All’Alcatraz di Milano stipato all'inverosimile, il concerto straordinario di un artista dalla fantastica capacità comunicativa
Talento che trasuda da tutti i pori, musica da leggenda, grande modo di cantare, magnifico musicista: sono solo alcuni degli apprezzamenti che ha ricevuto in questi ultimi anni il compositore, polistrumentista e cantante britannico Jacob Collier, che si è esibito giovedì sera all’Alcatraz di Milano stipato all’inverosimile nell’ambito del suo ‘World tour’ che l’ha portato pure a Basilea ieri sera e lo vedrà protagonista il prossimo 2 dicembre alla Halle 622 di Zurigo.
Trent’anni da poco compiuti, figlio e nipote di musicisti (la madre è una nota violinista), Jacob Collier ha una storia musicale e una carriera del tutto particolari. Sin da giovanissimo ha iniziato a suonare ogni strumento gli venisse messo a disposizione, disseminando la propria camera (dove ha praticamente passato tutta l’adolescenza) di fonti diverse di suono, che ha poi deciso di amalgamare in particolari montaggi video-audio pubblicati su YouTube. Si tratta perlopiù di cover, brani noti (e raffinati) che Collier arrangia in maniera funambolica facendo tutto da solo. A diciott’anni è già virale, ha un pubblico sempre più ampio di fedeli seguaci (tendenzialmente musicisti) che lo portano rapidamente a essere ingaggiato discograficamente. Esce l’album ‘In my room’, la summa della sua musica “da cameretta”, che incanta un mostro sacro come Quincy Jones (scomparso proprio negli scorsi giorni) che se lo porta dritto dritto al Festival di Montreux. Ed è lì che parte decisamente la ‘carriera’ di Jacob Collier, apprezzato e osannato da jazzisti come Chick Corea, Pat Metheny, Herbie Hancock, e non più ‘one man band’ ma eccezionale polistrumentista che mette a disposizione il suo talento nel confronto con altri musicisti, noti e meno noti, che si misura in concerti di prestigio accompagnato da orchestre sinfoniche, che duetta sui palchi di mezzo mondo con cantanti (soprattutto donne) che amano alla follia i suoi brani.
Discograficamente Collier progetta un album in quattro volumi che gli costa sei anni di lavoro (l’ultimo è uscito in primavera) e che intitola ‘Djesse’ (volume 1, 2, 3 e 4). Ed è proprio all’insegna di ‘Djesse world tour 24’, iniziato negli States in maggio, che Jacob è approdato a Milano accompagnato da una band da paura, in cui spiccano le tre vocalist (in verità tre soliste): una su tutte, Alita Moses, strepitosa. Nelle due ore di un concerto ad alta concentrazione energetica, Collier propone tutto sé stesso, tutta la sua debordante creatività che sa mettere nei generi più disparati, che rilegge e riarrangia, sia con brani originali che con cover sempre sorprendenti. Basti pensare che all’Alcatraz, assecondando la sua propensione a omaggiare il pubblico del paese in cui si esibisce con un brano di quel luogo, ha offerto un’intima e affascinantissima versione di un aria settecentesca di Tommaso Giordani, ‘Caro mio ben’, specificando poi che l’aveva dovuta imparare per un esame di canto quando aveva 12 anni. Sì perché, appunto, Jacob Collier è musicista trasversale, conosce frequenta, ama e diffonde brani che mettono insieme o alternano, la classica al jazz, il funk alle ballate, costruendo canzoni che magari si compongono di più basi ritmiche e si intessono in armonizzazioni da capogiro. Da ragazzo chiuso nella propria stanza ad animale da palco che canta, salta e balla passando dalla chitarra al basso, dal pianoforte alle percussioni magari in uno stesso brano, la ‘carriera’ di Jacob Collier, già arricchita da diversi Grammy, si concretizza oggi in una rara, fantastica capacità comunicativa con il pubblico, che a suo stesso dire, fa parte della sua band a ogni concerto.
Collier è un artista da vedere live, per capire con quanta energia e gioia induca gli spettatori a partecipare allo sviluppo di un brano dirigendoli come fossero un coro a più voci e tonalità. Siamo quasi all’happening musicale in una trascinante miscela di suoni e atmosfere che fanno delle sue esibizioni dei veri e propri eventi e lo confermano come uno dei maggiori protagonisti della scena musicale internazionale. Ascoltare e vedere per credere.