Figli delle stelle

I pesci sotto ‘The Bridge’ e il pescatore Sting

Sting - ‘The Bridge’ (A&M) - ★★★✩✩ - Anche l’ex Police ha il suo disco della pandemia, nato (ipse dixit) ‘come si pesca’

Gordon Matthew Thomas Sumner (Keystone)
28 novembre 2021
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Fermato dalla pandemia a San Francisco, con il musical ‘The Last Ship’ in town, Sting fa le valigie e se ne torna in Inghilterra con tutto il suo staff. “E ora che diavolo faccio?”, dice raccontando la genesi del suo 15esimo e non previsto album uscito lo scorso 19 novembre; “Entravo in studio alle 10 di mattina e ne uscivo per cena, fortunato di poterlo fare”. Le 10 canzoni del nuovo disco – più le due della versione deluxe e una ‘(Sitting on) The Dock Of The Bay’ – sono nate “come si pesca”, ovvero “butti un verso nell’acqua e non viene su niente per giorni; poi, quando meno te l’aspetti, abbocca un pesce, o qualcosa che gli somiglia, e dopo un anno, se sei fortunato te ne ritrovi 12 da cucinare”. Poi il pescatore guarda i suoi pesci e a partire da quello intitolato ‘Captain Bateman’ – adattamento di un brano del XII secolo che sta dentro un libro sul pianoforte di casa Sting – capisce che hanno tutti qualcosa in comune e scrive ‘The Bridge’, pesce che dà il titolo al disco, perché i personaggi ivi contenuti “stanno tutti cercando un ponte sul futuro” (grazie a Billboard per i virgolettati e a Sting per la parentesi ittica).

Forzando noi stessi oltre l’effetto del già sentito che porta dall’orecchiabile ‘If It’s Love’ dritti a ‘All This Time’ (perché l’ostinato del sempreverde Dominique Miller alla chitarra è, gradevolmente, il medesimo) e da ‘For Her Love’ dritti uguali a ‘Shape Of My Heart’, per la quale ogni tentativo di avvicinamento diventa repulsione, aperto da ‘Rushing Water’ – bella traccia n.1 con un piede negli Ottanta (la strofa) e uno nei Novanta (il riff) – ‘The Bridge’ è un alternarsi di Sting (plurale) vissuto anche in ‘57th & 9th’. Nemmeno qui il primo ascolto premia (a volte è un bene), meglio tentare il secondo (che non significa garanzia d’innamoramento). Eccezion fatta per la spazzolata ‘The Bells of St. Thomas’, il nuovo che in questo disco avanza grazie ai suoni antichi del jazz, aperta da curiose visioni oniriche belghe che valgono il prezzo del biglietto (“Mi sveglio ad Anversa / Nel letto di una qualche donna ricca / C’è un uomo con un martello nella mia testa / Lei dice ‘Non riuscivo a svegliarti / Pensavo fossi morto / Ma parlavi nel sonno / E non capivo quello che dicevi’”). Ed eccezion fatta per la ‘The Bridge’ canzone, scarna come un messaggio dentro la bottiglia (non era voluto, ndr), lei e il suo flusso di anime in transito in cerca di meglio.

Pistolotto conclusivo: “La gente pensa sempre in termini di successi passati. I musicisti no”, diceva Freddie Mercury. E dunque un nuovo disco di Sting è sempre un regalo, quasi una benedizione. Poi, se l’innamoramento proprio non scatta come accadeva un tempo, si può provare ad ascoltarlo partendo dalla fine.