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Arcangelo Sassolino, equilibrio e tensione tecnologica

A Lugano per ‘No flowers without contradiction’, mostra dell'artista italiano aperta alla galleria Repetto fino al 18 gennaio

Non separare il sì dal no, 2024
(Vincenzo Miranda)
20 novembre 2024
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Arcangelo Sassolino, con la mostra allestita presso la galleria Repetto di Lugano, continua a offrirci stimoli interessanti. Un primo tema riguarda il concetto di punto di equilibrio in una situazione di tensione. Ricordo, anni fa, in una fiera, l’esperienza di fronte a un’opera di Nicolas De Staël dedicata alla plastica di un calciatore. È un piccolo quadro di 19 per 27 cm, al centro dominato dal rosso di torso e braccia del calciatore, con intorno tasselli neri e viola chiaro, alcuni dei quali forse riferiscono di un altro corpo e poi sulle verticali di sinistra e destra una serie di tasselli che si articolano tra rosa, azzurri e bianchi, tutti chiarissimi. In alto, orizzontale, una striscia gialla spezzata a circa un quarto della lunghezza, partendo da sinistra. La tensione di quel quadro mi commosse e tutti i giorni della fiera andavo a guardarlo (sperando che nessun altro lo comprasse, come se mai avessi potuto farlo io). La tensione mi veniva dalla modalità di stendere i tasselli sulla superficie e dalla atonicità delle relazioni cromatiche sulle quali il giallo lacerava la mia sensibilità, idiosincratico con i pallidi rosa e con gli analoghi verdi-azzurri. Non c’era equilibrio o meglio l’equilibrio compositivo, diciamo iconografico, della distribuzione delle forme e dei tasselli sulla superficie era dilaniato dalla atonicità cromatica.

Intreccio di spazio e tempo

Non voglio paragonare il lavoro di Arcangelo Sassolino a quello di Nicolas De Staël, ma dire che in entrambi i casi siamo di fronte a modi di trattare il concetto di tensione nello spazio e nel tempo, perché in entrambi i casi spazio e tempo si intrecciano, quali aree di azione e di supporto concettuale.

Da parte sua, Arcangelo Sassolino lavora sull’equilibrio generato da una tensione statica o fisica o dinamica o meccanica e sul fatto che tale equilibrio potrebbe cedere, deflagrare nella frattura delle componenti che sono messe in tensione. Cosa che egli fa succedere quando fa esplodere le bottiglie sotto la pressione del gas o spaccare le putrelle di legno sotto la pressione di un pistone meccanico e poi in altre opere.

Quando invece, per esempio nella mostra allestita presso la galleria Repetto, vediamo il grande vetro reggere il peso del sasso che lo flette, siamo di fronte a una composizione equilibrata, eufonica, appagante ma non possiamo esimerci dall’aspettarci che quell’equilibrio si disintegri nel cedimento della struttura, in un tempo a divenire che non siamo in grado di misurare e nemmeno di prevedere perché, se l’ipotesi che possa succedere ci pone in uno stato di attesa / timore, non è detto che essa si concretizzi e anzi non dovrebbe proprio. Il tempo da noi immaginato o temuto si sviluppa in ciò che, per la nostra esperienza, diventa uno spazio di vita e le due dimensioni, dello spazio e del tempo, si intrecciano.

Altre volte, invece, qualcosa accade, come nel caso del padiglione di Malta alla Biennale di Venezia del 2022: entravamo nel grande spazio scuro e buio, riuscivamo a scorgere una grande quantità metallica di steccati e strutture e però improvvisamente, ogni certa quantità di tempo da noi non prevedibile, sentivamo lo schiocco di una scintilla e vedevamo piovere la scintilla dell’acciaio fuso che cadeva nel bacino liquido.

Qualcosa accade anche con la grande ruota nera che campeggia nello spazio della galleria Repetto. L’inchiostro steso sulla ruota verticale tende a precipitare per effetto del proprio peso e della forza di gravità; inoltre la rotazione della sfera imprime una forza centripeta; quindi noi seguiamo la formazione di bulbi propensi a cadere che però a un certo punto vengono trattenuti dalla viscosità dell’inchiostro e dal fatto che a causa della rotazione iniziano a essere centrifugati su un vettore contrastante che a un certo punto diventa opposto per poi continuare a variare. Nondimeno, ogni tanto una parte dell’inchiostro cade e si spatascia sul pavimento.

Sto qui forzando anche io la mia ricognizione, affiancando due artisti così distanti e lo faccio perché mi preme sottolineare il fatto che la modalità espressiva di entrambi cerca di estrapolare dalla realtà, dalla questione dell’esistenza nella realtà, aspetti di tensione tra i componenti della stessa.


Vincenzo Miranda
I.U.B.P., 2024

Strumento espressivo

Un secondo tema concerne l’utilizzo della tecnologia e della tecnica. Nel citare due artisti così diversi, ci siamo confrontati con tecniche della pittura e con tecniche relative a situazioni statiche, leggi della fisica e macchine o meccanismi in azione. Infatti Arcangelo Sassolino utilizza la tecnologia, cioè la ricerca di sviluppo di tecniche, come strumento espressivo. Anche nel caso di un apparentemente semplice quadro grigio, si tratta di uno strato di cemento e altri materiali scaraventato su una lastra di policarbonato soggetta a una pressione meccanica e poi distrutta. Il dispositivo tecnologico, che può essere il progetto e la messa in azione di una macchina oppure di un fenomeno, di una condizione è una componente strutturale del lavoro e della poetica di Arcangelo Sassolino. Quando l’artista ci dice che egli cerca di portare agli estremi situazioni della fisica e della meccanica o di altro, non dobbiamo interpretare nei termini del virtuosismo tecnologico di un ingegnere o del sofisticato gioco di mattoncini, ma di una ingegneria e anche di una ludica messi al servizio di esigenze espressive. Possiamo utilizzare come termine di confronto due esperienze significative: il modo in cui Veronica Branca Masa indaga e insiste, talvolta fino a situazioni estreme, le possibilità di agire sul marmo di Carrara; il modo in cui Alexander Calder, nei suoi Mobiles e nelle sue edizioni di Circo, utilizza bulloni, giunti, bilancieri, saldature e compensazioni dinamiche degli equilibri come sintagmi poetici senza i quali la meraviglia delle sue opere risulterebbe monca.

Ci sono poi ulteriori temi; meriterebbe per esempio indugiare sul rapporto tra finito e non finito, o per meglio dire sul ruolo che gli scarti, le schegge, i frammenti hanno rispetto alla compiutezza formale delle sue opere e alla loro forza espressiva. Il lavoro di Arcangelo Sassolino, oltre a convincere per gli esiti artistici, produce una ricca messe di quesiti e di questioni sulla realtà.