Locarno 74

Gordon e Kushner, la ragazza nella band e quella sulla moto

Incontro tutto statunitense questa mattina alla Rotonda by la Mobiliare tra l'ex Sonic Youth Kim Gordon e la scrittrice Rachel Kushner

Da destra, Rachel Kushner, Kim Gordon ed Eric Facon
13 agosto 2021
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Felice per l’essere incluso «nell’insieme di due grandi menti» (definizione di Giona A. Nazzaro, a introdurre l’evento), il giornalista basilese Eric Facon fa gli onori di casa per un dialogo a tre tenutosi questa mattina alla Rotonda by la Mobiliare all’interno di Locarno 74.

Un piccolo ‘sold out’ a ingresso libero che ha accolto, in ordine assolutamente casuale: Kim Gordon, artista statunitense, bassista cantante e chitarrista dei Sonic Youth, più tardi Free Kitten, e più tardi ancora solista con un album d’esordio che risale a soli due anni fa, ‘No Home Record’, documento personale e riepilogativo tanto quanto ‘Girl in a Band’, autobiografia senza sconti. Al suo fianco, Rachel Kushner, autrice di saggi e romanzi, dall’esordio a base di espatriati americani durante la rivoluzione cubana (‘Telex from Cuba’, 2008) fino al più recente ‘The Hard Crowd: Essays 2000-2020’, raccolta uscita nel 2021 che include il saggio ‘Girl on a Motorcycle’, 2001, che dà il là al dialogo tra la ragazza nella band – Gordon – e quella sulla motocicletta – Kushner.

L’accoppiata non è casuale. «Conosco Kim dal 2014», spiega Kushner, «e quando l’ho incontrata per la prima volta mi sono ritrovata di fronte a un punto di riferimento della mia gioventù, a un’artista innovativa, non solo rock and roll, della quale non avrei pensato, un giorno, di diventare amica. E malgrado il suo ultimo libro s'intitoli ‘No icon’, credo che lei lo sia». Gordon: «Una delle cose che amo di lei è come riesce ad articolare il discorso. Io non ci riesco così bene quando scrivo. È una grande storyteller, e quando leggo i suoi libri riesco a sentire la sua voce. Mi ha ispirata per ‘Girl in a Band’».

Born to be wild

La Svizzera deve attendere per ‘The Hard Crowd’ di Kushner, che esce in Francia il 15 settembre con il titolo di ‘Les routiers sont sympas’. «Era il nome di una trasmissione radiofonica molto famosa in Francia negli anni 70, fondamentalmente un programma basato sulle telefonate dei camionisti per comunicare tra di loro e raccontare storie dalle strade di ognuno, ma divenuta talmente popolare che furono stampati vinili con gli highlights dello show». Sulla gentilezza dei camionisti, Kushner – affascinata dalle motociclette per ‘plagio’ paterno, interessata a tutto il know-how meccanico, facilitata dall’infanzia trascorsa nei pressi di un circuito in cui sfrecciavano i dragster – apre una lunga digressione che parte da un guasto meccanico accadutole nel Nebraska e porta alla solidarietà umana: «Da quel venirmi in soccorso di tanti anni fa, ho imparato una lezione: quando qualcuno ti offre pura generosità umana, a volte il tuo ruolo nel mondo è semplicemente quello di accettare e ringraziare, senza sentirti in dovere di trovare un modo per ricambiare».

Se Gordon parla del suo rapporto col palco – «Non sono la persona più estroversa di questo mondo, ma quando ci salgo sento che nessuno mi può dare fastidio, il palco è un posto che sento di poter possedere» – Kushner parla del processo creativo come «uno stato di concentrazione distratta, uno stato di trance, in cui dimentichi il corpo o la sedia sulla quale sei seduto, segui le informazioni che filtrano e che arrivano da un posto dentro di te che è migliore di quanto tu sia». Gordon: «Credo il discorso possa valere anche per il mio di processo, perché quando scrivo non saprei dire da dove arrivi il contenuto. È strano, ma non mi spaventa, è divertente».

‘Kool Thing’

L’aneddoto dell’incontro viene da una domanda di Kushner. «Sì – le risponde Gordon – ‘Kool Thing’ dei Sonic Youth parla di LL Cool J, che intervistai per un magazine nel 1991. Mi piacque molto il suo album ‘Radio’, prodotto da Rick Rubin. La mia curiosità fu quanto quell’album fosse di LL Cool J e quanto di Rubin. Così, davanti a un pubblico, chiesi a LL Cool J quale fosse la sua rock band favorita, sperando di sentire ‘Sonic Youth’. Lui rispose: ‘Bon Jovi’».

L’incontro si chiuderà più tardi con riflessioni sul futuro e temi più festivalieri: «Chi vincerà il Pardo? Non lo sappiamo. Per noi ha vinto ‘Le farò da padre’ di Alberto Lattuada», film del 1974 inserito nella retrospettiva dedicata al regista italiano. «Anche se oggi non potresti mai girare un film così...».

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