Scritto tutto attaccato, come i titoli delle sue canzoni. 75 anni oggi, festeggerà dal vivo il 23 marzo al Sociale e con un nuovo doppio cd
È arrivato a 75 anni dopo averne trascorsi la maggior parte a fare musica, sopravvivendo al mutare dei generi, reggendo al crollo dell’industria discografica, all’ambiente un tantino autoriferito ed egotico e sopportando i giornalisti e le loro domande un po’ scontate come “scrivi prima il testo o la musica?”, o un po’ stupidelle come questa: “Marco Zappa, caspita: ma non invecchi mai?”. «Può essere un complimento o anche no!», risponde il cantautore, che oggi festeggia un compleanno più importante di altri. «Invecchiare ha i suoi vantaggi, vuol dire maturare, vedere la vita in modo diverso. Se sei vecchio e non riesci più a vivere è una cosa, ed è tragico, ma la vecchiaia come la sto vivendo oggi, e che altri vivono come me, è un saper approfittare di ciò che si è imparato e utilizzarlo per vivere meglio».
Per dirla proprio tutta, Marco dice che se si guarda allo specchio vede il tempo che è passato, ma di anni se ne sente «venti o trenta» e ancora vive «come se avessi quell’età», viaggiando, scrivendo, cercando strumenti acustici in giro per il mondo, lavorando nello studio di registrazione casalingo, provando il suono nelle sale concerto, «più o meno tutto quello che facevo cinquant’anni fa con i Teenagers, e con le band che sono arrivate dopo».
Marco Zappa festeggia i suoi 75 anni con un doppio cd «che poteva essere un triplo», intitolato ‘Anele’, ideato, progettato e realizzato insieme alla moglie Elena. Ricorrenza nella ricorrenza, nel marzo di questo 2024 inoltrato cade anche il decennale della loro vita insieme: «Lavorare con lei, che non è musicista, è un processo molto profondo che prende spunto dalle nostre esperienze di vita, dai nostri incontri e dai nostri viaggi. Elena è estremamente critica e severa su tutto quanto le sottopongo, su ogni nuova canzone, versione o arrangiamento. Scriviamo insieme i testi perché riflettono situazioni di vita in comune». Un cambio di prospettiva per chi, prima di Elena, le parole le sceglieva da sé: «Chissà, in passato potrei avere scritto e pubblicato cose che dicevano qualcosa solo a me, correndo magari il rischio di essere fuori discorso. Lavorare con Elena completa quel lavoro d’insieme che ho sempre fatto e faccio ancora con i musicisti con cui suono, che a volte mi spingono a ridimensionare, a correggere il tiro. Anche il concerto è uno scambio di idee, musicale e di capacità, continua a offrirmi tanto da imparare e fa sì che la mia vita non sia mai noiosa».
‘Anele’ è il risultato di quattro mesi di lavoro di studio, in quello che a casa Zappa pare piuttosto un atelier. «Pittore io? Sì, potrebbe essere, se si guarda alla musica come colori e infinite sfumature. Se pensi a tutte le canzoni che vengono scritte e tu le riesci a distinguere sempre una dall’altra, come i visi delle persone. A volte cambia la tonalità, a volte lo strumento, la voce, i rapporti tra strofe e ritornelli. Bella o brutta che tu voglia definirla, ogni canzone è unica ed è incredibile».
Tecnicamente parlando, ‘Anele’ (lasciamo l’anagramma al lettore) è l’insieme di 16 canzoni in lingua italiana (cd n.1) e altre 16 in dialetto (cd n.2). È anche una più generale commistione tra registrazioni dal vivo – Grin Festival di Roveredo, giugno 2023; Vallemaggia Magic Blues, luglio 2023; Festa Federale della Musica, settembre 2023; Lux di Massagno, ottobre 2014 – e session in studio, tra rivisitazioni e inediti belli e ispirati come ‘SopraITetti’, dall’omonimo film di quel Peter Frei che oggi è un regista ma di Zappa fu produttore nei giorni della Phonag: «Peter ha messo una macchina da presa sul terrazzo di casa sua, rivolta verso Locarno; ha guardato come un pescatore guarda cosa resta nella rete, accorgendosi di tutte quelle cose che, in modo quasi invisibile, cambiano. È una sensazione che ho provato in Italia, guardando quei casolari che appartengono alla civiltà contadina, alcuni con i tetti che cadono a pezzi, altri rimessi a nuovo.
“Danzano nella notte le ruspe / illuminate da palloni di luce / e le gru attendono il mattino / come alberi secchi nel deserto”, si canta in quel pezzo. «Viviamo in un mondo che cambia impercettibilmente e noi cambiamo con esso; c’è gente nuova che aspetta di prendere il nostro posto, in una ciclicità che forse comprendo solo ora che mi ritrovo più maturo. I cambiamenti segnano, e le guerre sono quelle che producono i cambiamenti più immediati, ma c’è anche un cambiamento inesorabile e lento ed è il tempo che si mangia le cose». E se il tempo è in ‘SopraITetti’, la guerra sta in ‘NinnaNannaDellaGuerra’, il medesimo Trilussa che Baglioni mise in musica cinquant’anni fa e che Zappa, una volta transitato per la piazza che Roma dedica al poeta, ha voluto attualizzare nei “sovrani che se scambieno la stima”, dando al conclusivo “ber discorso su la Pace e sul Lavoro” della poesia originale il senso del chiedersi chi, dei “capi della terra”, potrà “tornare a costruire”. Perché «il business della guerra non è solo produrre armi, ma anche distruggere e ricostruire, e guadagnare soldi».
