Castellinaria

Nei panni di Fratello, Ruben vive la Seconda guerra mondiale

Intervista al giovane attore ticinese che ha interpretato uno dei bambini amici di Mario Capecchi, la cui storia è all’origine del film di Roberto Faenza

Il giovane Ruben Buccella
(Gudrun De Chirico)
21 novembre 2022
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«Sono andato a Bari (per il Bif&St – Bari International Film&Tv Festival, ndr) e lì abbiamo incontrato Mario Capecchi. Quello vero! Mi sono commosso quando è salito sul palco… si capiva che aveva vissuto tutto quello che noi abbiamo recitato». Il giovane Ruben Buccella ricorda così l’incontro con Mario Capecchi.

«È molto emozionato», mi confida papà Lorenzo (giornalista Rsi) poco prima di passarmelo al telefono per la nostra intervista, concessami in occasione della sua partecipazione alla 35esima edizione di Castellinaria. Domenica sera al Mercato coperto, il giovane attore ha presenziato alla prima svizzera di ‘Hill of Vision’ (nel Concorso Kids), film del 2022 del regista piemontese Roberto Faenza che racconta la vita di Capecchi, prima che Capecchi diventasse il Premio Nobel per la medicina nel 2007. Una vicenda che ricorda molto quelle dei protagonisti dei romanzi di formazione: ma la sua è una storia vera.

Eccoci alle generalità del mio interlocutore: si chiama Ruben Buccella, ha dodici anni e frequenta la seconda media, è ticinese e ha la passione per la recitazione, come racconta con voce allegra, accennando che in passato ha personificato il Piccolo principe al Lac (opera musicata dall’Osi) e ha partecipato a una serie di attività performative con la mamma, l’artista italo-svizzera Gudrun De Chirico.

Un paio di anni fa, dopo aver preso parte ai provini per il casting, è partito alla volta dell’Alto Adige per girare alcune scene del film di Faenza, in cui interpreta il ruolo di Fratello (in maiuscolo perché è nome proprio), che insieme a Frank e Mario imparerà ad arrangiarsi vivendo per strada durante la Seconda guerra mondiale, rubacchiando, chiedendo l’elemosina e cercando di sfuggire alle guardie fasciste. Fratello è un bambino muto, lo è diventato per lo shock della guerra, per i continui bombardamenti e per le angherie subite. Insomma, per fare un paragone, le peripezie del trio ricordano un po’ le vicende di Oliver Twist di Dickens.

Un mese di emozioni e tanto lavoro

«È stato bellissimo. Lo rifarei subito». Senza troppi giri di parole, Ruben rammenta così il mese altoatesino, accompagnato da mamma Gudrun. Alla sua prima esperienza cinematografica: «Il regista – bravo e simpaticissimo – mi ha fatto provare anche il ruolo del giovane Mario, ma alla fine mi ha detto che la parte perfetta per me era quella di Fratello». Un ruolo molto complesso perché non basandosi sui dialoghi e l’uso della parola, Ruben ha dovuto esprimere al meglio (riuscendovi molto bene) il suo personaggio attraverso gesti ed espressioni del volto, che devono comunicare tutto un universo di emozioni nel difficile contesto bellico: «Come nella scena dell’incontro con Mario, lì dovevo far vedere che avevo una fame bestiale. Quello è il mio fotogramma preferito».

L’esperienza ha dato molto a Ruben – che mi confida di avere il sogno di poter continuare a recitare anche in futuro –, anche dal punto di vista del legame con gli altri partecipanti: ricorda con trasporto l’affiatamento (sia sul set, sia fuori) con Lorenzo Ciamei (il Mario bambino) e Sofia D’Elia (nei panni di Frank). Il trio di amici, finite le giornate lavorative, si ritrovava per «andare in piscina: andavamo molto d’accordo ed eravamo molto amici», ricorda con piacere il giovane attore. Un’amicizia che ha anche aiutato durante le riprese. «Le scene più difficili erano quelle con il cibo, soprattutto quando dovevamo ripeterle (alcune anche per dieci volte), perché alla fine non ne potevamo più di mangiare, ma dovevamo comunque interpretare bambini affamati», si sovviene.

In ultima battuta, ripensando alla bella avventura, anche formativa, Ruben mi dice: «Da grande, sì, lo rifarei».

Una storia incredibile

La vicenda di Mario è una bella storia, sebbene drammatica che non di rado emoziona e fa arrabbiare: difficile ricacciare il rospo in gola durante la visione. Immedesimarsi nel contesto di una guerra storica, ha spiegato Ruben, non è stato facile, nonostante il tema della sopravvivenza dei bambini in situazioni belliche oggi sia più che mai attuale: «Tempo fa è arrivata una nuova compagna di classe ucraina, si vede che è molto scossa dalla guerra e forse ora posso capire un po’ quello che prova», afferma con maturità e consapevolezza.

‘Hill of Vision’ si basa su infanzia e adolescenza di Mario Capecchi; niente meno che il Premio Nobel per la medicina del 2007, professore e genetista di origini italiane naturalizzato statunitense, come anticipato qualche riga più su. Il suo passato ha dell’incredibile: è nato nel 1937 a Verona, figlio di un padre fascista e una madre americana (poetessa e attivista politica) che si oppone al regime, viene arrestata dai fascisti e internata in un campo di concentramento. Per mettere in salvo Mario, che all’epoca ha cinque anni, la mamma lo affida a una famiglia di contadini. Finita la guerra, mamma e figlio si ritrovano inaspettatamente e salpano per gli Stati Uniti, dove approderanno nella comunità quacchera Hill of Vision. Per Mario è tempo di avere una vita normale, nonostante i traumi della guerra, tuttavia il percorso di integrazione non è affatto scontato e in discesa; anzi la società che lo accoglie non crede affatto che abbia grandi possibilità di riuscita, eppure… Il film lo si potrà vedere in replica questa mattina (lunedì 21, alle 9.15) al Mercato coperto, oppure in streaming, per tutta la durata di Castellinaria, dal 19 al 26 novembre (www.castellinaria.ch).