Quest’anno è vietato cantare, ma non ascoltare. Ce n'è per tutti i gusti, dal country al jazz all'ultrapop. Ecco alcuni titoli che potrebbero farci compagnia
Consoliamoci. Quest’anno non vi è alcun rischio che in un posto tranquillo, magari anche elegante, una volta serviti gli spaghetti con le vongole, la sera della vigilia si diffonda improvvisamente ‘Boys Boys Boys’ di Sabrina Salerno rovinandovi la magia del Natale, coltivata per giorni a colpi di film di Natale. Perché ci sono locali che non considerano il fatto che anche la musica fa arredamento. Che detta così è un’espressione un po’ sinistra (‘arredamento’ è laddove la vorrebbero relegare alcuni), ma rende il concetto se si parla di buon gusto. Ma forse è il caso di cambiare argomento, che locali e musica hanno già abbastanza problemi. Pertanto...
Quello in cui ormai siamo dentro sino al collo, così lo vuole la Confederazione per ragioni sanitarie, è il Natale in cui non si può cantare (a proposito: si può mormorare, come in ‘Will You Be There’ di Michael Jackson?) e non si possono suonare gli strumenti a fiato (a proposito: il fischio è consentito?). Non ci resta che ascoltarla, la musica. E di tempo, in questa mezza solitudine, in questa mestizia natalizia, ne avremo a sufficienza. In mancanza degli esecutori dal vivo, per ascoltare la musica a Natale le alternative sono due:
1. Digitare su YouTube “Christmas song”, ancor meglio se insieme alla parola “fireplace” (camino) e ascoltare in loop i classici della discografia natalizia contemplando un fuocherello scoppiettante (la versione ‘Classic Christmas Music with a fireplace and beautiful background’ vi trasporta per due ore in una di quelle case americane che succhiano energia elettrica al mondo per alimentare ghirlande luminose e Babbi Natale fluorescenti).
2. Affiancare al Natale in corso il relativo nuovo album di Natale in corso. Sarà che il 2020 è un anno da dimenticare, sarà che gli artisti non vogliono legare il proprio nome a un Natale da dimenticare, sarà quel che sarà (cit. Tiziana Rivale), che li si ascolti in formato mp3 (psico-inganno sonoro che ci priva della ‘ciccia’) oppure in vinile (siamo in pieno boom, riscopriamone il calore), ecco alcuni titoli dell’annus horribilis che potrebbero farci compagnia. Senza impegno, naturalmente.
Il mondo del country accoglie il primo Christmas album di Dolly Parton in trent’anni, ‘Holly Dolly Christmas’ (★★★☆☆), parafrasando a proprio favore la traccia uno, il classico ‘Holly Jolly Christmas’. È un Natale in famiglia quello della 74enne icona del country, che duetta con il fratello minore Randy Parton, con papà e figlia Cyrus (Billy Ray e Miley) e con Willie Nelson nella di lui assai struggente ‘Pretty Paper’ (1963), storia di un uomo realmente vissuto e dalle gambe amputate che vendeva carte e matite a Fort Worth nel Texas, brano portato al successo da Roy Orbison prima, e da Nelson poi. Dolly Parton – Peter Gabriel la voleva in ‘Don't give up’ prima di Kate Bush – duetta amabilmente anche con Christmas himself Michael Bublé nella di lei ‘Cuddle Up, Cozy Down Christmas’ e con lo showman Jimmy Fallon nella insopportabile ‘All I Want for Christmas is You’.
‘The Gift’ (★★★★☆) è l’album di Natale di Carrie Underwood, plurititolata del country esplosa ad American Idol nel 2005. Canta con il figlioletto Isaiah Fisher ‘Little Drummer Boy’, altro brano natalizio senza tempo cantato da tutti, dal duo Bing Crosby-David Bowie a Joan Baez, fino ad Antonella Ruggiero (ci sarebbero pure i Boney M. e Al Bano & Romina Power). Con John Legend, Underwood duetta nella di lui (e non di Cohen) ‘Hallelujah’. Meglio ancora fa la cantante in ‘O Holy Night’ (o ‘Minuit, chrétiens’ o anche ‘Cantique de Nöel’), repertorio per Enrico Caruso e Pavarotti, Mariah Carey e Celine Dion. Con l’orchestra diretta da David Campbell.
