Pubblicata la statistica annuale sulle istituzioni museali: cresce il divario tra piccoli e grandi musei. Ma ancora non si sa l'effetto della pandemia
Una situazione stabile, quella dei musei svizzeri, ma attraversata da alcune divisioni: tra regioni linguistiche, tra grandi istituzioni con numerosi visitatori e realtà più piccole, tra pubblici di età e livello di istruzione diversi. È il quadro che emerge dell’annuale rilevazione dell’Ufficio federale di statistica iniziata nel 2015 e che, con i dati relativi al 2019 appena pubblicati, permette di tracciare un quadro dell’evoluzione degli ultimi cinque anni.
Sostanziale stabilità, si è detto: il numero di musei attivi in Svizzera è rimasto praticamente lo stesso, e lo stesso vale per il numero di oggetti conservati e le giornate di apertura. Del resto, come si ricorda nel rapporto, “il museo è un’istituzione attiva sul lungo periodo” e i dati analizzati si riferiscono, come detto, al 2019: non tengono quindi conto della pandemia che ha tenuto chiusi i musei diversi mesi. Per una fotografia degli effetti del Covid-19 sui musei occorrerà attendere ancora un anno; di più per capire se e come sono cambiate le abitudini dei visitatori verso un’istituzione culturale che, almeno finora, si è dimostrata tra le più popolari e diffuse.
Negli anni presi in considerazione, infatti, oltre un quarto dei Comuni svizzeri ospitava almeno un museo sul proprio territorio; per un confronto, solo il 7 per cento aveva una sala cinematografica sul proprio territorio. Alta anche la percentuale di visitatori tra la popolazione – che però è oggetto di un’altra ricerca, quella sulle abitudini culturali, e ha un approccio un po’ diverso includendo oltre ai musei veri e propri anche esposizioni e gallerie – è alta: più del 70 per cento delle persone ha frequentato un’istituzione museale.
Stabilità ma, come accennato, anche disparità. Una prima riguarda le dimensioni delle istituzioni: abbiamo da una parte un numero relativamente contenuto – una sessantina – di musei a forte affluenza di pubblico, aperti per buona parte dell’anno, molto attivi nell’organizzare attività ed eventi e dall’altra parte una maggioranza di piccole istituzioni, aperte in media 80 giorni l’anno (meno di due giorni a settimana). Si tratta di un dato già noto; la novità è che il divario è in crescita: negli ultimi cinque anni si è infatti registrato un forte aumento dei visitatori (+2 milioni di ingressi, per un totale di 14,2 milioni) imputabile quasi esclusivamente ai grandi musei. Guardando ai tipi di museo, a fare più visitatori sono quelli di scienze naturali con circa 22mila visitatori in media nel 2019 (con un marcato aumento rispetto al 2015); seguono i musei d’arte e quelli archeologici che ogni anno attirano circa ventimila visitatori; per i musei regionali e locali la media si situa sui 1700 ingressi.
La cosiddetta “coda lunga” – il 71 per cento dei musei svizzeri contava meno di 5mila ingressi nel 2019, mentre solo il 5 per cento superava i 50mila – composta perlopiù da musei regionali e locali non arriva minimamente ai livelli dei pochi grandi. Questo divario, come accennato, non riguarda solo i visitatori ma anche altri aspetti della vita dei musei, dai giorni di apertura alle visite guidate agli eventi quali inaugurazioni, conferenze o proiezioni.
Questa situazione ha un interessante riflesso sulle tre regioni linguistiche. Se il numero di musei presenti rispecchia grosso modo la popolazione – il numero di istituzioni museali pro capite è più o meno lo stesso in tutta la Svizzera – la composizione cambia radicalmente: i musei regionali e locali sono diffusi soprattutto nella Svizzera tedesca (circa il 37 per cento del totale, contro il 32 a livello nazionale), mentre nella Svizzera italiana c’è una particolare presenza di musei d’arte. In Romandia si registra invece una maggiore quota di musei a forte affluenza di pubblico rispetto alle altre regioni linguistiche, causa (o effetto?) di una maggiore frequentazione di musei: il 74 per cento dei romandi ha visitato un’istituzione museale contro il 70 per cento della Svizzera tedesca e il 66 di quella italiana.
Infine, differenze nel profilo dei visitatori: non solo le persone con livello di formazione di scuola dell’obbligo frequentano meno i musei di chi ha proseguito gli studi, ma la loro percentuale è scesa negli ultimi anni. Per contro non vi sono differenze di genere o età nella frequentazione di istituzioni museali, anche se cambiano leggermente il tipo di museo frequentato: le donne preferiscono maggiormente i musei d’arte, gli over 60 quelli regionali e locali e la fascia 30-44 anni i musei di scienze naturali e tecnici.