. Il protagonista è Antoine Leiris (qui interpretato in modo monocorde da Pierre Deladonchamps), la vicenda è quella di un vero giornalista che si era allontanato momentaneamente dal lavoro per finire un romanzo; succede che la sera dell’attentato saluti la moglie, Hélène Muyal-Leiris (nel film Camélia Jordana) che con un amico va a sentire un concerto al Bataclan; nella classica divisione dei compiti, lui tiene il bambino, tanto quella sera in tv c’era Francia-Germania. A una certa ora lui sente della confusione, accende la tv scopre che c’è stato un attentato al Bataclan; comincia per lui un calvario che inizia a chiudersi con la scoperta di lei morta. Ed ecco l’alcool ed ecco i litigi con i parenti per quella bara che non gli interessa ed ecco che scrive su facebook un lungo messaggio in cui dichiara che non concederà il suo odio a chi ha ucciso sua moglie: a milioni commentano il suo scritto e il giornale per cui lavora lo pubblica in prima pagina. Concede interviste a radio e tv. Ma questo non basta a pacificarlo, è solo l’amore per il figlio che lo porta ad affrontare la nuova realtà della sua vita.
Purtroppo, il film resta in superficie, la regia non convince come la recita, tutto resta sospeso in un inutile limbo, e il Bataclan poteva essere qualsiasi altra cosa, anche un incidente in auto. Nel tentativo di raccontare una storia universale, il regista affonda in un mare profondo.