‘La Romanda mannara’ (storia vera ma non troppo) di Erik Bernasconi, cortometraggio fuori concorso realizzato per le giornate del plurilinguismo
È una notte di luna piena, quando Ruth viene colpita da un ictus. Ruth è figlia di genitori svizzero-tedeschi, è nata e cresciuta nella Svizzera tedesca e in Svizzera tedesca ha frequentato tutte le scuole. Però quando si risveglia dopo il grave problema cerebrale, non parla né comprende più la sua lingua madre. Per grande sgomento del suo compagno Marco, Ruth si esprime invece in un francese fluente. È l’inizio di una serie d’incomprensioni, difficoltà e dicerie, raccontate principalmente dalla protagonista e da colui che diventerà il suo ex. I due cercano vari modi per intendersi, ma la barriera della lingua finisce per dividerli.
Per sempre? ‘La Romanda mannara’ – cortometraggio di Erik Bernasconi, in Prima internazionale martedì 22 novembre (ore 20.45) fuori concorso – non chiude la porta a un riavvicinamento. Bisogna essere almeno in due per amarsi, ma ‘Se apriamo i nostri occhi a un’altra lingua, capirsi diventa una magia’. È racchiuso in questo slogan dell’ufficio della Delegata federale al plurilinguismo che appare in coda nelle quattro lingue nazionali, il messaggio del ‘corto’ realizzato per le giornate del plurilinguismo dal 26 al 30 settembre 2022. Girato a luglio e agosto fra Ticino, Vallese e Zurigo in tedesco, francese e italiano, ‘La Romanda mannara, La Romanda striunada, La Romande-garou, Die Werwelsche’ (Sgnauzfilms) s’ispira «a fatti realmente accaduti, come direbbero quelli ‘veri’» spiega con una risata il regista, che del cortometraggio è pure produttore e sceneggiatore. «Lo spunto è un episodio riportato dalla stampa una decina di anni fa, relativo a una donna germanica che, dopo essere stata colpita da ictus, non parlava più tedesco bensì svizzero tedesco. Nella fiction io non ho scelto un approccio scientifico, perché l’intento è riflettere sul plurilinguismo. In quanto minoranza, noi italofoni ci troviamo più spesso confrontati all’uso di una lingua diversa dalla nostra, quando ci muoviamo all’interno del Paese. In qualche modo presento questo punto di vista, mettendo un po’ in evidenza l’italiano verso la fine della storia; sebbene nella storia stessa l’italiano occupi comunque una parte ridotta. Come è esattamente nella società svizzera: l’italiano c’è, ma in uno spazio ristretto. Però ho preferito dare una lettura positiva, piuttosto che critica. Lanciare cioè il messaggio che, con qualche sforzo, ci si riesce a capire. Se ognuno ci mette del suo nel provare a comunicare, ce la facciamo».
Se a Castellinaria passerà una versione interamente sottotitolata in italiano, il filmato online traduce unicamente le parti in svizzero tedesco (in quanto non lingua nazionale). «Nelle intenzioni del committente c’era quella di avere dialoghi nelle lingue nazionali senza sottotitoli; così da farci proprio ‘sentire’ il plurilinguismo. A mio modo di vedere questa scelta è un ulteriore atout del cortometraggio: possiamo in tal modo renderci conto che sì, a volte la comunicazione è difficile, ma se tutti ci mettono un po’ di impegno, riusciamo a comprenderci». Non trova invece voce l’inglese, lingua che in Svizzera non di rado, specie dai giovani, è usata come passe-partout. «La natura del progetto mirava a raccontare la cultura svizzera, quindi l’inglese non entrava proprio in linea di conto».
Accanto agli attori professionisti Anna Pieri (Ruth Gautschi), Leonardo Nigro ( Marco Egger) e Marco Mottai (il ticinese che la protagonista incrocia a Locarno), Bernasconi si è «preso il gusto di sperimentare in un lavoro di improvvisazione e in questo senso alcuni personaggi sono interpretati da alcuni membri della mia famiglia, dei quali ho potuto sfuttare il perfetto plurilinguismo». La compagna Yasmin Ahatri è Samira Bernasconi, amica di Ruth; la nipote Elena Luna Dima è Sarah Waldburgher, vicina di casa di Ruth e Marco a Zurigo); la suocera Ruth Grünenwald è Melanie Gautschi, la mamma di Ruth. «Dirigere è stato divertente. Il sistema è basato non tanto su una sceneggiatura rigida, quanto piuttosto su una caratterizzazione dei personaggi, su una storia data. Ciò ha dato libertà ad attori e non attori di improvvisare, ciò che ha funzionato bene».
"E voi cosa fate nelle notti di luna piena?", chiede Ruth (in francese) spuntando dopo i titolo di coda. Era un modo per finire con un sorriso. O anche, perché no?, per far sorgere qualche dubbio. Quella che raccontiamo è la storia, più o meno inventata, di una persona; ma noi come ci poniamo in tutto questo?».