Crudele e spietato, diversi spettatori hanno lasciato la sala durante la proiezione. Ma il limite è la poca originalità registica
John Swab sta diventando un habitué del Festival: l’anno scorso il suo ‘Ida Red’, forte anche della presenza della premio Oscar Melissa Leo, era in Piazza Grande; quest’anno il suo ‘Candy Land’ è Fuori concorso e non è un caso. Entrambi i film raccontano storie di abusi e criminalità – che il regista conosce bene per averle vissute sulla propria pelle – ma ‘Candy Land’ è decisamente più crudele e spietato. Diversi spettatori hanno lasciato la sala durante la proiezione, ma il limite principale del film, più che la violenza esplicita, è la poca originalità a livello di regia: Swab omaggia e cita ma non riesce a fare quel passo in più che lo renderebbe un vero autore.
La Candy Land del titolo è un’area di sosta per camion, punto di ritrovo per chi, di passaggio o residente nella vicina cittadina, cerca sesso a pagamento. A praticare le varie specialità che il regista mostra senza pudori e senza erotismo, troviamo i giovani Sadie, Riley, Liv e Levi che operano sotto la supervisione della protettrice Nora e dello sceriffo Rex.
Come con la famiglia di criminali al centro di ‘Ida Red’, Swab avvicina emozionalmente lo spettatore a questi giovani che si prostituiscono: non idealizza il mondo del sesso a pagamento, ma mostra la dignità di personaggi che in mano a un altro regista sarebbero semplicemente delle vittime. Solo che in ‘Candy Land’ questo è funzionale alla presentazione del vero cattivo del film, una setta religiosa che mira alla purificazione e alla salvezza e non può che scontrarsi con il presunto degrado morale di Candy Land. Dopo un dissidio col fondatore di questo culto, la giovane Remy fugge e viene accolta da Sadie e dalla sua comunità, dove sembra iniziare una nuova vita diametralmente opposta alla precedente. Quello delle sette è evidentemente un argomento tabù, addirittura più di droga e sesso se Swab, come lui stesso ha spigato brevemente prima della proiezione, ha dovuto produrre da sé il film visto che "in Usa nessuno investe soldi su questo tema".