Mettiamola così. Se il mondo distrugge, Zappa costruisce. Dal punto di vista strettamente musicale e acustico, ‘Anele’ pare la forma definitiva di una casa pensata, disegnata, progettata e messa in piedi negli anni. Con solide fondamenta ritmiche e un arredamento etnico di liuti albanesi, bouzouki, cifteli e altra musicale oggettistica. Per quanto il compito dell’artista sia quello di andare sempre oltre, ‘Anele’ pare un punto d’arrivo: «Non vorrei mai che si dica di Marco Zappa che ha recuperato dal cassetto qualche vecchia registrazione tanto per mettere insieme un disco». Anche l’aspetto grafico del lavoro è curato, affinché possa essere un oggetto tangibile ed evocativo di un’intera carriera. Il doppio cd è in edizione limitata, con cartolina di accesso al download della versione digitale che, come si dice in questi casi, è disponibile sui principali store (digitali).
Per un motivo o per un altro, per un disco o per un altro, il destino vuole che con Marco Zappa ci si ritrovi sempre dopo il Festival di Sanremo, con la piacevolezza di poterne parlare nei suoi significati strettamente musicali e senza snobberie di sorta: «Ammetto che preferisco guardarlo quando è finito, con il telecomando in mano così da poter avanzare nella visione se qualcosa proprio non mi piace. Lo guardo per l’orchestra, per gli arrangiamenti, per il modo in cui i cantanti si presentano sul palco. La canzone che ha vinto è molto fresca, etnica quanto basta, con un’interprete brava, carina e simpatica». Al netto di «certe gag», di Sanremo «puoi prendere quello che ti piace. Ma se lo guardi con il preconcetto, allora hai sbagliato tutto». Zappa ha un debole per Mahmood – «Ha rivoluzionato il modo di cantare, la sua è world music però è anche la nuova canzone d’autore italiana. La prima volta che l’ho ascoltato ho riconosciuto la sua unicità» – e, in questo senso, «il Festival è evoluzione, se si guarda a quanti giovani ci sono oggi, dopo anni nei quali ci hanno rifilato tanti e tanti vecchioni», intesi come anziani e non come Roberto.
Ghali, invece, apre a una riflessione extra-musicale che riguarda chi vuole la politica fuori dal Festival: «Ognuno di noi, musicista o semplice uomo di strada, deve poter dire quel che pensa senza paura. Tutti leggiamo i giornali, guardiamo cosa capita nel mondo, un’idea ce la facciamo. Politica viene da ‘polis’, che significa ‘città’. Tutta la mia musica non è mai stata partitica, ma profondamente politica perché umana. Ogni uomo deve poter prendere posizione su quello che vive». Come quando a Tirana buttarono giù il Teatri Kombëtar, il teatro nazionale d’Albania, e in quei giorni Zappa ci mise la faccia e pure una canzone: «Lo feci al posto di molti albanesi, in effetti. Ancora non si sa cosa si celi dietro alle protezioni del cantiere, dicono che all’interno ci sarà ancora un teatro, chiaramente non più quello di prima, che aveva una sua connotazione storica e sociale».
Di Intelligenza artificiale, con Marco Zappa avevamo parlato giusto un anno fa, e il pensiero è confermato: sopravviveremo, integrandoci, come da sempre facciamo confrontati al progresso: «Elena mi ha regalato un grattaschiena, una zampetta lunghissima che mi provoca piacere; le dico sempre che quell’oggetto è una delle cose che più apprezzo dell’intelligenza umana (ride, ndr). Dall’altra parte apprezzo i navigatori satellitari che ti parlano con la voce suadente e ti dicono dove sei, dove andrai e quanto ci metterai».
Convincendoci che così sarà, chiudiamo con una di quelle domande cui si è obbligati a rispondere quando si comincia ad avere ‘una certa’: guardando indietro, caro Marco, c’è qualcosa che ti fa dire “però, qui sono stato davvero bravo”? La risposta nemmeno sfiora il Premio Unesco ricevuto nel 2017 e, nel 2019, il Premio svizzero della musica. «Qualche giorno fa mi hanno chiesto quando sia scoccata in me la scintilla. Ho risposto che le scintille si accendono di giorno in giorno, perché se ne fosse scoccata una soltanto, forse tutto si sarebbe già spento. Allora dirò che c’è una soddisfazione quasi inconscia provata quando ho visto su un grande roll up pubblicitario le copertine dei quaranta cd che ho pubblicato. Forse solo oggi mi accorgo che ogni brano e ogni album corrispondono a un momento della mia vita, e i contenuti sono ancora importanti nel mio quotidiano. Se li riascolto, riscopro me stesso in quei momenti, da solo o con gli altri musicisti, in altre situazioni, in altre età. Provo anche la soddisfazione di uscire, ogni anno o due, con qualcosa di nuovo da portare davanti a un pubblico, nei concerti».
Come in quello di Bellinzona, sabato 23 marzo al Teatro Sociale, che prende il nome di ‘Tutto il mondo è Ticino’ e lo vedrà sul palco con Mad Mantello (chitarra acustica, voce), Nic Angileri (contrabbasso, voce), Ilir Kryekurti (batteria, percussioni) e tre ‘special guest’: Mirko Roccato, virtuoso del sassofono e del clarinetto, la figlia di Marco, Daria Zappa (violino, voce, flauto) e il piccolo Iskander Matesic Zappa all’arpa e alla voce, che ha 8 anni, è il nipote di Marco e in ‘Anele’ lo si ascolta anche in ‘LaMeMama’. E con tre generazioni di Zappa sul palco, la continuità è assicurata: «Non sono cercate o volute, ma sono soddisfazioni».
Mai come in questo caso, alla fine di questo capitolo, possiamo scrivere “Continua”.
L’album, in cd limited edition e in digitale