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Lingue nelle scuole private, il veleno sta nella coda

Gran Consiglio e anticipo del tedesco in prima media: ‘Il rapporto di maggioranza apre le porte a un possibile indebolimento dell’italiano’

Diego Erba
(Ti-Press)

Prendo a prestito in questa occasione il detto latino ‘in cauda venenum’. Questa frase fa riferimento al veleno che veniva spesso utilizzato per risolvere in modo poco diplomatico controversie e criticità. È quanto ricavo dalla lettura, nella mia veste di coordinatore del Forum per l’italiano in Svizzera, del rapporto di maggioranza per l’anticipo del tedesco in prima media che sarà discusso oggi o nei prossimi giorni in Gran Consiglio. Se su questo argomento non mi esprimo, visto il mio trascorso professionale, altrettanto non posso fare per un aspetto che mi interessa e che sembra essere passato inosservato.

Infatti, leggendo il rapporto, la sorpresa sta nelle conclusioni: al Gran Consiglio si propone pure di modificare l’articolo 80 della Legge della scuola e, in particolare, il capoverso 2 che disciplina l’insegnamento delle lingue nelle scuole private dell’obbligo. La proposta è la seguente: "Agli allievi in età d’obbligo scolastico l’insegnamento dev’essere impartito di principio in lingua italiana. È data facoltà ai singoli istituti di svolgere lezioni in un’altra lingua nazionale svizzera o in inglese; la lingua italiana dev’essere comunque insegnata".

È la seconda parte del capoverso che non può essere condivisa da chi ha a cuore la lingua e la cultura italiana e la formazione dei nostri giovani. Infatti con questa modifica si concede la facoltà agli istituti privati di scegliere liberamente l’altra lingua d’insegnamento, ritenuto che l’italiano dev’essere insegnato. Si permette dunque alle scuole dell’infanzia, elementari e medie private di svolgere lezioni in una lingua diversa dall’italiano. Spetta solo a loro decidere quale lingua insegnare e per quante ore settimanali. Così, ad esempio, un istituto privato potrebbe insegnare in prima media tutte le materie in tedesco o in inglese (tranne ovviamente il francese) e riservare all’italiano le 6 ore settimanali prescritte dalla griglia oraria.

L’autorità cantonale, che ha il compito di riconoscere i titoli rilasciati dagli istituti privati parificati, non può però intervenire poiché la modifica di legge proposta non fornisce nessuna indicazione di quante ore d’italiano devono essere impartite, né prevede l’autorizzazione preventiva del Consiglio di Stato (come invece è attualmente). Così facendo si aprono le porte a un possibile indebolimento dell’italiano in queste scuole. Ironia della sorte: una scuola media pubblica che desiderasse insegnare alcune materie in tedesco o in inglese deve invece richiedere, in base alla stessa Legge della scuola, l’autorizzazione all’autorità cantonale.

Disparità di trattamento

Siamo di fronte a un’evidente disparità di trattamento tra scuola pubblica e scuola privata. Per questo pasticcio, calza quindi a pennello il proverbio secondo cui ‘il diavolo sta nei dettagli’. Da oltre dieci anni il Forum – voluto dal Ticino e dai Grigioni – s’impegna per valorizzare l’italiano e la sua cultura in Svizzera. Pochi mesi fa ci è stato assegnato il Premio per il federalismo 2022 per il nostro impegno. Recentemente abbiamo denunciato all’autorità federale il mancato rispetto della legge da parte del 25% dei licei della Svizzera tedesca che non offrono l’italiano come disciplina fondamentale.

Con quale credibilità il Forum potrà proseguire il suo impegno affinché nelle istituzioni federali e nelle scuole del nostro Paese si dia lo spazio adeguato alla lingua italiana, quando noi ticinesi trattiamo in questo modo la terza lingua nazionale? A volte ho l’impressione che ci facciamo male con le nostre stesse mani. Condivido quindi le considerazioni e l’emendamento proposto da Raoul Ghisletta affinché si attribuisca al Consiglio di Stato il compito di autorizzare l’insegnamento delle lingue anche per quelle private, come già avviene per le scuole pubbliche. È quanto dovrebbe suggerire il buon senso. I deputati al Gran Consiglio dibattano pure sull’insegnamento del tedesco, ma non si dimentichino però di quanto ci è più caro: la nostra lingua e la nostra cultura.