Il Christmas album più alternativo e alle nostre orecchie più originale s’intitola ‘Seasonal Shift’ (★★★★☆) ed è dei Calexico, esponenti dell’alternative country (1/4 di tex-mex, 1/4 di jazz, 1/4 di mariachi e 1/4 di psichedelia, e tanti campanellini per l’occasione). Oltre a riesumare Tom Petty per ‘Christmas All Over Again’ e John Lennon per una rispettosa riedizione di ‘Happy Xmas (War Is Over)’, la band si spende in una non-celebrazione della festività, optando per una riflessione senza confini che include anche il bel canto natalizio venezuelano ‘Mi Burrito Sabanero’ (feat. Gaby Moreno).
Con l’aggiunta dell’inedita ‘Dido’s Lament’, a dieci anni dalla prima pubblicazione – non più in blu, ma in rosso, e con scaletta rimescolata – viene ripubblicato il Christmas album dell’ex Eurythmics Annie Lennox intitolato ‘A Christmas Cornucopia’ (★★★★☆), non convenzionale come tutto quanto viene dall’artista britannica, che tra gli evergreen concede la sola ‘Silent Night’, accendendo i camini e le luci sugli alberi nelle autoctone ‘See Amid The Winter’s Snow’ e ‘God Rest Ye Merry Gentlemen’.
Prodotto con i fidi Matt Chamberlain, batterista, e Jon Evans, bassista, ‘Christmastide’ (★★★★☆) è invece il messaggio di speranza natalizio ed extranatalizio di Tori Amos, quattro inediti che, in forma di Ep, vanno ad aggiungersi all’articolato Natale full-lenght del 2009 intitolato ‘Midwinter graces’. “Spero che questo lavoro possa aiutare le molte famiglie che non potranno riunirsi, colpite dalla pandemia – dichiara la pianista – e da un lungo e amaro post-elezioni” (che pare ancora lontano dall’essere post).
Megan Trainor (quella di ‘All About That Bass’) pubblica ‘A Very Trainor Christmas’ (★★★☆☆), album natalizio con dentro gli Earth Wind & Fire. Insieme cantano ‘Holiday ’, brano che contiene, ovvio a dirsi, gli stilemi di quella che è (è stata) una delle più grandi band di sempre. Ora che il Whamageddon è concluso, si può ascoltare Trainor in una cover di ‘Last Christmas’ degli Wham. E pure in una graziosa versione di ‘Winter Wonderland’ con grazioso ukulele, strumento tanto amato dalle cantautrici sopra le righe (o da quelle che non sanno suonare la chitarra). C’è anche il classico ‘White Christmas’, con il tuttofare Seth McFarlane.
I Beach Boys le chiamavano ‘Good Vibrations’. Ma intese come vibrafono – “Strumento musicale a percussione (...) composto da barre in metallo intonate, poggiate in maniera ordinata su una struttura portante, solitamente in legno e metallo” – sono le vibrazioni natalizie (nulla più che good) del vibrafonista Warren Wolf in ‘Christmas Vibes’ (★★★☆☆). S’intitola invece ‘We Need a Little Christmas’ (★★★★☆) l’ennesimo disco di Natale dei Pentatonix, gruppo texano a cappella (sole voci) che si misura in classici come ‘Jingle Bell Rock’ che diventa ’Jingle Bell Pop’, ma pure nel Pinocchio disneyano di ‘When You Wish Upon A Star’ (qui in versione con il camino).
Abbiamo lasciato il meglio per la fine. ‘The Pianoman at Christmas’ (★★★★★), che sa di Natale e di Billy Joel (anche perché terzinato), è l’album natalizio di Jamie Cullum, convinto – era ora – che ‘The Christmas Song’ (quella delle castagne sul fuoco acceso) l’avevano cantata in tanti e bene, e dunque perché farne un’altra? Meglio sfruttare il lockdown per dare un senso all’essere songwriter e scrivere, ispirati da Bing Crosby, Charles Dickens e Frank Capra, nuove canzoni di Natale. Nuove come ‘So Many Santas’, storia di un bimbo che passeggia per la città e si chiede come mai ci siano più Babbi Natale e non uno soltanto (prima presa di coscienza del concetto di ‘franchising ’). Splendidi gli arrangiamenti di fiati registrati, come tutto il resto, negli Abbey Road Studios.
Dalla Lapponia è tutto. A voi Buon Natale.