Sei tromboni, una tuba e un euphonium, formazione francese in residenza: martedì 26 luglio negli spazi esterni del Teatro, qualcosa di più che un concerto
Sono stati nella Valletta del Silenzio a riempire lo spazio col suono, laddove quello spazio è di norma riempito dai corpi. Tanto in quella cattedrale naturale quanto negli altri spazi del Teatro San Materno di Ascona e del Monte Verità tutto. Si fanno chiamare Octotrip, per la non consueta unione tra sei tromboni, una tuba e un euphonium. Francesi, già compagni di conservatorio, al San Materno sono in residenza ma anche ‘in esplorazione’, alla ricerca del rapporto tra suono e spazio negli ambienti esterni dello stesso. È in quelli interni che li incontriamo, lì dove alla fine di tutto ci regaleranno un’esecuzione de ‘Las Cataratas’. Questa:
I tromboni: Jules Bottin, François Chapuis, Robinson Khoury, Alexis Lahens, Charlie Maussion, Nicolas Vasquez. All’euphonium Victor Auffray, alla tuba Lucas Dessaint. Quello di martedì 26 luglio alle 20.45 negli ambienti esterni del teatro (all’interno in caso di pioggia) è il primo concerto svizzero degli Octotrip; presi uno a uno, in Svizzera ci sono già stati per progetti racchiusi in lunghe biografie in cui appaiono gli ensemble e i teatri più importanti di Francia e non solo. Nicolas: «Tutto è cominciato a Lione nel 2015. Eravamo studenti al Conservatorio Nazionale Superiore. Octotrip ci ha consentito di continuare a vederci anche dopo la fine degli studi. Ci unisce la voglia di creare, di lavorare a un repertorio su misura per questo strumento». Alexis: «Al conservatorio si suonavano sempre le stesse cose; noi volevamo comporre per i nostri strumenti e per le nostre personalità».
Estetiche
Eccezion fatta per ‘Sophisticated Lady’, che è farina di Duke Ellington, l’eponimo degli Octotrip uscito nel 2019 è un album d’inediti a tutti gli effetti, che ha in Robinson Khouri – compositivamente calato in un misto di jazz tradizionale, world music e musica ripetitiva minimalista – uno dei due autori originali. L’altro è François Chapuis, che compone ispirato alla musica moderna, a quella francese d’inizio XX secolo e alla musica seriale e dodecafonica in particolare. Chapuis giunto ad Ascona per altri tragitti, facendo scendere temporaneamente a sette il numero degli intervistabili e fotografabili.
«Otto è quasi un’orchestra – dice Khouri – ma non è nemmeno musica da camera. Otto è al limite tra qualcosa di ‘supermassivo’ e l’effettivo cameristico». Jules: «Ognuno di noi ha un proprio percorso, personale, di studi, di modalità d’apprendimento. Ognuno porta una propria estetica personale: c’è del jazz, della classica, c’è la world music. Si tratta di creare un repertorio, ma anche uno spettacolo, di studiare i piazzamenti scenici, le luci, di dare una forma teatrale al tutto». Charlie: «Lo scopo è quello di trovare una sonorità comune. Ognuno ha le proprie qualità e i suoi punti deboli, differenti per tutti. Ognuno porta un’estetica differente, come dice Jules, anche quando suona, quando ascolta, tra di noi ma anche al di fuori di Octotrip. Cerchiamo di farne materia comune».
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Octotrip
A proposito: come si mettono d’accordo sei trombonisti? Jules: «Non è molto diverso dalla società civile: tante discussioni, tanto rispetto e l’intelligenza collettiva indispensabile per la convivenza». Charlie: «Abbiamo un nostro ego, sicuramente, ma il rispetto arriva dalla proposta e dal confronto». Victor: «All’inizio, per il nome del gruppo avevo pensato proprio a Egotrip…».
Risata d’ensemble e riflessione: questo dev’essere (al netto delle antiche teorie sui matrimoni) il motivo per il quale gli Octotrip sono insieme da sette anni. Soprattutto, sono gli stessi da quando l’ensemble è nato. Nicolas: «Siamo ancora in piena evoluzione nella ricerca del nostro suono, mutiamo in funzione del repertorio»; Robinson: «Sono cicli. C’è la composizione, c’è la registrazione, c’è il concerto e nel concerto si suona diversamente dalla registrazione, cosa che apre un nuovo ciclo». E in tema di ciclo, Jules: «Una residenza come questa è di stimolo».
‘Las cataratas’ (Le cascate) dura cinque minuti; genera il brivido anche se gli Octotrip la suonano in sette; il range di sensazioni è vastissimo, ancor più che su disco; e quando i tromboni entrano in risonanza, gli Octotrip paiono un sintetizzatore: saranno le suggestioni del Monte Verità, da dietro le quinte potrebbe pure uscire Pete Townshend degli Who con un vecchio Moog a girare le manopole come in ‘Baba O’Riley’. Robinson: «L’ensemble è una versione estesa di noi stessi, sono otto voci che lavorano insieme e sanno come risultare un’unica voce. Sì, l’idea di un sintetizzatore ci può stare».
Un’unica voce, un’estensione di sé. «All’inizio le nostre partiture si chiamavano ‘Trombone 1’, ‘Trombone 2’, ‘Tuba’, ‘Euphonium’; ora si chiamano ‘Robinson’, ‘Jules’, ‘Nicolas’, ‘Victor’. Le partiture sono per persone e non più per strumenti». Non ricordiamo esattamente chi l’abbia detto, ma se la voce è una sola allora poco importa.
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